La Piana: un contenitore da stipare all'inverosimile
Scritto da Redazione   
mercoledì 14 ottobre 2009

 ...Ma la "buona fede" e la "capacità di governo" non sono certo garanzia totale di una buona programmazione e gestione urbanistica, specialmente in un contesto sociale e politico in cui è dominante (sia nel centrodestra, sia in buona parte del centrosinistra) l'impostazione per cui il territorio libero è un semplice contenitore da riempire di funzioni produttive e/o abitative, a scapito di tutte quelle funzioni finalizzate al miglioramento della vita delle popolazioni...

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 14 ottobre 2009  Urbanistica e territorio

 

Consumo di suolo nella Piana. Che fine ha fatto la lr 1/2005 sul governo del territorio?

 

Riccardo Mostardini

FIRENZE. Il dibattito che ha preso luogo in questi giorni riguardo al futuro della Piana, e quindi sulle nuove prospettive per la localizzazione dell'aeroporto, del parco, per la mobilità e così via, appare da un certo punto di vista come un consesso di maggiorenti politici che decide a proprio piacimento il futuro del territorio. Certo, l'impostazione concertativa che (in conseguenza della richiesta di "protezione" fatta dai sindaci dei comuni dell'hinterland davanti all'attivismo del comune di Firenze) si è affacciata negli ultimi giorni, con la discesa in campo di Martini e Barducci, è da sostenersi, ed è anche ovvio che si dà per scontata la buona fede e la capacità di governo di chi ha ricevuto la delega democratica.

Ma la "buona fede" e la "capacità di governo" non sono certo garanzia totale di una buona programmazione e gestione urbanistica, specialmente in un contesto sociale e politico in cui è dominante (sia nel centrodestra, sia in buona parte del centrosinistra) l'impostazione per cui il territorio libero è un semplice contenitore da riempire di funzioni produttive e/o abitative, a scapito di tutte quelle funzioni finalizzate al miglioramento della vita delle popolazioni (parchi, aree sportive e ricreative, ad esempio) e di quei "vuoti" che garantiscono la vivibilità di un luogo.

La Piana è infatti un contesto molto particolare: anche se in tutta la Toscana la questione del consumo di suolo è sempre più tenuta in considerazione, nella Piana essa sta però diventando (e non da oggi) imprescindibile, poiché l'area urbanizzata sta rapidamente avvicinandosi ad una vera e propria saturazione della superficie disponibile.

Il punto è che, come detto all'inizio, osservando dall'esterno del dibattito sulla Piana si può avere l'impressione che i decisori politici godano di completa libertà operativa riguardo alle scelte urbanistiche da fare e (soprattutto) sulla quantità di suolo da consumare per nuove opere insediative. Ma così, in realtà, non è.

O meglio "non sarebbe": è infatti in vigore una legge regionale sul territorio (la 1/2005) che, se rispettata, imporrebbe ai decisori un deciso freno alla sregolata possibilità di consumare nuovo suolo. Se nella pianificazione urbanistica toscana già si era giunti al punto di legiferare in termini di limiti al consumo di suolo (la legge 5/1995 - art. 5 comma 4 - attestava infatti che «nuovi impegni del suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono di norma consentiti quando non sussistono alternative di riuso e riorganizzazione degli insediamenti e infrastrutture esistenti»), la legge del 2005 - art. 3 comma 4 - supera questa impostazione, attestando che «nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti».

E' intuibile come dalla differenza tra un "di norma" ad un "esclusivamente" passi tutta l'impostazione politica di una legge: nel 1995 si esortavano gli amministratori locali ad analizzare, prima di consumare nuovo suolo, tutte le possibili alternative. Nel 2005 questa esortazione si è tramutata in obbligo.

Ma quest'obbligo viene rispettato, dagli amministratori locali? Sia pure in un contesto di riduzione del tasso di crescita delle aree artificializzate in Toscana negli ultimi anni (dati Irpet - contenuti in un documento sperimentale come il rapporto "Elementi di conoscenza del territorio toscano" edito nella primavera 2009 - attestano infatti che la crescita di aree artificializzate è passata da un tasso dell'1% annuale dal 1990 al 2000, ad uno dello 0,5% dal 2000 al 2006), il dubbio è che questa legge sia rimasta al palo, perchè se applicata avrebbe dovuto indirizzare la crescita del consumo di suolo verso un valore di "quasi zero".

Va detto anche che la norma non appare così stringente nei suoi indirizzi, a causa di una certa vaghezza (chi decide che «non sussistono alternative» al consumo di nuovo suolo? La Regione? Le province? I comuni stessi, che così vigilerebbero sulle loro stesse azioni?) nella formulazione.

Ma per ora si può comunque affermare che, se la 1/2005 fosse effettivamente applicata, probabilmente, nel dibattito sulla Piana, la necessità di conservare i "vuoti" necessari o comunque di agire nel senso della riqualificazione dell'esistente, e non del nuovo consumo di suolo, godrebbe di maggiore dignità politica rispetto a quanto ora accada.

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