Una popolazione fragile, che ha già avuto un forte danno alla salute
Scritto da Gazzetta di Mantova   
sabato 22 dicembre 2007

 (sembra la foto della nostra Piana! La diossina uccide...ogni dose di diossina è una overdose! ndr)

 

 Gazzetta di Mantova

 ..Il verdetto è definitivo, e suona come una condanna. E’ la diossina, insieme ad un altro mix di sostanze inquinanti di origine industriale, ad aver causato i casi di sarcomi dei tessuti molli registrati nella popolazione mantovana residente a Frassino e a Virgiliana. A mettere la parola fine sulla vicenda dell’esposizione alla sostanza tossica e cancerogena prodotta fino agli anni Novanta dall’inceneritore del petrolchimico, è il pool di esperti che ha lavorato alla stesura del Consensus Report...

GIOVEDÌ, 20 DICEMBRE 2007 Gazzetta di Mantova Pagina 11 -

Cronaca di Corrado BInacchi 

Sarcomi, gli esperti condannano il polo chimico 

Il verdetto Asl: diossina e altri veleni responsabili dei tumori in zona industriale  

Il verdetto è definitivo, e suona come una condanna. E’ la diossina, insieme ad un altro mix di sostanze inquinanti di origine industriale, ad aver causato i casi di sarcomi dei tessuti molli registrati nella popolazione mantovana residente a Frassino e a Virgiliana. A mettere la parola fine sulla vicenda dell’esposizione alla sostanza tossica e cancerogena prodotta fino agli anni Novanta dall’inceneritore del petrolchimico, è il pool di esperti che ha lavorato alla stesura del Consensus Report.A distanza di un anno dalla presentazione dei risultati dell’indagine sulla diossina nel sangue dei mantovani, i ricercatori (dell’Asl di Mantova, dell’Univeristà di Milano, dell’Istituto superiore di Sanità e dell’Istituto tumori di Milano) hanno trovato una posizione condivisa, un ‘minimo comun denominatore’. Eccole, allora, le conclusioni dello studio. La posizione unitaria del pool di esperti parte dalla premessa che registra una differenza statisticamente significativa tra le concentrazioni di diossina nel sangue dei residenti nella zona industriale e del centro storico. Non solo. La concentrazione aumenta più ci si avvicina alla fonte inquinante, l’inceneritore ex Montedison, con una sorta di ‘doppio gradino’, dal centro a Frassino e da Frassino a Virgiliana. La task force che ha lavorato al report stima anche la concentrazione di inizio anni Novanta, maggiore rispetto al 2005, di circa un terzo a Virgiliana (84 ppt rispetto ai 55 attuali). L’altra risposta definitiva contenuta nel rapporto riguarda il confronto tra i valori registrati nel campione mantovano e il panorama nazionale e internazionale. «La media mantovana si colloca in posizione medio alta, quella di Virgiliana è più alta ma si colloca all’interno dello stesso ordine di grandezza, senza valori fuori scala». E il nesso di causa tra diossine e sarcomi? Il documento usa la definizione di ‘credibile’ per affermare che non ci sono più dubbi sul fatto che a causare quei tumori nella popolazione della zona industriale sia stata l’esposizione prolungata alla sostanza tossica e cancerogena. O meglio, ad un mix di inquinanti, miscele complesse di varie sostanze chimiche, di chiara origine industriale. La diossina, insomma, ma non solo. Questo spiega, secondo gli esperti, perché la differenza di concentrazione di diossina tra i residenti in centro storico e all’ombra dell’inceneritore non è così alta come la differenza di rischio di ammalarsi di sarcoma, 30 volte in più in zona industriale rispetto al centro. Un’anomalia che non trova riscontri nè a Seveso né a Brescia. Gli esperti chiariscono poi che, essendo le cause di rischio ormai storicamente confinate (ad inizio anni Novanta), non c’è nessuna emergenza sanitaria, anche se chiedono ai medici di famiglia una maggior attenzione a quei pazienti che hanno vissuto a lungo nella zona industriale di Mantova nel periodo critico per l’attività del petrolchimico, tra il 1960 e il 1990. E proprio Gloria Costani, il medico di base che nel 1998 aveva segnalato per prima l’elevato numero di casi di sarcoma in zona industriale, ieri ha lanciato un nuovo allarme. «Tra parenti e vicini di casa dei pazienti malati di sarcoma si stanno verificando molti casi di neoplasie e di malattie autoimmuni. Non so se ci sia un legame con le sostanze inquinanti, ma bisogna tenere gli occhi aperti». 

LE PROSSIME TAPPE 

E nei quartieri più esposti l’indagine bis di via Trento Se la stesura del Consensus Report chiude il capitolo diossina, non conclude l’attività dell’Osservatorio epidemiologico dell’Asl di Mantova. «L’accordo di programma sulle bonifiche del polo chimico - ha spiegato Paolo Ricci, responsabile della struttura di via Trento - prevede infatti un nuovo studio, che verrà condotto insieme al gruppo di lavoro del Consensus Report. Un gruppo che diventerà nostro partner fisso, per continuare a studiare e a monitorare la salute dei mantovani». Del pool di esperti faceva parte anche Lorenzo Tomatis, l’oncologo di fama internazionale scomparso in settembre e al quale ieri i colleghi hanno dedicato un minuto di raccoglimento. Ma come funzionerà la nuova indagine epidemiologica? «Dovremo ricostruire la coorte storica dei residenti nella zona industriale di Mantova nel periodo 1960-1990 - ha spiegato Ricci - e studiarne la mortalità per tutte le cause rispetto ad un’adeguata popolazione di confronto, insieme ad altri indicatori disponibili sullo stato di salute, dall’incidenza dei tumori alle malformazioni congenite fino ad altre patologie. Si tratta insomma di costruire un mosaico con tanti tasselli, per capire cosa sia accaduto a questo persone in termini di salute». Gli ambientalisti: ora il processo per i lavoratori morti in fabbrica Gaddi: fermiamo i nuovi insediamenti a rischio inquinamento  Giudizi positivi sul ‘Consensus Report’ ma anche critiche e richieste di nuovi ed ulteriori approfondimenti per studiare a fondo i livelli di inquinamento dell’area industriale di Mantova. Ad aprire il dibattito è Edoardo Bai, medico del lavoro e membro del comitato scientifico di Legambiente. Bai ha contestato la stima della concentrazione di diossina all’inizio degli anni Novanta tracciata dal pool di esperti. «Secondo me i livelli erano almeno a 120 ppt - ha detto - ed è un dato importante per l’aspetto legale. In procura a Mantova ci sono due denunce, una per i sarcomi e una per le morti dei lavoratori del polo chimico, ed è ora di fare chiarezza sulla eventuali colpe o responsabilità dell’Eni in questa vicenda. Mi auguro quindi che la procura ci faccia il regalo di Natale, tirando le conclusioni e chiedendo di processare i responsabili». «C’è stato una bella inversione di rotta - ha aggiunto Matteo Gaddi, capogruppo del Prc - finalmente viene ammesso che la diossina e le altre sostanze inquinanti hanno causato i tumori. Ora si tratta di individuare quali siano state le altre emissioni inquinanti e di prestare molta attenzione alle nuove iniziative industriali in attesa di autorizzazione, dal rinnovo dell’inceneritore Enichem all’inceneritore EniAmbiente già autorizzato nel 1998 fino al nuovo desolforatore Ies». Viviano Benedini, capogruppo della Lega Nord, si è concentrato invece sugli aspetti sanitari. «La raccomandanzione ai medici di famiglia non basta - ha detto - rischia di essere tardiva. Bisogna impegnare i servizi ospedalieri, e per farlo servono risorse importanti». Giudizi positivi sono arrivati dagli ambientalisti. «E’ un buon lavoro - ha affermato Luca Benedini del Codiamsa - che può essere però completato, ad esempio con ulteriori analisi del sangue in soggetti di diverse fasce di età, che potrebbero aiutare a capire meglio l’evoluzione della concentrazione della sostanza inquinante». Gloria Costanni ha difeso invece l’operato dei medici di base. «La strada non era semplice, ma il lavoro finale dell’Asl è stato buono - ha sottolineato - noi dobbiamo continuare a vigilare mentre le istituzioni dovrebbero chiedersi se la popolazione residente nella zona industriale di Mantova possa sostenere altri insediamenti industriali. Io credo di no. «In effetti - ha concluso Paolo Crosignani, dell’Istituto tumori di Milano - parliamo di una popolazione fragile, che ha già avuto un forte danno alla salute». (co.bi.)

Commenti
Per favore non mischiamo cacca e cioccolata
scritto da ipPaolo, dicembre 22, 2007

Ho visto che ci sono problemi a pubblicare commenti troppo lunghi, ho quindi provveduto a tagliare il più possibile l'articolo che potrete leggere per intero alla fonte: http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_22/rifiuti_napoli_690dfb56-b062-11dc-bb54-0003ba99c53b.shtml

Approfitto per farvi i migliori auguri di buone feste.


In laguna realizzato un grande impianto modello, al Sud è sempre emergenza

.....Cosa ci hanno raccontato, per anni e anni? Che il pattume partenopeo, ammucchiato senza uno straccio di raccolta differenziata così com’è («tale quale», in gergo) non può essere trattato, ripulito, riciclato, trasformato in combustibile e bruciato.
Falso. Succede già. A Venezia. Dove lo stesso tipo di immondizia viene smaltito senza problemi dal più grande impianto europeo di Cdr (Combustibile Derivato dai Rifiuti) che manda in discarica solo il 6% di quello che arriva coi camion e le chiatte. E dov’è l’inceneritore? Dov’è questo mostro orrendo le cui fiamme fanno inorridire i campani che da anni, dipingendosi già avvolti dai fumi neri della morte, si ribellano all’idea di ospitarne qualcuno? A tre chilometri dalle bancarelle del mercato di Marghera. A cinque da Mestre. A otto dal campanile di San Marco. Senza che nessuno, neppure il gruppuscolo ambientalista più duro e puro e amante delle farfalle, abbia mai fatto una manifestazione, un corteo, una marcetta, un cartellone di protesta....
Pare una clinica, l’impianto in riva alla laguna, ai margini di Marghera. La bolzanina «Ladurner» l’ha costruito (dal primo scavo nel terreno al fissaggio degli interruttori elettrici) in dodici mesi.....
....Impianto pulito. Silenzioso. Efficiente. Apparentemente quasi deserto. «Quanti dipendenti? Meno di un centinaio....
....Sei in meno di quanti bivaccano al call-center napoletano del Pan (Protezione ambiente e natura) dove, stando al rapporto della commissione parlamentare, ogni centralinista riceve mediamente una telefonata a testa alla settimana.
..... La Serenissima è infatti una città speciale per almeno due motivi. Il primo è che, scesa nei decenni a 50mila residenti, accoglie ogni anno quasi 20 milioni di turisti (meglio: 20 milioni di presenze giornaliere, per una media di circa 55mila abitanti supplementari al giorno con punte di 150mila) ai quali è praticamente impossibile imporre la raccolta differenziata. Il secondo è che un conto è portar via la campana della carta e del vetro coi camion in terraferma (dove la «differenziata» sta mediamente al 45%) e un altro con le barche nei canali.........
Risultato: le «scoasse» veneziane sono uguali alla «munnezza» napoletana..... ....quando arrivano alle banchine di Marghera potrebbero essere perfettamente confuse con quelle che vengono scaricate dai camion nelle fosse dantesche degli impianti partenopei...
I rifiuti campani, in attesa dei termovalorizzatori.... ...vengono imballati alla meno peggio e ammassati in gigantesche piramidi su terreni comprati a prezzi sempre più folli.... ....sfidando la collera degli abitanti. Collera spesso accesa dalla camorra, che vede a rischio i suoi affari. Che si nutrono proprio dell’emergenza campana. Costata fino ad oggi almeno un miliardo e duecento milioni di euro.
I rifiuti veneziani no, quelli i soldi, agli azionisti pubblici, li fanno guadagnare.
....quest’anno il complesso di Marghera, costato 95 milioni di euro (un dodicesimo dei soldi spesi in Campania) va in attivo. Spiegare come la spazzatura venga «bollita» per una settimana in enormi cassoni («biocelle »), asciugata, sminuzzata, passata al setaccio per separare quello che può essere riciclato tra i metalli, la plastica o la carta, sarebbe lungo. Basti sapere che, mettendo insieme questo lavoro con quello a monte della raccolta differenziata e poi una seconda e una terza operazione di filtraggio, l’impianto veneziano si vanta di mandare in discarica nell’entroterra di Chioggia solo il 6% del pattume trattato. Che dovrebbe essere ridotto entro un paio di anni al 3%. «Anche se puntiamo a ridurlo ancora, fino ad azzerare il ricorso alla discarica ».
Ferri, plastiche e carta vengono venduti sul mercato. La metà del Cdr prodotto e compattato in «brichette » simili a corti bastoncini è ceduto all’Enel che lo brucia al posto del carbone per fare energia. Tutto ciò che può essere usato allo scopo diventa «compost» per fecondare i terreni troppo sfruttati e in fase di desertificazione. E quel che resta, infine, viene bruciato.
Direte: oddio, vicino a Venezia! Esatto: in faccia a Venezia. Senza una protesta. Sotto il controllo dell’Arpav. Con un rapporto giornaliero sui fumi emessi. E sapete cosa salta fuori, a vedere i dati certificati dalle autorità sanitarie? Che un inceneritore di ultima generazione come quello veneziano, tra filtri e controfiltri, sta molto al di sotto dei limiti fissati, che sono da cinque a quindici volte più rigidi rispetto a quelli delle centrali termoelettriche o dei cementifici. Ma c’è di più. Fatti i conti, quel camino che smaltisce ciò che resta dei rifiuti di 300mila abitanti butta nell’aria ogni ora circa 60mila milligrammi di polveri. Pari a quanti ne escono, stando alle tabelle Ue, dai tubi di scappamento di quindici automobili di tipo Euro2. Per non dire di quelle più vecchie, che inquinano infinitamente di più. Direte: e se queste polveri fossero più aggressive? Massì, esageriamo: ogni camino come quello di Marghera inquina come una cinquantina di auto Euro2. E sapete quante ce ne sono, in Campania, di auto così o più vecchie e inquinanti? Oltre 2 milioni e 200mila. Pari a 44mila inceneritori come quello di Marghera.



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Ultimo aggiornamento ( sabato 22 dicembre 2007 )