di Ornella De Zordo
Sono numerosissime le vertenze
aperte in Toscana negli ultimi anni da comitati, associazioni, società civile in
difesa del territorio. Alcune di queste sono nate da casi specifici fatti
emergere da nuclei di cittadinanza attiva radicati su un territorio;
Il testo dell'intervento di Ornella De Zordo al convegno della Rete dei
comitati
di Ornella De Zordo
Sono numerosissime le vertenze
aperte in Toscana negli ultimi anni da comitati, associazioni, società civile in
difesa del territorio. Alcune di queste sono nate da casi specifici fatti
emergere da nuclei di cittadinanza attiva radicati su un territorio; altre sono
collegate a fenomeni più ampi riguardanti la distribuzione del servizio idrico,
la gestione dei rifiuti, le grandi infrastrutture trasportistiche, i piani
energetici e altro. Per i casi specifici non mi resta che citare il preziosio
lavoro della Mappa delle emergenze che la stessa Rete dei comitati ha redatto,
per i fenomeni più ampi le reti di movimento impegnate in vere e proprie
campagne tematiche.Per molti dei progetti contestati sono state
elaborate proposte alternative a quelle sostenute dalla Regione Toscana: si
pensi alla gestione dell'Acqua e dei Rifiuti, o a alcune Grandi opere. Qui un
primo dato: In nessun caso le controproposte sono state, non dico accolte, ma
neppure valutate dalla Regione (e in genere gli altri enti locali) che ha
insisitito e continua a insistere su scelte che risalgono al passato e che vanno
contro non solo l'interesse delle popolazioni coinvolte ma a un moderno concetto
di uso e gestione delle risorse. Farò tre esempi.Sui Rifiuti
l'arretratezza delle posizioni istituzionali toscane è eclatante: La Direttiva
europea n. 98 del 2008 (recepita con D.lgs 205/2010) individua una gerarchia per
la gestione dei rifiuti secondo un ordine di priorità che mette al primo posto
la prevenzione della produzione ed agli ultimi posti il recupero di altro tipo
(ad es. energetico) e lo smaltimento. [Inoltre essa pone come finalità la
protezione della salute umana e dell’ambiente e come obiettivo generale la
costruzione di una Società europea del riciclaggio.] Al contrario, la Toscana
(con la sempre citata eccezione virtuosa di Capannori) insite sulla pratica
dell'incenerimento (non a caso sono previsti nell'Ato Centro - Firenze, Prato,
Pistoia due nuovi inceneritori (Firenze e Vaiano) e tre potenziati (Selvapiana,
Testi e Montale). Emblematico il Piano Interprovinciale Fi-Po-Pt, che ripropone
l’incenerimento come unica soluzione e in alternativa del quale Il Coordinamento
dei comitati della Piana Fi-Po-Pt ha elaborato un "Alterpiano" che ottempera
alle norme europee per una gestione dei rifiuti a ciclo chiuso, [basata sulla
riduzione della loro produzione, sul riciclaggio dei residui attraverso raccolte
differenziate domiciliarizzate e con tariffa puntuale, sullo studio dei residui
delle frazioni che restano dalle azioni riutilizzo/riciclaggio per capire come e
cosa cambiare nella progettazione e nella gestione dei prodotti, sulla
comparazione tra i costi dell’incenerimento e quelli della raccolta
differenziata spinta (i costi di Alterpiano sarebbero estremamente minori,
almeno del 70% rispetto a quelli del Piano Interprovinciale, principalmente per
il non ricorso agli inceneritori visto che i costi di un inceneritore sono anche
enormemente più alti di qualsiasi altro trattamento a non combustione), sulla
dimostrazione che il solo flusso occupazionale delle raccolte differenziate
porta ad una aggiunta occupazionale di 1 lavoratore ogni 1000 abitanti. Questo
piano a Combustione Zero proposto dai comitati e dalle realtà di base non viene
minimamente preso in considerazione dalle istituzioni, benché sia nato da una
convergenza di saperi e di buone pratiche, di conoscenze scientifiche e
sanitarie più avanzate di quelle che ci vengono riproposte dai gestori
inceneritoristi. Ma si insiste a imporre un Piano al di fuori della normativa
vigente europea, economicamente svantaggioso, che mette a rischio la salute
delle popolazioni, con la previsione dell’ampliamento degli inceneritori
esistenti, la costruzione di nuovi e con la conseguente necessità di stoccare
materiali pericolosi (scorie e ceneri) in luoghi che già la stessa Provincia di
Firenze ha definito non idonei. E' di questi giorni la rinnovata mobilitazione
contro la riapertura di case Passerini con diffide, denunce, richiesta di
risarcimento danni ai vertici anche regionali.Per l'Acqua: Ai due
referendum del giugno 2011 la Toscana è la terza regione dove si è votato di
più: 63,5% con il 95,65% di sì al primo quesito e il 95,99% al
secondo.
Questi esiti hanno bocciato di fatto il modello di gestione dl
servizio idrico che proprio la Toscana aveva inaugurato, anticipando un trand
nazionale con le spa miste pubblico-privato con diritto privatistico. Anche qui
il Forum toscano dei movimenti per l'acqua già nel 2005 aveva proposto una Legge
di iniziativa popolare depositata e mai discussa:, nel 2005 venivano consegnate
all’Ufficio di Presidenza del Consiglio della Regione Toscana le firme raccolte
a sostegno della Legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione
dell’acqua. 42.932 firme di cittadini ed elettori toscani a cui la Regione
decise di non dare alcun seguito.
E oggi le società di gestione toscane
restano società partecipate da soggetti privati, continuano a mantenere in
tariffa la remunerazione del capitale investito, distribuendo dividendi agli
azionisti. In più, la Regione costituisce un ATO unico toscano dell'acqua come
trampolino per un gestore unico come voluto dai colossi Acea e Suez, così si
avrà una gestione di più di 2,5 milioni di abitanti e un volume di affari di
circa 250 milioni di euro. Un giro di affari enorme gestito da un soggetto in
cui sempre meno valgono gli stessi Comuni specialmente quelli medio-piccoli pr
non parlare dei cittadini. Non solo, si proporogano le concessioni alle spa
partecipate per scongiurare la ripubblicizzazione delle prime gestioni a
scadenza ravvicinata . L'ATO 2 ha già proceduto. Ora si predispongono a farlo
gli altri. Quel che sta accadendo in Regione Toscana e che l'assessore
competente fortemente difende, è in netto contrasto con i risultatati dei due
referendum e incide profondamente sul tessuto democratico della nostra
regione.
E con la nuova concezione di gestione di un pubblico, trasparente e
partecipato democraticamente dai cittadini, fuori da lottizzazioni,
clientelismi, privatizzazioni, come insegnano gli esempi di Parigi, Siviglia e
Napoli e come recita l'art 10 della nuova proposta di legge popolare "Governo
partecipativo del servizio idrico integrato". Il presidente Rossi proprio in
questi giorni ha dichiarato di voler iottemperare al referendum, ma il suo
assessore Bramerini, e fino ad oggi i fatti, parlano un'altra
lingua.
Quanto alla TAV, inserendosi convintamente in quella che è la
"madre" di tutte le grandi opere, il sistema TAV, la Regione Toscana ha
partecipato attivamente alla realizzazione della tratta Firenze Bologna, che
tanti danni ha portato al comprensorio mugellano. Danni irreparabili, ormai
accertati e acclarati. La poca trasparenza, la scelta pervicace di anteporre la
volontà politica anche alle risultanze tecniche, l'insofferenza verso le voci
critiche e allarmate che si erano pure levate, hanno determinato un vero e
proprio scempio ambientale, come sempre accade quando prevale la logica
sviluppista e degli affari.
Ora, senza che la lezione del Mugello abbia
insegnato niente, si pretende - Regione Toscana in testa - di riproporre la
stesa logica per il nodo fiorentino, con un progetto di doppio tunnel
pericoloso, con impatti pesantissimi sia in fase di realizzazione che di
esercizio, e costosissimo, a fronte di una situazione sempre peggiore del
trasporto ferroviario nel suo complesso (tanto per fare due numeri, al sistema
TAV con il 10% di passeggeri, vanno il 96% delle risorse; al resto del trasporto
ferroviario, con il 90% di passeggeri, il rimanente 4% di risorse).
Eppure
anche in questo caso studi documentati e pubblicati sia nel volume VALUTAZIONE
DEL PROGETTO DEL SOTTOATTRAVERSAMENTO FERROVIARIO DELLA CITT´A DI FIRENZE:
verifica dello Studio di Impatto Ambientale della linea ad Alta Velocità giugno
2007, che TAV SOTTO FIRENZE: IMPATTI, PROBLEMI, DISASTRI, AFFARI E L'ALTERNATIVA
POSSIBILE Rapporto Finale dalla ricerca sugli impatti del progetto di passante
TAV e sulla proposta di attraversamento in superficie curato da Alberto Ziparo,
Maurizio De Zordo, Giorgio Pizziolo editore ALINEA novembre 2011, hanno
dimostrato l'inutilità sostanziale della soluzione scelta, e la concreta
possibilità di adeguare l'infrastruttura in superficie per accogliere tutti i
tipi di traffico ferroviario. Ma a questa soluzione, pur illustrata nelle
commissioni competenti in comune, in provincia e in regione, nessun
amministratore ha prestato la minima attenzione. Sarà forse che costa troppo
poco, perchè anche in questo caso - come dice Cicconi - è l'appalto che fa
l'opera.
Che si trattasse di sottrarre alla speculazione coste, zone
collinari, pianure o montagne, centri storici di rilievo internazionale o borghi
minori, è evidente che un analogo obiettivo, anche se non sempre esplicitato, ha
sotteso le diverse battaglie fin qui condotte: difendere la qualità del
territorio toscano dagli interessi di pochi e da un presunto sviluppo non più
sostenibile.
Oggi, è essenziale che queste diverse battaglie riconoscano
ancor più chiaramente di far parte di un'unica grande proposta culturale e
economica, quel movimento in difesa dei Beni Comuni che sta emergendo come pezzo
fondamentale di un'opinione pubblica rinnovata sia in altre parti d'Italia che
altrove (basti pensare all'Islanda), e che propone una risposta nuova per uscire
dalla crisi di sistema in cui versa il mondo occidentale e dalla quale nessuna
ricetta legata al vecchio modello può salvarlo. Si tratta, come è evidente, di
due diversi paradigmi: quello dominante fondato sulla retorica della crescita,
dello sviluppo, dello sfruttamento intensivo delle risorse, della competizione
tra individui e grandi soggetti economici e finanziari (banche e corporations su
tutte) che agita il mito dell'uscita dalla crisi; l'altro, un' inversione di
rotta fondata sulla preservazione delle risorse, sulla loro distribuzione, sulla
sottrazione dell'economia alla finanza, su una concezione comunitaria e
ecologica del mondo in cui ciascun individuo non può che esistere nel quadro di
rapporti diffusi e modelli complessi di reciprocità, unica concezione
compatibile con il mantenimento della vita sul pianeta. Per rafforzare il primo
modello il pensiero dei dominanti vuole convincerci che il secondo riporta
indietro di decenni il progresso, mentre è evidente come si tratti di una
operazione di marketing politco/culturale imposto da chi trae la sua ricchezza
dal mantenimento dello status quo e rifiuta a priori modelli economici capaci di
redistribuire le risorse e il benessere nel rispetto
dell'ecosistema.
Ovviamente il contesto di riferimento è ampio e ingloba il
caso toscano - e di questo tratteranno altri interventi in questo Convegno. Qui
basti dire che la crisi di sistema anche in Italia con il patto di stabilità e i
vincoli agli enti locali, proprio i beni comuni diventeranno la principale fonte
di affari nei prossimi anni e che il Decreto sulle liberalizzazioni va a tutto
vantaggio dei mercati e della finanza internazionale.
Sul concetto di
Beni Comuni comincia oggi a esserci una elaborazione teorica quanto mai
necessaria perchè proprio in questa fase della crisi la tendenza degli enti
locali e dello Stato è quella di alienare e fare cassa con beni che sono di
tutti per far fronte a necessita contingenti. I Beni comuni non sono solo le
risorse naturali, ma anche quel che si è realizzato con la fiscalità generale
(appunto di tutti) come la sanità o i sistemi di trasporto pubblico, le
utilities che gestiscono serviz, Ovvero quei beni di appartenenza collettiva che
non possono essere monopolio del pubblico o peggio di un concessionario pubblico
perchè sono dei cittadini e hanno come obbiettivo primario quello di soddisfare
i diritti della cittadinanza: i servizi pubblici, il territorio, le spiagge, le
aree verdi, il patrimonio culturale e naturale, i beni culturali e
paesaggistici. Quei beni che al di la del titolo di proprietà sono funzionali al
soddisfacimento degli interessi della collettività.
Alcune delle principali
vertenze in corso oggi sono proprio contro l'espropriazione di questi
Beni.
la categoria dei Beni comuni svolge una funzione costituzionale nuova
di tutela in tempi di globalizzazione sia nei confronti del privato che dello
Stato.Sta nascendo una nuova cultura giuridica e politica che si fonde con una
pratica di resistenza e mira all' accesso e all'uguaglianza reale delle
possibilità. Così il tema dei Beni Comuni apre nuovi scenari dello spazio
pubblico secondo forme di gestione di governo pubblico partecipato per impedire
che il proprietario pubblico faccia affari con i beni comuni: dall'acqua, alle
cave, alle spiagge, ai fiumi, ecc ecc. La vendita o la cessione o concessione a
privati di questi beni è un atteggiamento irresponsabile, dice Ugo Mattei nel
suo Beni comuni, un manifesto, dove utilizza un'immagine provocatoria quanto
efficace: alienare i Beni comuni è come consentire al maggiordomo di vendere
l'argenteria di casa per sopperire alla sua necessita di andare in vacanza.
Immagine provocatoria, che pero richiama un concetto essenziale: il governo,
locale o centrale che sia, dovrebbe essere il servitore del popolo sovrano e non
il contrario. Il governo (maggiordomo) deve poter disporre dei beni del suo
padrone per poterlo servire bene ma non ne è proprietario e non può venderli a
suo piacimento. I beni comuni non sono di proprietà di chi governa ma hanno
autonomia an-che giuridica alternativa sia alla proprietà privata quanto a
quella pubblica intesa come demanio o simili.
All'interno di questo
contesto culturale, il territorio è un Bene Comune prezioso e socialmente
condivisibile, e non va dato in pasto a privatizzazioni in un libero mercato
basato sull' intreccio tra speculazione finanziaria e immobiliare.
E qui
anche la Toscana ha molto da fare: dovrà abbandonare quella modalità
fallimentare ma persistente che consiste nella concentrazione di investimenti
per grandi opere che attraggono enormi finanziamenti quasi sempre pubblici
(leggi debito pubblico) e che riguardano i settori dei trasporti, dell'energia,
dell'acqua, dei rifiuti, dell'urbanistica stessa, spesso con megaprogetti mai
finiti o magari neanche cominciati che risucchiano risorse economiche (vogliamo
parlare della bretella fantasma Lastra a Signa-Prato costata alla R.T. 29
milioni di euro e mai realizzata?). Inceneritori, tunnel tav, megaparchi eolici
e fotovoltaici, megapoli turistici e commerciali, cave e consumo di suolo fanno
parte di una stagione che ha già devastato il territorio toscano ma che
continuano a essere ribadite. Tra i fatti più recenti: il Pirogassificatore di
Castelfranco il Tar ha dato ragione al Comune e Rossi è ricorso al Consiglio di
Stato e la centrale a biogas nella riserva del WWF nel lago di Burano dove la
società Sacra spa ha ottenuto da comune e provincia di Grosseto il via libera
per una centrale di 990 kilowatt. E un motivo ci sarà se, secondo il VII
Rapporto del cosiddetto "Nimby Forum" divulgato da Arpat, la Toscana si piazza
al secondo posto dopo la Lombardia nella classifica nazionale degli impianti
contestati, in buon aparte dai cittdini ma sempre di più anche dai piccoli
comuni.
Occorre usare il termine "partecipazione" se si è disponibilia
mettere in discussione scelte già fatte e a cedere una parte del potere
decisionale per quelle ancora da compiere.
E invece, a fronte di alcune
interessanti aperture in qualche ambito specifico (e citerò qui proprio il caso
dell'urbanistica), in altri ambiti, dalle infrastrutture, all'agricoltura, alle
risorse ambientali, si ribadiscono con ottusa pervicacia scelte appartenenti al
vecchio e superato modello economico. Ci fa piacere leggere le parole del
presidente Rossi contro la ridefinizione dell'art. 18, ma se si vuole
contrastare efficacemente una politica che, dietro la pretesa neutralità di una
gestione "tecnica", sta in realtà affermando la prevalenza assoluta delle
logiche del grande capitale e delle banche rispetto ai bisogni delle cittadine e
dei cittadini, alle esigenze di equità, alla difesa dei diritti di tutti
respetto ai privilegi di pochi, occorre riconoscerne il carattere sistemico;
occorre proporsi una decisa alternativa strutturale, e non alzare la voce solo
quando una qualche scelta risulta particolarmente indigesta: c'è bisogno ora più
che mai di un deciso rovesciamento di prospettiva. perché il futuro sta in un
altro modello culturale che ha come priorità la riconquista a favore della
collettività delle risorse e degli spazi pubblici, sia quelli materiali che
quelli democratici. Perché la difesa dei Beni Comuni e una reale partecipazione
democratica della cittadinanza sono strettamente collegate.
Occorre
voltare decisamente pagina rispetto a una politica, e a un ceto politico, che
troppo spesso ha voluto trasformare il governo in affari, occorre porre
finalmente al centro la questione morale e il conflitti d'interessi. Qui
citerei Piercamillo Davigo ha dissertato sui nuovi aspetti della corruzione di
oggi tra cui la moltiplicazione delle società partecipate e dei general
contractor che "privatizzano" i rapporti tra stato e imprese. “Si è aggravato
inoltre il degrado dei partiti politici. Al loro interno può succedere qualsiasi
cosa perchè non ci sono regole minime di controllo. E’ passata poi l’idea che
per prendere le proprie posizioni la politica debba aspettare le decisioni dei
giudici. E’ un’idea completamente sbagliata. La giustizia è una virtù cardinale
ma lo è anche la prudenza”.
I cittadini toscani stanno già facendo molto,
autorganizzandosi e pagando i costi della loro attività con l'autofinanziamento,
cene, vendita di spille e adesivi, e assisitono al paradosso che lo Stato
rimborsa ai partiti cifre astronomiche per spese mai fatte: il Pd ha speso alle
ultime politiche 18 milioni di euro e ne ha ricevuti in cambio 180; il Pdl 68 e
ne ha avuti 206 e via dicendo. Dalla azione di questa parte attiva, e lo abbiamo
ben visto nel caso emblematico della Val di Susa, passa la riconquista di spazi
di agibilità ambientale, sociale e democratica, oltre che una via d'uscita per
il futuro. Queste voci sono rimaste finora inascoltate. Anche per questo si
faranno sentire, come ha ben fatto vedere il recente meeting sulle "Grandi opere
inutili", in modo ancora più forte e organizzato.
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