Quanto ci costano i "rifiuti"
Scritto da Redazione   
venerd́ 31 ottobre 2008

(Se continua così e non ci saranno trasmissioni televisive dove a milioni di persone trasmette messaggi contrastanti queste considerazioni piene di saggezza -riservate purtroppo a un pubblico molto più ridotto- dovremmo convincerci del vero ravvedimento di Mario Tozzi. Per il Presidente Martini, invece, non vi si allarghi il cuore, ancora non ha imparato quanto fa 2+2. ndr)

Mario Tozzi

QUANTO CI COSTANO I RIFIUTI

Sembra incredibile che qualcuno, nell'Italia di oggi, si opponga ai cambiamenti di abitudini e ai costi che eventualmente bisogna sostenere di fronte a emergenze di carattere ambientale come quelle relative all'energia o ai rifiuti.

Mario Tozzi

QUANTO CI COSTANO I RIFIUTI

Sembra incredibile che qualcuno, nell'Italia di oggi, si opponga ai cambiamenti di abitudini e ai costi che eventualmente bisogna sostenere di fronte a emergenze di carattere ambientale come quelle relative all'energia o ai rifiuti. E sembra incredibile che ciò accada in realtà metropolitane avanzate come Torino, dove, con lungimiranza e accortezza, si è passati dal 20 a oltre il 40% di raccolta differenziata dal 2003 a oggi.

È appena il caso di ricordare che riciclare e recuperare rifiuti permette di consumare minori quantità di combustibile e produce meno inquinamento. Con il tempo tale problema è destinato ad aggravarsi, visto che, con l'esaurimento dei giacimenti più ricchi, si passa a sfruttare quelli il cui tenore è più basso e quindi si producono sempre maggiori quantità di scorie. In molte nazioni europee la percentuale di rifiuti riciclata arriva a oltre il 40%, un ottimo risultato se comparato a quello italiano di uno striminzito 24%. È ovvio che, se si raddoppia la vita media di un prodotto, automaticamente si dimezzano i consumi di energia, i rifiuti, l'inquinamento e l'esaurimento delle materie prime. Se poi il riciclaggio è fondamentale nel caso dei metalli, ancora di più lo è nel caso dei rifiuti umidi.

Se non allontanassimo tutta quella massa di potenziali nutrienti organici dal ciclo naturale potremo fare a meno delle 23 milioni e mezzo di tonnellate di fertilizzanti chimici gettati ogni anno nelle nostre campagne. Se viene praticata la separazione del materiale organico dagli altri rifiuti si può preparare il compostaggio, da riutilizzare in agricoltura come concime. Eppure sembra che queste considerazioni non siano sufficienti a riflettere sul fatto che il riciclaggio deve avere necessariamente alla base una buona raccolta differenziata, che questa va condotta anche porta a porta, e che queste operazioni hanno un costo, tollerabile soprattutto quando si passa da tassa a tariffa e, dunque, quando si paga in base a quanto effettivamente si butta. La raccolta differenziata ha un costo che qualche volta può essere maggiore rispetto al cassonetto, ma consente di non essere sommersi dalle discariche o avvelenati dai fumi dell'incenerimento su scala industriale. Oltre a garantire una migliore qualità della vita e un ritmo più armonico dell'uomo nel contesto di un pianeta in cui resta l'unico animale a produrre materiali che non possono essere riassorbiti naturalmente nel ciclo della biosfera. Per non parlare di un altro vantaggio diffuso: per ogni milione di tonnellate di rifiuti si creano 80 posti di lavoro, per esempio, con l'incenerimento e ben 1.600 con la raccolta differenziata e il riciclaggio. Tutto questo però ha senso se ci comincia a ragionare in termini di valori (la tutela dell'ambiente e della salute) e non di prezzi (il costo delle operazioni ambientali virtuose). E se si fa riferimento a quei movimenti culturali che fanno del raggiungimento dell'obiettivo rifiuti-zero uno dei risultati maggiormente auspicabili per le società moderne. Ma non è questo il Paese che si domanda se sia giusto far pagare alle industrie la crisi climatica causata, in ultima analisi, dalle industrie stesse? Così facendo quei costi li pagheremo tutti noi, ma di questo, curiosamente, i cittadini non si lamentano mai.

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PRESIDENTE DELLA REGIONE TOSCANA   Giovedì 30 ottobre 2008 

Editoriale

Rispettare Kyoto conviene

Investire sulla difesa del pianeta conviene e il protocollo di Kyoto va applicato. E’ questo quanto emerge dal vertice di Saint-Malo "Climate change: regions in action" a cui partecipano 600 rappresentati da 140 regioni di 60 Paesi del mondo. Le regioni vogliono contribuire ai grandi dibattiti europei e mondiali, nel momento in cui viene negoziato l'accordo finale sul pacchetto "energia-clima" dell'Unione Europea e in cui le discussioni internazionali subiscono un'accelerazione in vista della Conferenza di Copenaghen del 2009 che porrà le basi del dopo-Kyoto. Le regioni hanno competenze sul governo del territorio, sulla programmazione, sulla difesa dell’aria, acqua, uso e smaltimento dei rifiuti, produzione di energia da fonti rinnovabili. Possono quindi attivare azioni importanti per realizzare gli obbiettivi della direttiva 20 – 20 - 20: quella per cui per cui l’Europa entro il 2020 deve giungere all’abbattimento delle emissioni di gas serra del 20%, alla riduzione dei consumi energetici del 20% e all’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili di un altro 20%. In Spagna le regioni lavorano insieme al governo e contribuiscono al rispetto di questo impegno con loro iniziative. In Francia hanno scelto di destinare i finanziamenti comunitari solo ai progetti che prevedono una riduzione delle emissioni. Le regioni italiane presenti al summit condividono l’obiettivo dell’Ue e sono pronte a fare la loro parte. Siamo in sintonia con l’Europa e in controtendenza con il governo nazionale. Abbandonare il pacchetto dell'Unione Europea è irresponsabile. Il governo sostiene che il pacchetto europeo su energia e ambiente sarebbe troppo gravoso, addirittura insostenibile per le industrie italiane. Secondo il governo adempiere agli obiettivi previsti costerebbe all'Italia una cifra compresa tra i 18 e i 25 miliardi l'anno, pari a circa l'1,14% del Pil, mentre i numeri forniti dalla commissione Ue sono assolutamente diversi. I calcoli del Governo non tengono in considerazione che se l’Italia imbocca la strada di una maggiore efficienza energetica e di una maggiore autonomia dal petrolio avremo un risparmio di 7,6 miliardi l'anno nel taglio delle importazioni di idrocarburi e di 0,9 miliardi di euro nei costi per contrastare l'inquinamento. I costi effettivi pertanto scenderanno fino a trasformarsi in un guadagno netto di 600 milioni di euro l'anno. Puntare a una politica di efficienza per edifici, fabbriche, mezzi di trasporto ed elettrodomestici e crescere sul versante delle rinnovabili significherà sviluppo sostenibile e occupazione. E soprattutto significa tutelare la salute del pianeta e garantire un futuro ai nostri figli.

 


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