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 https://www.lagazzettadilucca.it/cultura/ercolini-ospite-del-pianeta-terra-festival

Ercolini ospite del "Pianeta Terra Festival"

 

 

Sabato 8 ottobre alle ore 19 presso la sala sala convegni di Confindustria toscana nord sita a Lucca in piazza Bernardini, 41 Rossano Ercolini, goldman environmental prize 2013, sarà ospite del Pianeta Terra festival, che vede studiosi nazionali e internazionali confrontarsi per costruire una visione nuova per il futuro del nostro Pianeta.

All’evento, dal titolo “Dall’ego-logia all’eco-logia: quando i cittadini possono fare la differenza”, sarà presente con Ercolini anche Samir de Chadarevian, advisor, storyteller ed editorialista.

Entrambi dialogheranno con Irene Ivoi sull’importanza di ripensare ad un modello economico, antropologico e culturale del tutto ego-logico e inadeguato a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi.

Dall’ego-logia all’eco-logia, un gioco di parole che fa appello ad una sfida:  il passaggio dal “modello lineare” (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) centrato sullo sfruttamento sconsiderato della natura al “modello circolare” basato sul rispetto dei tempi e dei modi della rigenerazione ambientale.

L’ingresso all’incontro è gratuito fino ad esaurimento posti.

 

 

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Perchè è opportuno abolire le incentivazioni per la produzione di PDF Stampa E-mail
Scritto da Claudio   
lunedì 12 febbraio 2007
Federico Valerio

Un presidente del Consiglio attento agli interessi collettivi
inviterebbe i Ministri della Salute, dell'Ambiente e dello Sviluppo
Economico ad eliminare con urgenza gli incentivi alla produzione di
elettricità dalle biomasse (CIP 6 e Certificati Verdi).

Il motivo di questa decisione è che bruciare biomasse per produrre
elettricità produce inquinamento, aumenta le emissioni di gas serra,
aumenta l'inefficienza energetica del Paese, blocca l'innovazione e
pertanto questa scelta non può essere incentivata dallo Stato e per di
più con denaro pubblico.
Gli usi energetici delle biomasse sono meno ecologici di quanto si
creda e si voglia far credere. Negli inventari europei delle immissioni
di diossine e idrocarburi policiclici aromatici, il primato assoluto
(stime al 2005) spetta alla combustione di biomasse.

Uno studio condotto dall'Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro di
Genova sulle concentrazione di benzopirene ( un idrocarburo policiclico
cancerogeno) in abitazioni rurali nell'appennino ligure-emiliano, con
diversi tipi di riscaldamento domestico , evidenziava che nelle
abitazioni dove si usava la legna si trovavano concentrazioni di
benzopirene molto più elevate di quanto misurato in case che
utilizzavano metano o GPL. Stesso risultato all'esterno di queste
abitazioni con livelli di inquinamento ( da benzopirene) superiore a
quello misurato contemporaneamente in strade trafficate genovesi.
Questi risultati sono in linea con altri studi simili condotti negli
Stati Uniti e in altri paesi dove la legna è utilizzata molto di più di
quanto non si faccia in Italia.

Certamente è meglio bruciare legna che carbone, ma anche la combustione
della legna produce ossidi di azoto, ossido di carbonio, polveri
sottili e ultrasottili, micro inquinanti. Se poi la combustione avviene
in impianti obsoleti, la produzione in grandi quantità di diossine e
policiclici è garantita.

L'unico serio uso energetico delle biomasse è quello del riscaldamento
con legna da ardere, meglio se ridotta a pellet e bruciata nelle
moderne caldaie ad alta efficienza e con adeguato trattamento dei fumi.
Questo utilizzo è in forte espansione in tutt'Europa e non richiede
incentivi: a parità di calore prodotto, i pellet costano meno del
metano e dell'olio combustibile e le caldaie a pellet, oltre ad essere
molto più efficienti delle vecchie stufe in ghisa o dei caminetti, sono
ormai completamente automatizzate, senza gli inconvenienti della
"vecchia" legna.

L'uso di legno da ardere per produrre calore per usi domestici e
industriali è da considerarsi sostenibile se i pellet o il combustibile
derivano da scarti di lavorazione di biomasse primarie, ad esempio
segherie e falegnamerie, lavorazioni di prodotti agricoli con scarti ad
alto contenuto di lignina (olive, nocciole..), poste nel raggio di
pochi chilometri dall'impianto, ma nessun imprenditore serio, con il
suo denaro, pur disponendo di biomasse, realizzerebbe una centrale
termoelettrica alimentata con questo tipo di combustibile.

Il motivo è banale. Tutte le biomasse sono un combustibile povero, con
un potere calorifico troppo basso per rendere conveniente il loro uso
per produrre elettricità. Inoltre per essere economica una centrale
termoelettrica non può avere una taglia inferiore a 20 megawatt. Un
impianto di questo genere ha bisogno di circa 100.000 tonnellate di
biomassa all'anno per potere funzionare e questo significa che tutto il
combustibile necessario non può essere prodotto nelle sue immediate
vicinanze, ma deve provenire da luoghi di produzione distanti anche
centinaia di chilometri, con un consumo energetico per il trasporto ( e
relativo inquinamento) che deve necessariamente essere messo a bilancio
per valutare la corretta sostenibilità del progetto. E' molto più
realistico pensare che in centrali di questo tipo, anche grazie a
interpretazioni compiacenti delle norme, possa essere in prevalenza
bruciato rifiuto urbano lavorato quel tanto che basti per
classificarlo biomassa e in questo modo riscuotere gli incentivi CIP6
e Certificati verdi, l'unico vero motivo del proliferare italiano di
centrali termoelettriche a biomassa o all'apertura di linee per il
trattamento di biomasse negli inceneritori.

Grazie a questa manfrina tutta Italiana, centinaia di tonnellate di
graspi d'uva prodotti dalle distillerie trentine vanno a finire
nell'inceneritore di Brescia, con un viaggio di 135 chilometri per la
sola andata, per essere trasformati in elettricità e certificati verdi,
con indubbi vantaggi per i diretti interessati, ma con minor vantaggi
per chi abita nelle zone di ricaduta di ossidi di azoto e polveri
sottili e per la qualità dell'ambiente, a causa delle ceneri ( e dei
suoi micro-elementi utili) che finiranno in una discarica e del
carbonio immesso in atmosfera grazie alla termovalorizzazione di questa
biomassa che andrà ad incrementare la concentrazione di gas serra
nell'atmosfera del pianeta. Microelementi e carbonio che, più
utilmente, dopo adeguato compostaggio sarebbero potuti tornare nel
terreno dei vigneti d'origine, con interessanti risparmi energetici per
il minor uso di acqua e di fertilizzanti indotti da questa antica
pratica agricola e con una effettiva riduzione della produzione di gas
serra, grazie alla segregazione nel terreno del carbonio presente nel
compost.

Da un vecchio Manuale Hoepli (1915) intitolato " Residui Agricoli.
Utilizzazione-Ricuperi" alla voce "Residui di distillazione vinacce" si
può leggere : " Le vinacce sono un ottimo materiale per l'alimentazione
del bestiame e sono migliori quelle distillate, perché la loro cottura
le ha rese più digeribili... Non sempre si ha mezzo di far consumare le
vinacce come mangime e allora si adibiscono alla concimazione,
contenendo esse elementi molto utili all'agricoltura.... Qualche
distilleria usa trasformare le vinacce distillate in mattonelle
compresse che si usano come combustibile delle caldaie di distillazione
oppure si vendono ai privati. In tal modo si disperdono tutta la
sostanza azotata e una parte anche della potassa che non rimangono
nelle ceneri. E' perciò una utilizzazione non consigliabile."

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