E' di questi giorni la notizia che il "termoutilizzatore" di Brescia ha ricevuto un riconoscimento per essere "il migliore al mondo" grazie a risultati che sarebbero ottenuti dall'impianto riguardo "salubrità, sicurezza e efficacia energetica e per la gestione complessiva del ciclo dei rifiuti".
Invitando a leggere il doc allegato che descrive come si fa a far tornare i conti, si rammenta che:
La Direttiva 2000/76/CE del Parlamento Europeo mentre stabilisce “i tetti” per le emissioni degli inceneritori e detta le regole per gli Stati, afferma: (5) “Il principio precauzionale fornisce il fondamento per ulteriori misure. La presente direttiva si limita ai requisiti minimi relativi agli impianti di incenerimento e coincenerimento” e (13) “Il rispetto dei valori limite di emissione (…) condizione necessaria ma non sufficiente a garantire il rispetto dei requisiti della direttiva 96/61/CE. (direttiva che dispone la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento).
Rientrare nei parametri stabiliti dalle leggi europee non significa aver fatto quadrare il cerchio, specialmente se si è contribuito a affossare la raccolta differenziata al fine di avere "del buon combustibile sufficientemente calorifico" per alimentare i forni; anche i buontemponi del "Waste to energy research" che hanno attribuito il premio a Brescia partono dal presupposto che "quel combustibile" sia a costo zero; ciò unito all'imbroglio sulle analisi dellle emissioni, ha fatto evidentemente il miracolo....
CITTADINI PER IL RICICLAGGIO
Comitato Ambiente Città di Brescia
“Dispersione atmosferica di inquinanti emessi da diverse sorgenti sul territorio bresciano” UNO STUDIO AD USUM ASM
Recentemente il Comune di Brescia ha reso pubblico un lavoro di ricerca sull’inquinamento atmosferico, che è stato tema anche di un convegno pubblico il 4 marzo 2005: Comune di Brescia - Università degli studi di Brescia, Studio di dispersione atmosferica di inquinanti emessi da diverse sorgenti sul territorio bresciano, dicembre 2004.
Le osservazioni critiche che qui vengono sviluppate non riguardano la modellistica matematica, rispetto alla quale non si intende disquisire, e quindi il lavoro teorico a questo proposito prodotto dall’Università, bensì i dati su cui le simulazioni dei modelli si sono esercitate, dati forniti come appare evidente dal Comune di Brescia. E’ pacifico che se i dati in ingresso sono sbagliati anche i risultati delle simulazioni modellistiche risulteranno comunque errati, a prescindere dalla correttezza teorica di queste ultime.
Si prendono in considerazione piuttosto i dati su cui le simulazioni dei modelli si sono esercitate e, soprattutto, si muovono osservazioni critiche sui confronti e sulle valutazioni svolte nel documento l’uso che dello stesso è stato fatto teso, con enfasi, ad annullare il contributo dell’inceneritore di Brescia rispetto a tutte le fonti di emissione.
In particolare si esporranno alcune osservazioni su:
- dati sulle calme di vento e la staticità dell’aria nelle zone altamente urbanizzate;
- l’esclusione di dati sulle concentrazioni di inquinanti rilevate nella centralina ubicata nella zona dell’inceneritore;
- la stima delle emissioni reali dall’impianto;
- la stima delle altre emissioni sia in riferimento alla dimensione dell’area di riferimento (dominio di 30 km) sia ai diversi impianti industriali.
0. Premessa.
Prima di considerare i quattro punti sopra indicati, vanno segnalate anche alcune imprecisioni scientifiche che sembrano rispondere alla finalità principale dello studio, di cui si è detto sopra, e che però devono essere corrette.
0.1. “I PCB sono considerati, in base alla loro tossicità, ‘dioxin-like’ (DLPCB)” (p. 15). Questo criterio non è accettabile, in quanto solo 12 dei 209 congeneri di PCB sono classificati ‘dioxin-like’. E se questi presentano proprietà tossicologiche affini alle diossine, ciò non significa che gli altri siano innocui, ma semplicemente che “hanno un diverso profilo tossicologico” e per questo “la Commissione [UE] intende chiedere al comitato scientifico dell’alimentazione umana (SCF) un parere tecnico sui PCB non diossina-simili (detti anche ‘classici’ o ‘non complanari’) che presentano un diverso profilo tossicologico, circolano più facilmente nel tessuto muscolare e nel sangue e incidono direttamente sulla funzionalità del sistema nervoso e sui meccanismi dello sviluppo cerebrale, in particolare, visto che la loro concentrazione nei sistemi viventi potrebbe essere di parecchi ordini di grandezza superiore a quella delle diossine”[1]. Peraltro, anche gli stessi consulenti che il Comune di Brescia ha assunto per valutare l’inquinamento da PCB del proprio territorio pongono l’accento sull’importanza dei PCB non diossina-simili: “I PCB non diossina-simili sono importanti in termini sanitari perché sono stati ritrovati nella catena alimentare e rappresentano una componente rilevante dei PCB rilevati nei tessuti umani. Mostrano un ampio spettro di risposte tossiche negli esprimenti con animali, tra cui effetti neurotossici, sul neurosviluppo, promozione tumorale e cambiamenti endocrini. Il rapporto tra PCB diossina-simili e PCB non-diossina-simili varia nelle diverse matrici e i differenti meccanismi di tossicità complicano la valutazione del rischio e la definizione di limiti di tollerabilità. Ignorare gli effetti dei PCB non-diossina-simili può portare alla sottostima dei potenziali effetti delle miscele rilevate nell’ambiente, soprattutto quando i congeneri diossina-simili non costituiscono la parte più rilevante della presenza di PCB in una matrice” [2]. E’ quindi del tutto improprio e infondato, sia sul piano della normativa vigente, che sul piano tossicologico e dei pericoli per l’ambiente, considerare nelle emissioni solo i 12 PCB-diossina simili e non i PCB totali;
0.2. Per quanto riguarda le diossine si afferma inoltre: “Il loro campo termico di formazione è compreso tra 300 e 400°C. La loro completa [sic!] termodistruzione si ha con temperature superiori a 800°C in presenza di ossigeno”. Affermazione anche questa apparentemente finalizzata ad “assolvere” l’inceneritore di Brescia in quanto questo garantirebbe la permanenza dei fumi per almeno 2 secondi a 950°C[3] e quindi emissioni di diossine pari zero, grazie alla loro “completa termodistruzione”. Affermazione che però non regge di fronte all’evidenza dei dati di fatto: infatti neppure a quelle condizioni la “completa termodistruzione” non avviene, perché dal camino escono diossine, come lo stesso studio in esame riconosce, mentre una notevole quantità delle stesse, comunque presenti nei fumi dopo la combustione, vengono trattenute dai carboni attivi e finiscono nelle polveri, per questo motivo classificate rifiuti pericolosi; inoltre l’affermazione è anche tecnicamente priva di fondamento, se lo stesso Ministero dell’Ambiente prescrive che l’incenerimento dei PCB, precursori delle diossine, sia possibile e quindi relativamente efficace, solo in impianti che raggiungano temperature attorno ai 1.200-1.300° C e che garantiscano nella camera di postcombustione la permanenza dei fumi per almeno 2 secondi a una temperatura minima di 1.100°C[4], mentre l’inceneritore di Brescia opera normalmente a temperature ben più basse.
1. Sottostima delle calme di vento e della staticità dell’aria nelle zone altamente urbanizzate vicine all’inceneritore.
Nel capitolo sulla “caratterizzazione climatologia” si considerano, per quanto concerne la città, i dati della rete di monitoraggio del Comune di Brescia (Verziano e Ziziola). Ma per le simulazioni delle ricadute al suolo si sceglie la stazione di Verziano, poiché “la stazione Ziziola presenta venti più deboli rispetto a Verziano, un’elevata frequenza di casi da Nord ed una discontinuità nei casi da NE, indici presumibilmente di una posizione della stazione influenzata da effetti locali e quindi poco rappresentativa per l’intera area di indagine” (p. 26). Non si chiarisce quali siano gli “effetti locali”, che intuitivamente potrebbero essere determinati dall’alta concentrazione abitativa e dall’essere collocata ad est rispetto all’asse della Valtrompia e dei suoi venti catabatici (di pendio), sul quale invece si trova Verziano in cui “tale effetto risulta essere dominante”. Ma la città di Brescia ed i suoi abitanti sono con ogni evidenza meglio rappresentati dalle condizioni climatiche di Ziziola (esattamente a sud del centro storico) che da quelle di Verziano in campagna e ad ovest del centro di Brescia. Sembra quindi evidente che la scelta di Verziano per le simulazioni modellistiche sia determinata dal fatto che questa stazione presenti percentuali di calme di vento al suolo ben inferiori, cioè 27,6% rispetto al 43,4% della stazione di Ziziola. Con l’ovvio risultato di sottostimare le effettive ricadute al suolo dei contaminanti per i cittadini di Brescia ed in particolare per quelli della zona sud adiacente all’inceneritore. Questa sottostima, effettuata dal modello, sembra confermata anche dai dati forniti dallo stesso studio in esame. Infatti la tabella n. 28 di p. 84 fornisce un confronto parziale tra dati reali rilevati dalle stazioni fisse rispetto alle stime fornite dal modello applicato. Ebbene, la stima del modello, proprio per le postazioni della zona sud, risulta inferiore del 27% ai dati realmente rilevati dalla centralina di Bettole e del 26% per Folzano.
2. Ignorate le concentrazioni di inquinanti rilevate nella centralina più vicina all’inceneritore.
La postazione di Ziziola viene poi doppiamente maltrattata, perché non si prendono in considerazione neppure le misurazioni degli inquinanti ivi rilevate. In effetti lo studio stranamente utilizza i dati dell’anno 2000, vecchi ormai di 4 anni, quando erano da due anni disponibili quelli del 2001, anno a cui ci si riferisce quando si considerano le emissioni regionali della rete Inemar, con le quali lo studio stesso procederà al confronto. Uno studio su Brescia, prodotto a Brescia a fine 2004, che utilizza dati del 2000 è difficilmente comprensibile, tenendo conto tra l’altro che proprio nel 2000, per un mese, in dicembre l’inceneritore rimase fermo, con un calo delle PM10, rispetto al mese omogeneo di gennaio e febbraio, di circa il 17%[5], rilevato dall’altra centralina della zona sud, quella di Bettole, essendo quella più vicina di via Zizzola, di fatto, inattiva. In effetti per la stazione di Ziziola i dati del 2000 riportano solo le misurazioni del benzene, non considerato nello studio di cui trattasi e quindi inutilizzabili, mentre quelli del 2001 riportavano per la stessa centralina anche altri inquinanti come biossido di azoto, monossido di carbonio, polveri totali sospese, biossido di zolfo, ozono, con picchi da record[6]. Ma la centralina di via Ziziola si trova in una collocazione molto prossima all’inceneritore, in quella zona sud che è con ogni evidenza la più inquinata di Brescia, per cui prenderla in considerazione poteva indurre a valutazioni critiche sulla presenza in quella zona del mega impianto di incenerimento. Bisogna aggiungere che le associazioni ambientaliste e la popolazione della zona Sud, inascoltate, chiedono da circa un decennio, da prima dell’entrata in funzione dell’inceneritore, che la centralina di via Ziziola sia attrezzata per misurare tutti gli inquinanti, in particolare anche le polveri sottili. Ma questo non si è ancora realizzato confermando, anche nello studio in esame, una sorta di tabù attorno a questa postazione.
3. Sottostimate le emissioni reali dell’inceneritore.
Le emissioni dell’inceneritore a tre linee sono indicate nello studio di cui trattasi a p. 47 per gli ossidi di azoto e le polveri e a p. 69 per i microinquinanti.
3.1. Gli ossidi di azoto (NOx). Lo studio stima 316 t/a. Non è assolutamente chiarito come siano stati elaborati questi dati, sulla base delle emissioni misurate al camino da chi (Asm, Arpa, Istituto M. Negri) ed in quale periodo, tenendo conto, tra l’altro che nel 2000, anno di riferimento per la simulazione, ma anche nel 2001, anno dei dati regionali Inemar, la terza linea non era in funzione (dati sulle emissioni di quest’ultima non sono ad oggi noti).
Comunque facendo con esattezza la media delle rilevazioni dell’Arpa nel 2000 e nel 2001 per le due linee gli ossidi di azoto emessi dalle tre linee si possono stimare in 405 t/a[7], un 28% in più.
3.2. Le polveri. Per le polveri vengono stimate per le tre linee 1,36 t/a. Anche in questo caso, non viene esplicitato come siano stati elaborati questi dati, sulla base delle emissioni misurate al camino da chi (Asm, Arpa, Istituto M. Negri) ed in quale periodo.
Comunque facendo con esattezza la media delle rilevazioni del Negri nel 2000 e nel 2001 le polveri emesse sono apri a 363 microgrammi/Nm3 di polveri[8] da moltiplicare per circa 4,5 miliardi nel caso di tre linee: il risultato è 1,633 t/a. Ma la sottovalutazione, in questo caso, non si limita al solito e scusabile 20% circa. In realtà è molto più importante perché non vengono considerate per nulla le emissioni ben più importanti di una serie di composti che per reazioni fitochimiche nell’aria danno origine a particolato ultrafine secondario, in quantità molto più importanti, come dimostra una copiosa letteratura scientifica: il particolato secondario, “si forma in atmosfera attraverso complessi processi, principalmente di natura fotochimica, a partire da emissioni gassose di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), ammoniaca, composti organici (M.E. Jenkin, K.C. Klemitshaw. Atmos. Environ., 2000, 34, 2499)”. Tutti questi composti sono presenti in quantità ragguardevoli nelle emissioni dell’inceneritore Asm (come dimostra la tabella 7) e sono destinati a trasformarsi a contatto con l’aria in “nitrati, solfati e cloruri di ammonio”, appunto particolato fine secondario[9]. Le principali di queste sostanze sono presenti in grandi quantità nelle emissioni dell’inceneritore e si può presumere che si trasformino in atmosfera in centinaia di tonnellate di particolato secondario ultrafine, che nessuno, ovviamente, nonostante le numerose sollecitazioni degli scriventi Comitati, si è premurato di verificare e misurare e che lo studio in esame non considera per nulla. Emissioni annue in tonnellate di composti che danno origine a particolato fine secondario stimate per le tre linee sulla base di dati rilevati dai vari enti sulle due linee da tempo funzionanti[10]
NOx |
405 |
NH3 |
115,5 |
HCl |
78 |
SOx |
55,5 |
Totali
|
653
|
E’ del tutto evidente allora che anche dal punto di vista delle polveri fini l’impatto dell’inceneritore potrebbe essere di almeno due ordini di grandezza più rilevante di quanto stimato come data base dello studio in esame. Se poi scendiamo dal modello matematico astratto alla realtà concreta può capitare che nel 2003 a Brescia “in pieno agosto, con la metà del traffico e tutte le acciaierie chiuse, le polveri erano ancora oltre i limiti”[11], come registrava costernato l’Assessore comunale all’Ambiente. Ma ad agosto l’inceneritore era l’unico grande impianto industriale in piena attività[12].
3.3. Microinquinanti organici (diossine e PCB). In questo caso il dato riportato a p. 69, cioè 0,02 g/a, è ancora più misterioso per quanto riguarda la fonte e quindi la sua attendibilità. Parrebbe di intendere che si tratti del dato di fonte Asm estrapolato dalla lettura delle analisi dell’Istituto M. Negri e pubblicato nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio del termoutilizzatore del Comune di Brescia: per il 2002 pari a PCDD/Teq 0,021 g/a[13]. A parte il dettaglio trascurabile che in quel caso si trattava delle sole due linee e che quindi semmai ora si dovrebbe considerare un valore di 0,03 g/a, il dato sottostima di almeno un ordine di grandezza, ma forse anche più, le emissioni reali.
Innanzitutto, come si è già evidenziato all’item 0.1, vengono del tutto ignorati i PCB totali e la loro complessiva tossicità, ridotta ai soli PCB dioxin-like.
In secondo luogo la eccezionale variabilità dei risultati delle misurazioni compiute in diversi periodi sulle emissioni di PCB e diossine dall’Istituto Negri[14] avvalorano quanto dimostrato anche nella letteratura scientifica, cioè che da 2-4 controlli l’anno, effettuati nelle condizioni di funzionamento ottimale, è impossibile ricavare una stima attendibile sulle quantità reali dei microinquinanti emessi. Infatti “…una stima più accurata delle emissioni di diossine in atmosfera può essere stabilita soltanto con un monitoraggio continuo per un periodo esteso di tempo. Le fasi di avvio e spegnimento dell’attività degli inceneritori di rifiuti urbani sono particolarmente inclini ad emettere alte quantità di diossina. E’ stata condotta un’indagine su un inceneritore belga, impiegando un monitoraggio continuo, nel tentativo di dimostrare che il moderno sistema di controllo degli inquinanti avrebbe impedito il superamento del limite di legge di 0,1 TEQ/Nm3. Infatti, i risultati hanno rivelato che il monitoraggio durante un periodo di 6 ore dava una concentrazione media di emissione pari a 0,25 ng TEQ/Nm3. Tuttavia, la media ottenuta su oltre due settimane di monitoraggio nello stesso periodo ha fornito un risultato da 8,2 a 12,9 ng TEQ/Nm3, che chiaramente eccedeva i limiti vigenti (De Fre e Wevers 1998). La suddetta analisi dimostra, in modo convincente, che le misure attinte dai singoli inceneritori sotto i normali protocolli previsti dal regolamento (per esempio le misurazioni puntuali) possono significativamente sottostimare le emissioni di diossine in aria dagli inceneritori. In questo caso, la misurazione puntuale sottostimava le emissioni medie di diossine per un fattore da 30 a 50 volte”[15].
Ebbene, le straordinarie oscillazioni rilevate nelle emissioni dell’inceneritore Asm ripropongono il problema di quante diossine e PCB escano realmente dall’impianto, tenendo conto che, negli oltre 300 giorni in cui il Negri non esegue i controlli, la gestione dell’impianto potrebbe non essere così scrupolosa. A questo proposito si è notata una divergenza consistente tra le misurazioni effettuate dall’Arpa, a periodicità più ravvicinata, e quelle dell’Istituto “M. Negri” per quanto riguarda lo stesso microinquinante, un metallo particolarmente critico per Brescia, il mercurio[16], analizzato da ambedue le strutture: per l’Arpa[17] la media di 69 campioni misurati nell’anno 2000 e 2001 dava 3,794 μg/Nm3, mentre per l’istituto Negri[18] la media di 21 campioni misurati negli anni 2000, 2001 e 2002, dava un valore <0,19 μg/Nm3, circa 20 volte inferiore. Poiché è impensabile che l’istituto “Negri” non abbia strumentazioni sofisticate di livello pari all’Arpa di Brescia, l’unica spiegazione di questa divergenza sembrerebbe confermare anche per l’inceneritore di Brescia quanto rilevato in Belgio. Tra l’altro si potrebbe sospettare che anche i rilevamenti effettuati dall’Arpa avvengano in condizioni di funzionamento impiantistico comunque tenute particolarmente sotto controllo, se si considera, ad esempio, che nel mese di marzo 2001 i quattro controlli settimanali effettuati dall’agenzia pubblica sul biossido di zolfo (SO2) hanno sempre rilevato valori inferiori ai 10 mg/Nm3, mentre l’Asm, nelle rilevazioni in continuo, ha denunciato per quello stesso mese una media di 34,03 e 42,29 mg/Nm3, rispettivamente per la prima e la seconda linea.
La problematica qui esposta, che sembra non aver neppure in termini dubitativi sfiorato gli autori dello studio in esame, ha invece trovato un qualche ascolto in una recente presa di posizione del Consiglio comunale di Brescia che “dà mandato alla Giunta […] di procedere affinché s’adotti il sistema di campionamento “in continuo” per il monitoraggio dei microinquinanti”[19], a conferma di come vi sia la necessità di verificare con strumenti più idonei le reali emissioni di microinquinanti (a tutt’oggi, sembra che quella determinazione sia rimasta lettera morta e comunque non si conoscono dati al riguardo). In sostanza potrebbe essere l’entità reale di microinquinanti organici non PCDD/Teq 0,02 g/a, ma addirittura vicina a 2 g/a. La questione potrebbe assumere un rilievo inquietante se si tiene conto che lo stesso studio del Comune nelle conclusioni afferma che “le simulazioni modellistiche forniscono stime in alcune regioni del dominio di livelli medi di concentrazioni vicini al valore guida (ritenuto peraltro cautelativo) di 0,35 pg/m3 (ovvero 350 fg/m3) consigliato dalla vigente normativa europea” (p. 83).
4. Sovrastimate le altre emissioni sia in riferimento a diversi impianti industriali, sia soprattutto considerando un territorio straordinariamente vasto (dominio di 30 km o addirittura l’intera Lombardia).
4.1. Il “dominio” considerato è ben più vasto del Comune di Brescia, pari a 30 km di lato, adatto a comprendere buona parte delle acciaierie e delle fonderie di alluminio operanti in provincia. E’ tuttavia difficile comprendere quale sia l’incidenza sull’aria dei cittadini di Brescia di emissioni di un’acciaieria di Odolo o di una fonderia di alluminio di Rodengo Saiano, con camini non più alti di 30 metri. Sembra che il domino sia stato per l’appunto sovradimensionato seguendo l’insegnamento della legge Gasparri sull’informazione: il criterio, infatti, è lo stesso e prevede di sovradimensionare artificialmente il cosiddetto Sic (Sistema integrato delle comunicazioni) al fine di ridurre la percentuale relativa dei duopoli, Mediaste e Rai, ed evitare di incorrere nelle norme antitrust. Analogamente nel caso in esame si è esagerato senza alcun ritegno l’estensione del “domino”fino al punto di comprendervi l’intera Lombardia (ma perché non l’intera Padania?) solo al fine di poter affermare (p. 71) che l’incidenza dell’inceneritore Asm per quanto riguarda le emissioni di microinquinanti è pari a 0,02% [sic!] e che quindi “dal confronto dei dati risulta confermata l’incidenza predominante delle sorgenti industriali e il contributo trascurabile del termoutilizzatore di Brescia riconducibile all’avanzata tecnologia impiantistica adottata per l’abbattimento delle emissioni” [sic!].
4.2. Per raggiungere questo strabiliante risultato e far sì che la propria azienda, l’Asm, lo pubblicizzi con grande enfasi e spacciandolo per “scientificamente fondato”[20] lo studio in esame non si preoccupa di ricorrere a contorsioni di ogni genere e di palesare incredibili contraddizioni.
Prendiamo ancora in considerazioni i microinquinanti organici, diossine e PCB, nervo particolarmente scoperto a Brescia in relazione alla gravissima contaminazione ambientale ereditata dal “caso Caffaro” che in parte coincide con l’area di ricaduta delle emissioni dell’inceneritore.
Per rendere chiaro l’imbroglio riportiamo le due tabelle dello studio in esame (p. 69 e p. 71) per quanto riguarda le stime di queste emissioni considerate nello studio in esame per il domino di 30 km (tabella 21) e per l’intera Lombardia[21] (tabella 22), e relativamente alle fonti industriali e per l’incenerimento dei rifiuti (Valori in gTeq/anno)
|
Domino di 30 km Brescia
|
Intera Lombardia
|
Sorgenti industriali
|
74,04
|
64,82
|
Incenerimento dei rifiuti
|
0,02
|
4,9
|
Con tutta evidenza nelle stime prodotte dal Comune di Brescia c’è qualcosa che non va, per usare un eufemismo.
Non è dato sapere come sia stato ricavato quel valore di 74,04 gTeq/anno a carico dell’industria, ma è davvero spudorata l’esagerazione della stima, perché è difficile pensare che le fonti industriali dei dintorni di Brescia (escluso l’inceneritore, ovviamente) producano emissioni superiori all’intera Lombardia. Ciò che sorprende è che lo studio in esame neppure si preoccupi di spiegare questa insensatezza. Si possono quindi formulare solo delle ipotesi.
Le acciaierie, presentano quantità emissive molto variabili in relazione alla fase del ciclo, straordinariamente più importanti, ad esempio, nella fase di caricamento del rottame a forno aperto. Se si considerano questi volumi massimi di emissioni come norma delle 24 ore il dato ne viene fortemente distorto. Così pure per la “produzione di alluminio di seconda fusione”, (formula peraltro impropria, perché sembrerebbe intendere impianti di rifusione di alluminio, poco inquinanti, e non di trattamento di rottame di alluminio) può avere emissioni molto variabili in relazione al tipo di rottame trattato, anche di 50 volte, come evidenzia lo studio dell’Enea[22], studio che stimerebbe in un 20% gli impianti bresciani con emissioni più importanti (pani per pressofusione)[23]. Anche in questo caso è facile quindi sbagliare le stime, anche in modo rilevante, soprattutto se si è interessati ad esagerare l’incidenza degli “altri” impianti industriali non di proprietà del Comune.
Si deve altresì considerare che le stime per le emissioni puntuali effettuate sulla base del database Inemar sono soggette a elevato grado di incertezza ed approssimazione e presumibilmente sovrastimate almeno per le emissioni puntuali mentre per le stime sui dati del traffico non si conoscono i dati in input al modello.
Si vedano a titolo esemplificativo le emissioni di diossina dagli impianti siderurgici che a Brescia sono assai rappresati nella configurazione del tessuto produttivo. Queste stime già di per sé in eccesso in quanto assommano nel settore siderurgico cicli produttivi assai diversi dal punto di vista delle emissioni dell’inquinante sono addirittura sopravanzate da quelle delle emissioni di diossina della fusione di alluminio. Questo settore di attività, diversamente dal siderurgico, a Brescia è poco presente se non soprattutto come fonderia di rifusione di alluminio che utilizza metallo di carica pulito che certamente non può determinare elevata emissione di questo inquinante.
Così, all’opposto, appare insensato stimare le emissioni dell’inceneritore dei rifiuti dell’Asm con un valore (0,02 gTeq/a) pari a circa lo 0,4% delle emissioni degli inceneritori della Lombardia (4,9 gTeq/a).
Anche qui siamo di fronte ad un dato all’opposto del precedente, esageratamente sottostimato, almeno di due ordini di grandezza, a conferma di quanto già evidenziato all’item 3.3.
In Lombardia vi sono impianti di incenerimento per complessive 1.345mila tonnellate di rifiuti, di cui 514mila[24] a carica dell’inceneritore Asm, con tecnologie di trattamento dei fumi analoghe se non migliori di quelle adottate da Asm (alcuni impianti con trattamenti a umido o a semisecco e con l’abbattimento catalitico degli NOx, )[25]. Tutti i gestori di questi impianti sono sottoposti agli stessi controlli dell’Arpa Lombardia, alle stesse normative e dichiarano come l’Asm di Brescia, che le loro emissioni sono ampiamente sotto i limiti di legge e che i loro impianti non inquinano. Ebbene, stando così le cose, poiché l’inceneritore di Brescia vale circa un 40% del totale degli inceneritori della Lombardia (e non lo 0,4%) si possono stimare le reali emissioni di microinquinanti a carico dell’inceneritore di Brescia in 2 gTeq/a circa, non 0,02!
In conclusione lo studio suscita non poche perplessità innanzitutto di tipo metodologico: vi viene enfatizzato il ruolo benefico dell’impianto di incenerimento di rifiuti dell’Asm, attorno al quale tutto il lavoro sembra ruotare. Lo studio infatti:
q sottostima le calme di vento e la staticità dell’aria nelle zone altamente urbanizzate vicine all’impianto di incenerimento;
q non considera le concentrazioni di inquinanti rilevate nella centralina più vicina all’impianto;
q sottostima le emissioni reali dall’impianto;
q sovrastima le altre emissioni sia in riferimento a diversi impianti industriali, sia soprattutto considerando un territorio straordinariamente vasto (dominio di 30 km o addirittura l’intera Lombardia), per determinare l’infima percentuale del contributo emissivo dell’inceneritore.
Questo per avvalorare l’ininfluenza dell’inceneritore o addirittura le sue virtù depurative dell’aria di Brescia. Così infatti veniva presentato alla stampa che titolava di conseguenza: Termoutilizzatore assolto[26], trascurando anche le pur timide cautele che gli autori espongono nelle conclusioni.
Ma il Comune di Brescia è proprietario per il 70% circa di questo impianto e da esso ricava utili per diverse decine di milioni di euro[27]. Quindi oltre a manifestare un clamoroso conflitto di interessi tra la salvaguardia di questi utili o il dovere istituzionale di tutelare l’ambiente e la salute dei cittadini, vi è un evidente ed insormontabile limite nel rigore scientifico di una ricerca commissionata ed in buona parte svolta dallo stesso Comune proprietario dell’impianto.
E non può essere sottaciuta la considerazione che se fosse un’azienda privata ad operare in questo modo, sarebbe comunque esecrabile, ma comprensibile (d’altronde qualsiasi oste sostiene che il proprio vino è buono e che quello degli altri è cattivo!). Ciò che nel caso in esame appare grave è che una simile operazione venga compiuta da un’Istituzione deputata prioritariamente alla salvaguardia della salute e dell’ambiente.
Brescia, 22 marzo 2005
[21] Caserini, Monguzzi, Fraccaroli, Moretti, Giudici, Distribuzione delle emissioni di diossine in atmosfera in Lombardia: scenario attuale e trend per le principali sorgenti. Atti del 1° convegno seriale: ingegneria e chimica per l’ambiente, Aidic, 26-27 novembre 2003. Lo studio evidentemente ha proceduto a stime di emissioni con criteri presuntivi e che tengono conto anche delle caratteristiche tecnologiche e dei conseguenti limiti dei diversi impianti…
[27] Sulla legittimità di questi utili, peraltro, andrebbe aperto un discorso.
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