L'Alfa di Arese e la "merda"
Scritto da Redazione   
sabato 21 novembre 2009
Riciclare, convertire… L’articolo denuncia una situazione che non sarebbe certo negativa se attuata nel rispetto delle regole, della dignità delle persone e della sicurezza e salute sul lavoro.

“… mettere le mani nella merda per tutte le otto ore del turno” è certamente un lavoro poco gratificante anche se  nella descrizione si intravede l’arcaico intendere i nostri avanzi come “merda” anziché come materiali preziosi da recuperare, una concezione che il Sindacato dovrebbe rivedere e aggiornare.

Il fatto quotidiano
Giovedì 19 novembre 2009
pagina 11
INVECE DI FABBRICARE ALFA ROMEO AD ARESE SI SMISTANO RIFIUTI
A Termini Imerese gli operai Fiat occupano il municipio
di Gigi Furini

La Fiat conferma: gli ultimi 232 operai dell'Alfa di Arese vengono trasferiti a Torino, anticamera del licenziamento, temono gli interessati. I loro colleghi di Termini Imerese temo di fare la stessa fine e da ieri occupano il municipio della città in protesta contro la decisione di smettere la produzione automobilistica nello stabilimento.
Intanto l'enorme area dell'Alfa di Arese si adegua al suo presente post-industriale: dove si producevano le auto, ora i cinesi dividono le bottiglie di plastica dalla carta, gli animali morti dall'alluminio. Con turni di 16 ore al giorno, a volte 24. "Adesso le cose stanno un po' migliorando", dice Renato Parimbelli, delegato dei Cobas. Il paesaggio è desolante e nei piazzali dove le bisarche caricavano le auto, ora cresce la boscaglia. Anche lo stemma dell'Alfa quasi non si vede. In questo paesaggio spettrale trovano lavoro ancora duemila persone. Mille sono dipendenti di Fiat Auto mentre l'altro migliaio è diviso in mille rivoli, da una piccola fabbrica di figurine per gli album dei bambini a una ditta che insacchetta abiti provenienti dalla Cina. Qui basta seguire l'enorme via vai di camion della spazzatura per arrivare alla cooperativa Mosaico, già coop. Arciere, già coop Cla, già tanti altri nomi, perché i nomi cambiano ma gli addetti restano. E svolgono un lavoro che quasi nessuno vuole fare. La dicitura esatta è questa: "Cernita manuale di materie plastiche, carta e cartone, alluminio e ferro". "Fare la cernita manuale – dice Corrado Delle Donne, storico leader dei Cobas all'Alfa – vuol dire mettere le mani nella merda per tutte le otto ore del turno".
Funziona così. I camion scaricano tutti i giorni 60 tonnellate di rifiuti urbani sotto i capannoni. Qui c'è il "ragno", una gru che prende i rifiuti e li deposita su un nastro trasportatore. E, ai lati del nastro, gli operai. "Trenta per turno – ci spiega un delegato, uno dei pochi italiani – anche se adesso il lavoro è un po' calato perché hanno messo macchine più moderne che riducono il nostro intervento".
L'80 per cento dei lavoratori, in questa cooperativa, sono cinesi. Uomini e donne di mezza età reclutati in via Paolo Sarpi, la Chinatown milanese. Sono gli ultimi arrivati, non trovano di meglio. E vengono qui. Facevano anche due turni di fila, cioè 16 ore. Ma in alcuni casi sono arrivati a tre turni, cioè dalle 6 del mattino alle 6 del giorno dopo. La paga? Cinque euro lordi all'ora per le otto ore regolari e lo straordinario in nero. Alcuni erano assunti come CoCoPro, cioè lavoratori a progetto. Altri addirittura come soci-collaboratori. Non c'erano pause, neanche per il pranzo, perché il nastro deve girare, perché i rifiuti arrivano sempre, Natale e Ferragosto compresi. E se non sono quelli di Milano, sono quelli di Napoli nei giorni dell'emergenza. Le cooperative fanno gli appalti con i comuni che poi mandano qui i camion della spazzatura. Un giorno, però, si sono presentati i carabinieri. Erano in 70, hanno circondato l'edificio e controllato chi c'era dentro. Oltre ai cinesi, anche indiani, senegalesi, egiziani, marocchini. Operai, compagni di lavoro che non riuscivano neanche a parlarsi perché si sa, gli ultimi arrivati l'italiano non lo sanno. Sono scattate le multe per la coop. Che ha cessato e passato la mano.
"Siamo intervenuti – dice Parimbelli – e adesso certe situazioni scandalose non si vedono più. I rappresentanti sindacali sono tre, un italiano, un cinese e un egiziano, soprattutto per una questione di lingua, in modo che i lavoratori possano parlare e incontrare il loro delegato. Siamo riusciti a ottenere una maggiorazione per il lavoro notturno e a riportare l'orario settimanale a 40 ore, perché in passato c'erano cinesi che erano arrivati anche a 240-250 ore al mese, uno scandalo. E abbiamo ottenuto un aumento della paga oraria da 5 a 6,30 euro l'ora, oltre a 30 minuti per la pausa mensa". Ma anche qui non tutto fila liscio. L'arrivo di un impianto semiautomatico stava per portare a una riduzione degli addetti, da 95 a 60. "Abbiamo applicato un vecchio motto, lavorare meno per lavorare tutti e ora, in base al nuovo accodo, i turni sono solo di 6 ore, ma l'azienda non ha licenziato e i 95 operai sono ancora al loro posto".

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Riciclare, convertire… 

L’articolo denuncia una situazione che non sarebbe certo negativa se attuata nel rispetto delle regole, della dignità delle persone e della sicurezza e salute sul lavoro.“… mettere le mani nella merda per tutte le otto ore del turno” è certamente un lavoro poco gratificante anche se  nella descrizione si intravede l’arcaico intendere i nostri avanzi come “merda” anziché come materiali preziosi da recuperare, una concezione che il Sindacato dovrebbe rivedere e aggiornare. Si tratta in ogni caso di una separazione manuale dei materiali attuata anche nei più moderni e vantati impianti di selezione e separazione (vedi Vedelago e anche tutti gli altri impianti a nastro, ma presumibilmente ad Arese la pecca grossa anzi lo scandalo è che arrivano i materiali conferiti “tal quali” non essendo attuata la raccolta differenziata?).Bastano  buoni guanti, maschere protettive adeguate per viso e occhi  e una velocità delle operazioni compatibile con un buon lavoro di separazione dei materiali.Il “rimpianto” per l’auto può essere giustificato ma forse è più congruo adeguarsi a gestire e organizzare al meglio questo “lavoro di tipo nuovo” perché dia una mano efficace ai bisogni locali, bisogni reali che risolvono situazioni e non mantengono fittiziamente “cattedrali nel deserto” destinate a durare solo fino a che i rivolo dei finanziamenti clientelari durano. Questo settore se potenziato e collegato allo studio dei residui perché il riciclo sia sempre più efficace e il concetto sbagliato di “merda” o anche del più politicamente corretto di “rifiuto” svanisca nella pratica del recupero di materiali indispensabili, creano davvero occupazione sicura perché legata appunto a questi bisogni veri e continuativi.

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Ultimo aggiornamento ( sabato 21 novembre 2009 )