Le ipocrite mimose
Scritto da Redazione   
sabato 07 marzo 2009

Aggiornamento del 10 marzo 2009

Il TG3 Toscana delle primo pomeriggio ha appena presentato un servizio sulle endometriosi, mettendo giustamente un accento assai preoccupato su questa che sta per essere riconosciuta come "malattia sociale". Ai giornalisti del TG3, ai luminari interpellati, alla Regione che stanzia i fondi per ricerca  e cura chiediamo se sono a conoscenza degli studi che ormai da anni hanno individuato senza dubbio una delle cause maggiori della endometriosi, studi che i Comitati, le Associazioni e i giornalisti che si guardano intorno conoscono e sulla base dei quali anche, denunciano la politica inceneritorista della Regione Toscana e chiediamo anche a loro: quanto fa 2+2?

8 marzo 2009

(riproponiamo l'articolo pubblicato nel nostro sito l'8 marzo 2007, tratto da Aam Terranuova. Una domanda da porre a Legambiente poterebbe essere l'elementare "quanto fa 2+2")

...Le diossine, che vengono emesse nell'ambiente dagli inceneritori o come risultati di determinati procedimenti industriali, vengono trasportate dalle correnti d'aria e possono contaminare campi e raccolti, come hanno denunciato più volte anche le associazioni Legambiente e Greenpeace. Il bestiame che si nutre di raccolti contaminati si contamina a sua volta, accumulando diossina nei tessuti, sopratutto in quelli adiposi. E dal bestiame potrà passare all'uomo attraverso la carne e il latte...

giovedì 08 marzo 2007

(NEL GIORNO DELLA FESTA DELLE DONNE CHE RICEVONO UN OMAGGIO SPESSO IPOCRITA, ASSOLTO IN UN SOL GIORNO ANZICHE’ RISPETTO E DIRITTI DURANTE 365 GIORNI L’ANNO - COSA PERALTRO AUSPICABILE PER TUTTI: DONNE, UOMINI, BAMBINE, BAMBINI, VIVENTI A DUE, QUATTRO, TANTE ZAMPE E OVVIAMENTE IL PIANETA TERRA E LA SUA ATMOSFERA ANCHE EXTRATERRESTRE – IN QUESTO GIORNO, ECCO INVECE UNA DIMOSTRAZIONE PRATICA DEL DISPREZZO, DELLA ARROGANZA E DELLA IGNORANZA VOLUTA, DI AMMINISTRAZIONI E anche delle ISTITUZIONI PREPOSTE ALLA TUTELA DELLA SALUTE CHE QUESTE COSE LE SANNO BENE E DA ANNI ORMAI MA SPESSO SI PRESTANO LO STESSO A “COPRIRE” GLI AVVELENATORI. NON CI ADDORMENTIAMO, PRENDIAMO MOLTI CAFFE’ PERCHE’ CON “QUESTI” NON C’E’ DA RILASSARSI, ALLO STESSO MODO che con  QUELLI DI PRIA... ndrmsirca)

 

  Trovato il legame diretto tra contaminazioni da diossina e alterazioni delle pareti interne dell'utero.

   Aam Terra Nuova • marzo 2007 pg. 4-5-6   di Claudia Benatti   

Ottantanove milioni nel mondo: tante sono le donne che soffrono di endometriosi, una malattia che intacca le pareti interne dell'utero e che può generare noduli, lesioni o tumori. In Italia il problema investe migliaia di donne, e proprio durante questo mese di marzo, dal 5 all'11, si celebra la settimana nazionale di consapevolezza sull'endometriosi. Una delegazione di pazienti e politici si recherà, sempre questo mese, anche al  Parlamento Europeo dove incontrerà i parlamentari per discutere di una richiesta avanzata proprio dall'Italia, quella cioè di riconoscere l'endometriosi come malattia sociale. Da tempo ormai la letteratura scientifica e le associazioni di pazienti a livello europeo si stanno concentrando sui possibili colpevoli. Tra questi sono state identificate le sostanze tossiche che respiriamo e ingeriamo ogni giorno attraverso aria e cibo, come le diossine, i policlorobifenili (Pcb), i pesticidi e gli ftalati. In Italia ad occuparsene ci sono diversi gruppi di scienziati, tra cui la dottoressa Elena De Felip dell'Istituto Superiore di Sanità e il professor Giuseppe Latini, direttore della divisione di neonatologia dell'ospedale Ferrino di  Brindisi e ricercatore dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Lecce. A sostenere la necessità dì maggiore ricerca e maggiore sensibilizzazione sull'argomento è l'Associazione italiana endometriosi, una onlus costituita nel 1999 da donne affette dalla malattia (www.endocassoc.it) che si occupa di organizzare campagne di informazione e di sensibilizzazione. «Abbiamo anche avuto un'audizione in Senato» ha spiegato la presidentessa Jaqueline Veit «e-ci prepariamo ad affrontare l'incontro con i parlamentari europei. Intanto, oltre all'informazione, partecipiamo a conferenze e promuoviamo gruppi di auto-aiuto per le donne affette dalla malattia, oltre a fornire anche  sostegno nelle fasi pre-operatorie». Anche Legambiente si è schierata al fianco dell'associazione per chiedere a  gran voce che politici e amministratori affrontino una volta per tutte e con determinazione il problema delle fonti da cui proviene l'inquinamento dovuto a queste sostanze tossiche, come gli inceneritori che si stanno moltiplicando e potenziando in Italia, i processi metallurgici, la lavorazione della plastica e di determinati prodotti chimici, la produzione di certi antiparassitari e la sbiancatura della carta.  Il professor Latini ha pubblicato, insieme al gruppo del professor Petraglia di Siena, articoli nelle riviste mediche specializzate. Nel 2003 lo scienziato si è occupato degli ftalati rilasciati dai materiali plastici in Pvc, concludendo che possono giocare un possibile ruolo nella «patogenesi» della malattia(1); nel 2006 ha pubblicato i risultati di  uno studio condotto mettendo a confronto due gruppi di donne, i cui esiti hanno mostrato come gli ftalati siano anche accusati di essere una possibile causa della fibromatosi(2). 

Le cause  Sempre nel 2006 un'altra conferma dell'associazione tra ftalati ed endometriosi è arrivata dai ricercatori indiani, che hanno analizzato campioni di sangue di donne malate(3).«I nostri studi» spiega il professor Latini «procedono dopo avere approfondito il problema della correlazione tra ftalati e rischio di fibromatosi. Ora stiamo studiando la possibile associazione tra esposizione agli ftalati e rischio di aborto. Purtroppo gli ftalati sono inquinanti ambientali ubiquitari, presenti in tutti i materiali in plastica (Pvc), tra cui dispositivi medicali, pavimenti, giocattoli, massaggiagengive, succhietti, pellicole per alimenti, guanti, materiali per l'edilizia, vestiario, prodotti per l'auto e tanto altro ancora. Ne consegue che le fonti d'esposizione per ciascuno di noi sono molteplici, ad iniziare anche dagli alimenti. Il problema si può risolvere soltanto eliminando completamente queste sostanze dal mercato. A questo proposito la Commissione europea ha creato un gruppo dì lavoro, chiamato DEHP working group, di cui faccio parte, che ha lo scopo di studiare il problema».               

Colpa della diossina  Altra sostanza altamente incriminata per le patologie come endometriosi e infertilità è la diossina, o meglio le diossine, visto che di questi composti esistono numerose «varietà».Gli studi tossicologici, di cui è ricca la letteratura scientifica, indicano che l'esposizione anche a livelli bassi alle diossine durante i periodi cruciali dello sviluppo può indurre danni permanenti alla salute. Sono ormai noti da tempo i meccanismi di azione cosiddetta anti-estrogenica che determinano effetti sul ciclo riproduttivo femminile, ma nel 2003 un team di ricercatori giapponesi ha scoperto che le diossine sono anche in grado di mimare l'effetto degli estrogeni nei tessuti privi di questi ormoni, ingannando il loro recettore e scatenando una risposta analoga a quella che si otterrebbe con una stimolazione ormonale; su questa materia ha studiato molto anche il dottor Alberto Mantovani del Dipartimento sanità alimentare ed animale dell'Istituto superiore di sanità: «Il prossimo grande passo che si dovrà fare» spiega «sarà l'elaborazione  di  linee  guida  sui  cosiddetti distruttori endocrini». Le diossine, che vengono emesse nell'ambiente dagli inceneritori o come risultati di determinati procedimenti industriali, vengono trasportate dalle correnti d'aria e possono contaminare campi e raccolti, come hanno denunciato più volte anche le associazioni Legambiente e Greenpeace. Il bestiame che si nutre di raccolti contaminati si contamina a sua volta, accumulando diossina nei tessuti, sopratutto in quelli adiposi. E dal bestiame potrà passare all'uomo attraverso la carne e il latte. Come spiega Legambiente, prima l'Organizzazione mondiale della sanità nel 1998, poi la Scientific committee on food dell'Unione europea nel 2000 hanno incluso l'endometrio tra gli organi più sensibili all'esposizione alle diossine. Nell'ambito poi del programma comunitario per l'identificazione delle sostanze che alterano il sistema endocrino («Establishment ofa priority list of substances for further evaluation oftheir role in endocrine distruptors»), lo studio di questi contaminanti è stato indicato come prioritario, per poter poi tentare di ridurre la loro presenza nell'ambiente. «Per tutte queste ragioni» ha spiegato Legambiente «non possiamo che essere al fianco dell'Associazione italiana, endometriosi nell'affermare che occorre sensibilizzare le istituzioni e i cittadini sul problema dell'inquinamento, per ridurlo e di conse guenza ridurre le sue ricadute sulla salute delle persone». 

Pubertà precoce  Peraltro la letteratura scientifica accusa i distruttori endocrini non solo di aumentare il rischio di endometriosi, ma anche di provocare problemi in generale alla fertilità femminile, agendo sul ciclo mestruale, sulla pubertà, sulla gravidanza, sugli aborti, sulla menopausa e secondariamente anche sul desiderio sessuale(4). Riguardo la pubertà, ci sono anche studi che attestano una correlazione tra l'esposizione a tali sostanze e una sempre maggiore precocità della pubertà(5). L'Istituto superiore di sanità ha coordinato un progetto di ricerca –iniziato  nel 2002 e al momento in fase di completamento - sull'esposizione a inquinanti ambientali quale possibile fattore di rischio   per la salute riproduttiva femminile. «Il progetto è stato centrato in particolare su inquinanti organici persistenti quali diossine, policlorobifenili, pesticidi organoclorurati, come DDT e HCB» spiega la dottoressa De Felip. Del progetto ha fatto parte uno studio specifico e multidisciplinare sull'endometriosi, una patologia dell'apparato riproduttivo femminile rilevante in termini di incidenza - stimata intorno al 10-15% delle donne in età riproduttiva - e che può avere un forte impatto sulla qualità di vita della donna in termini di dolore pelvico, possibile infertilità, necessità di terapia farmacologia o chirurgica, ripercussioni a livello psico-sociale. L'eziopatogenesi dell'endometriosi è ancora poco chiara e controversa, e la patologia è attualmente considerata multifattoriale, con un contributo di fattori genetici, ambientali, immunologici. L'ipotesi di un contributo di fattori ambientali, in particolare dell'esposizione a inquinanti organici persistenti, soprattutto diossine e policlorobifenili - costituiti da 209 diverse sostanze, o «congeneri», con un largo spettro di attività tossicologiche, tra cui alcune diossina-simili - si basa principalmente sui risultati di osservazioni sperimentali. Dello studio multidisciplinare sull'endometriosi ha fatto parte uno studio caso-controllo effettuato in collaborazione con il Dipartimento di scienze ginecologiche del Policlinico Umberto I di Roma. Al momento i risultati di questo studio caso-controllo sono ancora in corso di elaborazione, abbiamo però già osservato alcune tendenze, per esempio un aumento di alcuni policlorobifenili nelle donne con endometriosi(6). Il dato è parziale e deve essere interpretato con l'integrazione di una serie di informazioni, inerenti in particolare al metabolismo». Poiché dunque l'esposizione avviene attraverso l'alimentazione e l'inalazione, oltre all'auspicio di abitare in un luogo più salubre possibile, quanto si può fare è cercare di controllare la provenienza dei cibi che si scelgono, preferendo la provenienza biologica certificata, ma anche tenendo conto delle zone in cui animali e vegetali vengono allevati o coltivati.                   

Note  1. «High plasma concentrations of di-(2-ethyl-hexyl)-phtalate in women with endometriosis» di Cobellls, Latini, De Felice, Razzi, Paris; Ruggieri, Mazzeoe Petraglia. Pubblicato su Human. Reproductìon, 2003.    2. «Low serum concentrations ofdi-(2-ethylhexyl)phtalate in women wlth uterine fibromatosis» di Luisi, Latini, De Felice, Sanseverino,  Di  Pasquale,  Mazzeo  e  Petraglia. Pubblicato su Gynecological Endocrinology,  febbraio  2006.      3.  «Association  ofphtalate  esters with endometriosis in Indian women» di B.S. Reddy, Rozati, B.V.R. Reddy, Raman. Pubblicato su General Gynaecology, 2006.      4. «Environmental influences on female fecundity arid fertility» di Buck Louis, Lynch, Cooney. Pubblicato come review su Semin. Reprod, Med., luglio 2006 / «Endocrine disrupters and female reproductive health» di McLachlan, Simpson, Martin, pubblicato suBest Pract. Res. Clin. Endocrinol. Metab.;marzo 2006.       5. «How do environmental estrogen disruptors induce precocious puberty?» di Massart, Parrino, Seppia, Federico, Saggese, Dipartimento di pediatria dell'Università di Pisa. Pubblicato su Minerva Pediatrica, giugno 2006.      6. «Increased levels of polychlorobiphenyls in Italian wornen with endometriosis" di Porpora, Ingelido, di Domenico, Ferro, Crobu, Pallante, Cardelli, Cosmi, De Felip, Pubblicato su Chemòsphere, 2006.    

Aam Terra Nuova • marzo 2007 pg. 4-5-6  (eventuali errori di trascrizione possono essere sfuggiti, compratevi la rivista che è molto bella!)   

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Ultimo aggiornamento ( marted́ 10 marzo 2009 )