(i "complici" erano anche qui da noi in Toscana, particolarmente... Erano tutti quegli stolti dei partiti al governo che terrorizzavano le nostre popolazioni paventando scenari napoletani se non gli avessimoi fatto costruire i loro lucrosi inceneritori -ndr msirca-)
....Una città sotto ricatto. Ecco cos'era Napoli nel 2010 mentre soffocava a
causa dei miasmi della “monnezza”, ma c'era chi ci lucrava. E non era
la criminalità organizzata del Sud, ma un'azienda guidata da un
imprenditore veneto. Da quel Nord, che ai tempi dei roghi di
rifiuti,metteva sotto processo l'amministrazione Jervolino e il modello
campano.
Dal Messaggero veneto
Emergenza rifiuti a Napoli Raffica di arresti in Veneto
L'INCHIESTA. Il “capo” dell'organizzazione, Gavioli, ha avuto complici anche in due filiali bancarie
La Enerambiente aveva pilotato il caos per avere incassi non
dovuti
Di Antonella Benanzato
VENEZIA
Una città sotto ricatto. Ecco cos'era Napoli nel 2010 mentre soffocava a
causa dei miasmi della “monnezza”, ma c'era chi ci lucrava. E non era
la criminalità organizzata del Sud, ma un'azienda guidata da un
imprenditore veneto. Da quel Nord, che ai tempi dei roghi di
rifiuti,metteva sotto processo l'amministrazione Jervolino e il modello
campano. Chi ci guadagnava dal disastro partenopeo era, invece, la
“Enerambiente Spa”, azienda tutta veneta che dal 2005 al 2010 ha gestito
il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani in gran parte della
città di Napoli e al cui vertice siedeva Stefano Gavioli, 55enne
veneziano residente a Treviso. Il gioco era ben collaudato e ben oliato.
La situazione di emergenza rifiuti a Napoli, secondo quanto portato
alla luce dal Nucleo tributario di Napoli e dalla Digos, su cui indaga
la Procura, era creata ad arte per paralizzare la raccolta di rifiuti in
città e costringere Asia, l'azienda municipalizzata locale e il Comune
di Napoli ad acconsentire alle pretese economiche di Enerambiente, che
invece ha oggi un buco di 50 milioni di euro. ACCUSE PESANTI. Le ipotesi
di reato sono pesanti: si va dall'associazione a delinquere finalizzata
alla bancarotta fraudolenta, al falso in bilancio, al ricorso abusivo
al credito, corruzione, estorsione e riciclaggio. La Procura partenopea
ha emesso 16 ordinanze di custodia cautelare ( 9 in carcere e 7 ai
domiciliari) nei confronti anche di imprenditori, professionisti e un
sindacalista. Undici degli arrestati sono veneti: Stefano Gavioli (Ve)
patron di Enerambiente, Paolo Bellamio (Pd) commercialista, l'avvocato
Giancarlo Tonetto (Ve), il commercialista
Enrico Prandin (Ro), Giorgio Zabeo (Ve), Giovanni Faggiano (Br),
Stefania Vio (Ve), Loris Zerbin (Ve), Giuseppina Totaro (Na), Vittorio
D'Albero (Na), Giovanni Alfieri (Na), il banchiere Alessandro Arzenton
(Pd), i banchieri Mario Zavagno (Ve) e Manuela Furlan (Ve). Maria Chiara
Gavioli (Pd), sorella di Stefano, è invece agli arresti domiciliari. Da
quanto è emerso dalle indagini,la protesta degli addetti che provocò
l'ammassarsi di rifiuti in città sarebbe stata alimentata artatamente
per esercitare una pressione nei confronti degli amministratori da parte
di Enerambiente e obbligarli all'acquisto di automezzi a prezzi
esorbitanti.
LA STRANA GARA. Tornando al 2010, epoca in cui a Napoli si
scatenarono i disordini, venne bandita la gara d'appalto per la raccolta
dei rifiuti in città che fu suddivisa in 5 lotti. Enerambiente non potè
partecipare perché la Procura di Venezia emise un'interdittiva
antimafia. Tuttavia, le società che si erano
aggiudicate gli altri lotti non riuscirono ad avviare il servizio a
causa del rifiuto di molte compagnie di assicurare i mezzi per la
raccolta, continuamente fermati e bruciati nell'ambito delle proteste.
La municipalizzata Asia dovette ricorrere ancora ad Enerambiente
richiedendo una proroga del servizio per un mese. A quel punto l'azienda
veneziana pone due condizioni: la mancata richiesta delle penali
contestate da Asia per un ammontare di 900 mila euro e il pagamento dei
canoni entro i termini. L'azienda veneziana ha il coltello dalla parte
del manico, e in un incontro in municipio Gavioli non sente ragioni:
dice che Enerambiente ha già ceduto i mezzi per la raccolta a un
imprenditore tedesco, Adolf Lutz, e che questi li aveva a sua volta
venduti ad un'impresa del Niger. Il rappresentante di Asia, è scritto
nell'ordinanza, «comprese che senza l'accettazione di Enerambiente si
sarebbe giunti alla pressoché totale interruzione del servizio di
raccolta dei rifiuti nelle aree più sensibili della città. I
rappresentanti del Comune intervennero per sollecitare le parti a
raggiungere assolutamente l'intesa». COMPLICI. Gavioli controlla il
business da Venezia, dove malgrado Enerambiente sia sull'orlo del
fallimento, intasca denaro che nasconde grazie alla complicità di tre
funzionari della Banca del Veneziano-Bcc che avvallano anni di false
fatturazioni e operazioni impossibili. Da quanto si apprende la Bcc
potrebbe anche costituirsi parte civile contro i funzionari infedeli, i
due direttori di filiale Mario Zavagno e Manuela Furlan accusati di
avere favorito Gavioli nei suoi affari.
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