La Corte di Giustizia Europea condanna l'Italia per l'ampliamento dell'Inceneritore di Brescia
venerd́ 06 luglio 2007

Il 5 luglio 2007 la Corte di Giustizia Europea ha condannato l'Italia nella causa C 255/05 promossa dalla Commissione Europea nel 2005, per non aver sottoposto a procedimento di VIA, ed altro, l'ampliamento dell'inceneritore di Brescia.

Qui di seguito  la parte conclusiva della sentenza  (V. testo  integrale allegato) :
"Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)  Non avendo sottoposto, prima della concessione dell'autorizzazione alla costruzione, il progetto di una «terza
linea» dell'inceneritore appartenente alla società ASM Brescia Spa alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt. da 5 a 10 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici o privati, come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2,
n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.

2)  Non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» del detto inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità competente e non avendo messo a disposizione del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione insieme ad una copia dell'autorizzazione, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 12, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull'incenerimento dei rifiuti.

3)  La Repubblica italiana è condannata alle spese"

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
5 luglio 2007 (*)
«Inadempimento di uno Stato - Valutazione dell'impatto ambientale di
determinati progetti - Recupero dei rifiuti - Realizzazione
della "terza linea" dell'inceneritore di rifiuti di Brescia -
Pubblicità della domanda di autorizzazione - Direttive 75/442/CEE,
85/337/CEE e 2000/76/CE»
Nella causa C?255/05,
avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 226
CE, proposto il 16 giugno 2005,
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. M.
Konstantinidis, in qualità di agente, assistito dagli avv.ti F. Louis
e A. Capobianco, avocats, con domicilio eletto in Lussemburgo,
ricorrente,
contro
Repubblica italiana, rappresentata dal sig. I.M. Braguglia, in
qualità di agente, assistito dal sig. M. Fiorilli, avvocato dello
Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,
convenuta,
sostenuta da
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda du Nord, rappresentato dal
sig. T. Harris, in qualità di agente, assistito dal sig. J. Maurici,
barrister,
interveniente,
LA CORTE (Seconda Sezione),
  [text/html] (Visualizza Anteprima) Elimina questo composta dal
sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, dai sigg. P.
Kūris, J. Makarczyk (relatore), L. Bay Larsen e J.?C. Bonichot,
giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig. R. Grass
vista la fase scritta del procedimento,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l'avvocato generale,
di decidere la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        Con il suo ricorso, la Commissione chiede che la Corte
voglia dichiarare che:
-        non avendo sottoposto, prima della concessione
dell'autorizzazione alla costruzione, il progetto di «terza linea»
dell'inceneritore della società ASM Brescia SpA (in prosieguo:
la «terza linea dell'inceneritore»), impianto di cui all'allegato I
della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente
la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti
pubblici o privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla
direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (GU L 73, pag. 5; in
prosieguo: la «direttiva 85/337»), ad una valutazione di impatto
ambientale a norma degli artt. da 5 a 10 della citata direttiva, e
-        non avendo reso accessibile al pubblico, in uno o più luoghi
aperti al pubblico, per un adeguato periodo di tempo affinché esso
potesse esprimere le proprie osservazioni prima della decisione
dell'autorità competente, la domanda di autorizzazione all'esercizio
della «terza linea» dell'inceneritore di Brescia, e non avendo messo
a disposizione del pubblico la decisione relativa a tale domanda e
una copia dell'autorizzazione,
la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti
dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1, della direttiva 85/337 nonché
dall'art. 12, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 4 dicembre 2000, 2000/76/CE, sull'incenerimento dei rifiuti
(GU L 332, pag. 91).
 Contesto normativo
 La normativa comunitaria
 La direttiva 75/442/CEE
2        L'art. 1 della direttiva del Consiglio 15 luglio 1975,
75/442/CEE (GU L 194, pag. 47), relativa ai rifiuti, come modificata
dalla decisione della Commissione 24 maggio 1996, 96/350/CE (GU L
135, pag. 32; in prosieguo: la «direttiva 75/442»), ha il seguente
tenore:
«Ai sensi della presente direttiva, si intende per:
a)      "rifiuto": qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle
categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;
(.)
d)      "gestione": la raccolta, il trasporto, il recupero e lo
smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni
nonché il controllo delle discariche dopo la loro chiusura;
e)      "smaltimento": tutte le operazioni previste nell'allegato II
A;
f)      "ricupero": tutte le operazioni previste nell'allegato II B;
(.)»
3        L'art. 4 di tale direttiva dispone quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i
rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all'ambiente e in particolare:
-        senza creare rischi per l'acqua, l'aria, il suolo e per la
fauna e la flora;
-        senza causare inconvenienti da rumori od odori;
-        senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare
interesse.
(.)»
4        L'art. 9, n. 1, della detta direttiva è formulato nei
seguenti termini:
«Ai fini dell'applicazione degli articoli 4, 5 e 7 tutti gli
stabilimenti o imprese che effettuano le operazioni elencate
nell'allegato II A debbono ottenere l'autorizzazione dell'autorità
competente di cui all'articolo 6.
(.)».
5        L'art. 10 della medesima direttiva così dispone:
«Ai fini dell'applicazione dell'articolo 4, tutti gli stabilimenti o
imprese che effettuano le operazioni elencate nell'allegato II B
devono ottenere un'autorizzazione a tal fine».
6        L'art. 11, n. 1, della direttiva 75/442 prevede quanto segue:
«Fatto salvo il disposto della direttiva 78/319/CEE (.) possono
essere dispensati dall'autorizzazione di cui all'articolo 9 o
all'articolo 10:
(.)
b)      gli stabilimenti o le imprese che recuperano rifiuti.
Tale dispensa si può concedere solo:
-        qualora le autorità competenti abbiano adottato per ciascun
tipo di attività norme generali che fissano i tipi e le quantità di
rifiuti e le condizioni alle quali l'attività può essere dispensata
dall'autorizzazione
e
-        qualora i tipi o le quantità di rifiuti ed i metodi di
smaltimento o di ricupero siano tali da rispettare le condizioni
imposte all'articolo 4».
7        L'allegato II A della direttiva 75/442,
intitolato «Operazioni di smaltimento», è inteso a ricapitolare le
operazioni di smaltimento così come esse sono effettuate in pratica.
In esso si afferma che, conformemente all'art. 4 di tale direttiva, i
rifiuti devono essere smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo
e senza usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio
all'ambiente.
8        L'allegato II B della medesima direttiva,
intitolato «Operazioni che comportano una possibilità di ricupero»,
mira a ricapitolare le operazioni di recupero così come esse sono
effettuate in pratica. Anche in tale allegato si afferma che,
conformemente all'art. 4 della stessa direttiva, i rifiuti devono
essere recuperati senza pericolo per la salute dell'uomo e senza
usare procedimenti o metodi che possano recare pregiudizio
all'ambiente.
 La direttiva 85/337
9        L'art. 1, nn. 2 e 3, della direttiva 85/337 prevede:
«2.      Ai sensi della presente direttiva si intende per
progetto:
-        la realizzazione di lavori di costruzione o di altri
impianti od opere,
-        altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio,
compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
committente:
il richiedente dell'autorizzazione relativa ad un progetto privato o
la pubblica autorità che prende l'iniziativa relativa a un progetto;
autorizzazione:
decisione dell'autorità competente, o delle autorità competenti, che
conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso.
3.      L'autorità o le autorità competenti sono quelle che gli Stati
membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente
direttiva».
10      Ai sensi dell'art. 2, nn. 1, 2, e 3, primo comma, della
stessa direttiva:
«1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché,
prima del rilascio dell'autorizzazione, per i progetti per i quali si
prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro
natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista
un'autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti
sono definiti nell'articolo 4.
2.      La valutazione dell'impatto ambientale può essere integrata
nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti negli Stati
membri ovvero, in mancanza di queste, in altre procedure o nelle
procedure da stabilire per raggiungere gli obiettivi della presente
direttiva.
(.)
3.      Fatto salvo l'articolo 7, gli Stati membri, in casi
eccezionali, possono esentare in tutto o in parte un progetto
specifico dalle disposizioni della presente direttiva».
11      L'art. 3 della detta direttiva stabilisce quanto segue:
«La valutazione dell'impatto ambientale individua, descrive e valuta,
in modo appropriato, per ciascun caso particolare e conformemente
agli articoli da 4 a 11, gli effetti diretti e indiretti di un
progetto sui seguenti fattori:
-        l'uomo, la fauna e la flora;
-        il suolo, l'acqua, l'aria, il clima e il paesaggio;
-        i beni materiali ed il patrimonio culturale;
-        l'interazione tra i fattori di cui al primo e secondo
trattino».
12      L'art. 4, n. 1, della medesima direttiva prevede quanto segue:
«Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 3, i progetti appartenenti alle
classi elencate nell'allegato I formano oggetto di valutazione ai
sensi degli articoli da 5 a 10».
13      Al punto 10 dell'allegato I della direttiva 85/337 vengono
citati gli impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi
mediante incenerimento o trattamento chimico, quali definiti
nell'allegato II A, punto D 9, della direttiva 75/442, con capacità
superiore a 100 tonnellate al giorno.
 La direttiva 2000/76
14      Ai sensi dell'art. 3, punto 12, della direttiva 2000/76, ai
fini di questa, si intende per:
«"autorizzazione": la decisione o più decisioni scritte da parte
dell'autorità competente che autorizzano l'esercizio dell'impianto a
determinate condizioni che devono garantire che l'impianto sia
conforme ai requisiti della presente direttiva. Un'autorizzazione può
valere per uno o più impianti o parti di essi, che siano localizzati
sullo stesso sito e gestiti dal medesimo gestore».
15      L'art. 4, n. 1, di tale direttiva è redatto come segue:
«Fatto salvo l'articolo [11] della direttiva 75/442/CEE, o l'articolo
3 della direttiva 91/689/CEE, il funzionamento di qualunque impianto
di incenerimento o di coincenerimento è subordinato al rilascio di
un'autorizzazione a svolgere l'attività».
16      L'art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76, relativo
all'accesso alle informazioni e partecipazione del pubblico, è
redatto come segue:
«Fatte salve la direttiva 90/313/CEE del Consiglio e la direttiva
96/61/CE del Consiglio, le domande di nuove autorizzazioni per
impianti di incenerimento e di coincenerimento sono accessibili in
uno o più luoghi aperti al pubblico, quali le sedi di istituzioni
locali (...), per un periodo adeguato di tempo affinché possa
esprimere le proprie osservazioni prima della decisione dell'autorità
competente. La decisione, comprendente almeno una copia
dell'autorizzazione e di qualsiasi suo successivo aggiornamento, è
parimenti accessibile al pubblico».
 La normativa nazionale
17      L'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del
Ministero dell'Ambiente (GURI n. 59 del 15 luglio 1986), ha recepito
la direttiva 85/337 nell'ordinamento italiano. Successivamente,
l'art. 40 della legge 22 febbraio 1994, n. 146, recante disposizioni
in materia di valutazione di impatto ambientale (Supplemento
ordinario alla GURI n. 52 del 4 marzo 1994), ha affidato al governo
italiano il compito di definire, con apposito atto di indirizzo e di
coordinamento, condizioni, criteri e norme tecniche per
l'applicazione della procedura di valutazione di impatto ambientale
ai progetti inclusi nell'allegato II della direttiva 85/337.
18      L'art. 1, n. 3, del decreto del presidente della Repubblica
12 aprile 1996, intitolato «Atto di indirizzo e coordinamento per
l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n.
146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto
ambientale» (GURI n. 210, pag. 28; in prosieguo: il «DPR») dispone:
«Sono assoggettati alla procedura di valutazione di impatto
ambientale i progetti di cui all'allegato A».
19      L'art. 3, n. 1, del decreto del presidente del Consiglio dei
ministri 3 settembre 1999 intitolato «Atto di indirizzo e
coordinamento che modifica ed integra il precedente atto di indirizzo
e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della legge
22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di
valutazione dell'impatto ambientale» (GURI n. 302 del 27 dicembre
1999, pag. 17; in prosieguo: il «DPCM»), che ha modificato la
versione iniziale dell'Allegato A del DPR, è redatto come segue:
«Nell'allegato A al decreto del Presidente della Repubblica in data
12 aprile 1996 le lettere i), l) (...) sono sostituite dalle seguenti:
i)      Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi,
mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere
da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 [GURI n.
38 del 15 febbraio 1997; in prosieguo: il «decreto legislativo»], ad
esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure
semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto
legislativo (.).
l)      Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi,
con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di
[incenerimento] o di trattamento di cui all'allegato B, lettere D2 e
da D8 a D11, ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, del [decreto
legislativo], ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti
alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo
decreto legislativo (...)».
20      Le disposizioni del decreto legislativo, che descrivono le
caratteristiche dei rifiuti e le attività che permettono di
beneficiare della procedura semplificata, sono state adottate ai fini
del recepimento dell'art. 11 della direttiva 75/442.
21      Risulta, in particolare, dall'art. 33, n. 1, del decreto
legislativo, che, fatto salvo il rispetto di talune norme tecniche,
le operazioni di recupero dei rifiuti possono essere intraprese
decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio di attività alla
provincia territorialmente competente.
22      L'art. 33, n. 2, del citato decreto specifica, tanto per i
rifiuti non pericolosi, quanto per i rifiuti pericolosi, il contenuto
delle norme tecniche.
23      Ai termini dell'art. 33, n. 3, di tale decreto legislativo,
la provincia iscrive in un apposito registro le imprese che
effettuano la comunicazione di inizio attività e, entro il termine di
cui al n. 1, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei
requisiti richiesti.
24      Infine, risulta dall'art. 33, n. 4, del decreto legislativo
che, qualora la provincia accerti il mancato rispetto delle norme
tecniche e delle condizioni di cui al n. 1, dispone con provvedimento
motivato il divieto di inizio ovvero di prosecuzione dell'attività,
salvo che l'interessato non provveda a conformare dette attività ed i
suoi effetti alla normativa vigente entro il termine prefissato
dall'amministrazione.
 Il procedimento precontenzioso
25      Con lettera del 28 aprile 2003, la Commissione richiedeva
informazioni alla Repubblica italiana, in particolare
sull'applicazione alla «terza linea» dell'inceneritore delle
procedure previste dalle direttive 85/337 e 2000/76.
26      Tale Stato membro precisava, da un lato, di aver escluso il
progetto di «terza linea» dell'inceneritore dal procedimento di
valutazione dell'impatto ambientale, in quanto esso rientrava
nell'eccezione di cui all'allegato A, lett. l), del DPR, come
modificato dal DPCM, e, dall'altro, di aver proceduto a diversi atti
di pubblicità e a misure di consultazione conformemente all'art. 12
della direttiva 2000/76.
27      Alla luce delle risposte così fornite dalla Repubblica
italiana, giudicate insoddisfacenti, la Commissione avviava il
procedimento precontenzioso con l'invio di una lettera di diffida
datata 19 dicembre 2003.
28      Con lettera dell'8 giugno 2004, le autorità italiane
competenti rendevano nota la volontà del gestore della «terza linea»
dell'inceneritore di sottoporre quest'ultima, la cui messa in
servizio era stata autorizzata nel dicembre 2003, ad una valutazione
d'impatto ambientale.
29      In seguito, con parere motivato del 9 luglio 2004, la
Commissione invitava la Repubblica italiana ad adottare le misure
necessarie per conformarsi, in particolare, agli obblighi derivanti
dalla direttiva 85/337 entro un termine di due mesi dalla data di
ricevimento di detto parere.
30      In una lettera del 31 gennaio 2005, la Repubblica italiana
confermava che il gestore della «terza linea» dell'inceneritore aveva
presentato formale richiesta di valutazione dell'impatto ambientale,
pubblicata in data 11 dicembre 2004. In seguito, con lettera del 3
maggio 2005, essa produceva taluni documenti sullo stato di
avanzamento del procedimento di valutazione in corso e indicava che
quest'ultimo era in via di completamento.
31      La Commissione, avendo ritenuto insoddisfacente la posizione
adottata dal governo italiano nelle summenzionate lettere di
risposta, ha proposto il presente ricorso ai sensi dell'art. 226 CE,
secondo comma.
 Sul ricorso
 Sulla ricevibilità
 Argomenti delle parti
32      La Repubblica italiana sostiene che il ricorso della
Commissione è irricevibile per mancanza di interesse ad agire da
parte di quest'ultima. La Commissione non avrebbe, infatti, alcun
interesse ad esigere l'adempimento di un obbligo già adempiuto.
Pertanto, in ragione del giudizio positivo circa la compatibilità
ambientale della «terza linea» dell'inceneritore che risulterebbe dal
decreto interministeriale 3 giugno 2005, adottato a conclusione del
procedimento di valutazione avviato nelle condizioni ricordate al
punto 30 della presente sentenza, il ritardo nell'effettuazione della
valutazione dell'impatto ambientale non avrebbe provocato alcun
pregiudizio all'ambiente. Vi sarebbe stata esclusivamente una
situazione di illegittimità formale connessa all'assenza di
valutazione dell'impatto ambientale, cui sarebbe stato posto rimedio.
33      La Repubblica italiana aggiunge che la Commissione esige il
rispetto di obblighi illogici e pertanto ha commesso un eccesso di
potere agendo in violazione dei principi di buona amministrazione e
di proporzionalità.
34      La Commissione osserva che essa mantiene un interesse
diretto, specifico e concreto nella presente causa. A tale proposito,
riguardo all'interesse a proseguire l'azione a seguito della
violazione della direttiva 85/337, essa sostiene che poco importa che
le autorità competenti abbiano effettuato una valutazione
dell'impatto sull'ambiente della «terza linea» dell'inceneritore,
poiché ciò non risponde agli obblighi della detta direttiva in quanto
è prima del rilascio dell'autorizzazione che i progetti che possono
avere un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro
natura, le loro dimensioni e la loro ubicazione, devono essere
sottoposti ad un procedimento di autorizzazione e ad una valutazione
di tale impatto.
35      Secondo la Commissione, la sola volontà del gestore
della «terza linea» dell'inceneritore di sollecitare la
sottoposizione di tale impianto ad una valutazione di impatto
ambientale, mentre tale impianto era già stato realizzato e messo in
funzione, è, di conseguenza, indifferente, in quanto la domanda di
valutazione è stata presentata solo il 7 dicembre 2004 e si è
proceduto a tale valutazione solo dopo la scadenza del termine
impartito nel parere motivato.
36      Peraltro, la Commissione fa osservare che, secondo una
giurisprudenza costante della Corte, nell'esercizio delle competenze
di cui è investita in forza dell'art. 226 CE, la Commissione non è
tenuta a dimostrare il proprio specifico interesse ad agire.

Giudizio della Corte

cl37      Risulta da costante giurisprudenza che, nell'esercizio
delle competenze di cui è investita in forza dell'art. 226 CE, la
Commissione non è tenuta a dimostrare il proprio interesse ad agire.
La Commissione ha, infatti, il compito di vigilare d'ufficio e
nell'interesse generale, sull'applicazione, da parte degli Stati
membri, del diritto comunitario e di far dichiarare l'esistenza di
eventuali inadempimenti degli obblighi che ne derivano, allo scopo di
farli cessare (v. sentenze 1º febbraio 2001, causa C?333/99,
Commissione/Francia, Racc. pag. I?1025, punto 23; 2 giugno 2005,
causa C?394/02, Commissione/Grecia, Racc. pag. I?4713, punti 14 e 15
nonché giurisprudenza ivi citata, e 8 dicembre 2005, causa C?33/04,
Commissione/Lussemburgo, Racc. pag. I?10629, punto 65).
ass=123381415-05072007>Ricevo da  Bruxelles  (Roberto
Lopriore),  e giro,   la sentenza di  condanna
dell'italia 
da parte della Corte di Giustizia   europea  sugli
inadempimenti
riguardo  la terza linea dell'inceneritore di Brescia,</SPAN></P>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><FONT face=Arial size=2><SP38     
Peraltro, spetta alla Commissione valutare l'opportunità di agire
contro uno Stato membro, determinare le disposizioni che esso avrebbe
violato e scegliere il momento in cui inizierà il procedimento per
inadempimento nei suoi confronti, mentre le considerazioni sulle
quali si fonda tale decisione non possono avere alcuna incidenza
sulla ricevibilità del ricorso (v. sentenze 18 giugno 1998, causa C?
35/96, Commissione/Italia, Racc. pag. I?3851, punto 27, e
Commissione/Lussemburgo, cit., punto 66).
AN
class=123381415-
05072007>        
Ciao,</SPAN></FONT></DIV>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><FONT 39      A tale riguardo, la Corte
è tenuta ad accertare se l'inadempimento contestato sussista o meno,
senza che le spetti pronunciarsi sull'esercizio del potere
discrezionale della Commissione (v., in particolare, sentenza 13
giugno 2002, causa C?474/99, Commissione/Spagna, Racc. pag. I?5293,
punto 25, e Commissione/Lussemburgo, cit., punto 67).
face=Arial size=2><SPAN
class=123381415-
05072007>        
Sergio</SPAN></FONT></DIV>
<DIV style="FONT: 10pt arial"><FONT face=Arial size=2><SPAN
class=123381415-
05072007>         PS
: Qui di seguito  la parte conclusiva della sentenza 
(V.
testo  integrale allegato) :</SPAN></FONT></DIV></SPAN>
<P class=MsoNormal style="MARGIN: 24pt 0cm 12pt 1cm">40      In ogni
caso, anche supponendo che la realizzazione di una valutazione a
posteriori dell'impatto sull'ambiente della «terza linea»
dell'inceneritore sia di natura tale da far cessare l'inadempimento
censurato, è giocoforza constatare che una valutazione di tal genere
non era stata avviata alla scadenza del termine stabilito nel parere
motivato, data in relazione alla quale la situazione dello Stato
membro deve essere esaminata per valutare l'esistenza di un
inadempimento (v., in particolare, sentenza 14 luglio 2005, causa C?
433/03, Commissione/Germania, Racc. pag. I?6985, punto 32).
41      Dalle considerazioni che precedono risulta che l'eccezione di
irricevibilità relativa alla mancanza di interesse ad agire della
Commissione deve essere respinta.
 Nel merito
42      A sostegno del proprio ricorso la Commissione fa valere due
censure.
 Sulla prima censura, relativa alla violazione degli artt. 2, n. 1, e
4, n. 1, della direttiva 85/337
-       Argomenti delle parti
43      Secondo la Commissione, la «terza linea» dell'inceneritore,
classificata come impianto che effettua operazioni di ricupero ai
sensi dell'allegato II B della direttiva 75/442, con capacità
superiore a 100 tonnellate al giorno, ricade nell'ambito di
applicazione dell'allegato I, punto 10, della direttiva 85/337 e, di
conseguenza, avrebbe dovuto essere sottoposta al procedimento di
valutazione di impatto ambientale prima di essere autorizzata e poi
costruita. La Commissione rileva che, se il progetto non è stato
oggetto di una valutazione di impatto ambientale, è a causa della
normativa italiana stessa, che non prevede l'assoggettamento ad una
tale valutazione degli impianti di trattamento dei rifiuti sottoposti
alle procedure semplificate.
44      La Commissione aggiunge che, escludendo dalle procedure di
valutazione di impatto ambientale gli impianti che effettuano
operazioni di recupero dei rifiuti grazie ad un'autorizzazione
concessa con procedura semplificata, il DPCM viola gli obblighi che
derivano dalla direttiva 85/337.
<SPAN
style="FONT-SIZE: 9pt; COLOR: #000066; FONT-FA45      La Repubblica
italiana nega l'esistenza dell'inadempimento censurato e ribadisce, a
sua difesa, gli argomenti da essa esposti nella causa che ha dato
luogo alla sentenza 23 novembre 2006, causa C?486/04,
Commissione/Italia (Racc. pag. I?11025).
46      Così, essa sostiene, in via principale, che, in quanto
la «terza linea» dell'inceneritore procede al recupero dei rifiuti ed
è sottoposta alle procedure semplificate di cui agli artt. 31 e 33
del decreto legislativo, adottati per recepire l'art. 11 della
direttiva 75/442, essa è sottratta alla procedura di valutazione di
impatto ambientale. Stabilendo, da un lato, un collegamento tra la
direttiva 85/337 e la direttiva 75/442 riguardo ai termini tecnici
usati in materia di rifiuti e riferendosi, dall'altro, al testo
stesso dell'allegato I, punto 10, e a quello dell'allegato II, punto
11, lett. b), della direttiva 85/337, che menzionano solo la nozione
di smaltimento dei rifiuti, la Repubblica italiana ritiene che tale
ultima direttiva escluda dal suo ambito di applicazione gli impianti
che procedono al recupero di questi ultimi.
47      La Repubblica italiana sostiene anche che la finalità delle
modifiche apportate dalla direttiva 91/156 alla direttiva 75/442 era
quella di stabilire una terminologia comune e una definizione
armonizzata dei rifiuti che permettesse di ravvicinare, sia sul piano
comunitario sia su quello nazionale, le differenti norme che
concernono i rifiuti. Ne conseguirebbe che, quando la direttiva 97/11
menziona la nozione di rifiuti, i termini e le definizioni che essa
impiega debbono essere mutuati dalla disciplina propria di settore,
cioè dalla direttiva 91/156.
48      Tale Stato membro aggiunge che, dal momento che in materia di
recupero dei rifiuti le emissioni non oltrepassano i limiti
autorizzati dalla normativa comunitaria, non è necessario procedere
all'applicazione del procedimento di valutazione in quanto il
recupero dei rifiuti ha esso stesso l'obiettivo di proteggere
l'ambiente.
49      Con memoria di intervento del 7 aprile 2006, il Regno Unito
di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sostiene le conclusioni della
Repubblica italiana in merito alla prima censura.
-       Giudizio della Corte
50      A titolo preliminare, occorre rilevare che, nella citata
sentenza 23 novembre 2006, Commissione/Italia, la Corte ha dichiarato
che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le
incombono in forza degli artt. 2, n. 1, e 4, nn. 1, 2 e 3, della
direttiva 85/337, avendo adottato l'art. 3, n. 1, del DPCM, il quale
consente che i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi
e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con
capacità superiore a 100 tonnellate al giorno, rientranti
nell'allegato I della stessa direttiva e che sono oggetto di una
procedura semplificata ai sensi dell'art. 11 della direttiva 75/442,
siano sottratti alla procedura di valutazione di impatto ambientale
prevista ai detti artt. 2, n. 1, e 4, n. 1.
51      L'inadempimento contestato dalla Commissione nella presente
censura è solo la conseguenza dell'applicazione ad un caso
particolare della normativa nazionale che, come è stato esposto al
precedente punto, è già stata considerata contraria al diritto
comunitario.
52      Infatti, l'applicazione di tale normativa, che esclude
l'assoggettamento alla procedura di valutazione di impatto ambientale
degli impianti per il recupero dei rifiuti rientranti nell'ambito di
applicazione delle procedure semplificate previste agli artt. 31 e 33
del decreto legislativo, ha avuto il risultato di dispensare dallo
studio sull'impatto ambientale la «terza linea» dell'inceneritore,
mentre quest'ultima rientra nella categoria degli impianti di
smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante incenerimento o
trattamento chimico con capacità superiore a 100 tonnellate al
giorno, previsti all'allegato I, punto 10, della direttiva 85/337. In
quanto tale, la «terza linea» dell'inceneritore avrebbe dovuto essere
assoggettata, prima di essere autorizzata, alla procedura di
valutazione del suo impatto ambientale, posto che i progetti
rientranti nel detto allegato I devono essere sottoposti ad una
valutazione sistematica a norma degli artt. 2, n. 1, 4, n. 1, e da 5
a 10 di tale direttiva (v. sentenza 23 novembre 2006,
Commissione/Italia, cit., punto 45).
53      Tenuto conto di quanto precede, occorre dichiarare che, non
avendo sottoposto, prima della concessione dell'autorizzazione alla
costruzione, il progetto di «terza linea» dell'inceneritore alla
procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli artt.
da 5 a 10 della direttiva 85/337, la Repubblica italiana è venuta
meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2, n. 1, e 4, n. 1,
di tale direttiva.
 Sulla seconda censura, relativa ad una violazione dell'art. 12, n.
1, della direttiva 2000/76
-       Argomenti delle parti
54      La Commissione contesta alla Repubblica italiana il fatto di
non aver proceduto alla pubblicazione della domanda di autorizzazione
all'esercizio della «terza linea» dell'inceneritore, né a quella del
relativo provvedimento d'autorizzazione, e ciò in violazione delle
disposizioni dell'art. 12 della direttiva 2000/76.
55      La Repubblica italiana ha sostenuto durante il procedimento
precontenzioso che l'art. 12 non si applica alla presente fattispecie
in quanto non è stata presentata alcuna domanda di autorizzazione
all'esercizio per la detta «terza linea». Quest'ultima è stata
oggetto solo di una comunicazione di inizio attività il 24 luglio
2003, in conformità alla procedura stabilita dal decreto legislativo.
-       Giudizio della Corte
56      Risulta dall'art. 33, n. 1, del decreto legislativo che
l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti può essere
intrapreso decorsi 90 giorni dalla comunicazione di inizio attività
alla provincia territorialmente competente. Entro tale termine, ai
sensi del n. 3 dello stesso articolo, le autorità provinciali
interessate verificano d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei
requisiti richiesti perché possa procedersi al recupero.
57      Nella fattispecie, la «terza linea» dell'inceneritore ha
formato oggetto, nell'ambito della procedura semplificata istituita
dal decreto legislativo, di una comunicazione di inizio attività in
data 24 luglio 2003. Tale comunicazione è stata seguita da due
decisioni adottate dalle autorità provinciali competenti: un divieto
di inizio attività il 21 ottobre 2003 e, successivamente,
un'autorizzazione, il 19 dicembre 2003.
58      Risulta peraltro dall'art. 12, n. 1, della direttiva 2000/76
che le domande di nuove autorizzazioni devono essere rese accessibili
in luoghi aperti al pubblico per un adeguato periodo di tempo al fine
di consentire al pubblico di esprimere le proprie osservazioni prima
della decisione dell'autorità competente. Tale decisione,
comprendente almeno una copia dell'autorizzazione e di qualsiasi suo
successivo aggiornamento, deve essere parimenti accessibile al
pubblico.
59      Lo scopo di tale disposizione, come risulta in particolare
dal trentunesimo `considerando' della direttiva 2000/76, è quello di
assicurare la trasparenza del processo di autorizzazione, permettendo
al pubblico di essere coinvolto nelle decisioni da prendere in
seguito alle domande relative a nuove autorizzazioni.
60      Pertanto si deve ritenere che la nozione di domanda di nuova
autorizzazione debba ricevere un'accezione tale da rispondere
pienamente alla finalità perseguita dall'art, 12, n. 1, della
direttiva 2000/76. Pertanto, tale nozione deve essere intesa in senso
lato come comprendente ogni procedimento assimilabile ad un
procedimento per la concessione del permesso o dell'autorizzazione.
61      La comunicazione di inizio attività menzionata al punto 56
della presente sentenza, cui ha dato luogo la «terza linea»
dell'inceneritore, alla luce delle sue caratteristiche e in
particolare del ruolo riservato alle autorità provinciali, deve
essere assimilata ad una domanda di nuova autorizzazione ai sensi
della direttiva 2000/76.
62      In quanto tale, la citata comunicazione avrebbe dovuto essere
resa accessibile, in uno o più luoghi aperti al pubblico, per un
adeguato periodo di tempo affinché il pubblico potesse esprimere le
proprie osservazioni dirette alle autorità provinciali competenti
prima della scadenza del termine di 90 giorni impartito a queste
ultime per verificare se sono soddisfatte le condizioni di legge
richieste per poter procedere al recupero. Orbene, è accertato che,
in violazione delle disposizioni dell'art. 12, n. 1, della direttiva
2000/76, la comunicazione di cui trattasi non è stata oggetto di
alcuna misura di pubblicità.
63      Inoltre, neanche le differenti decisioni adottate
dall'autorità provinciale interessata per quanto riguarda la «terza
linea» dell'inceneritore, cioè il divieto di inizio attività e
l'autorizzazione, menzionati al precedente punto 57, sono state messe
a disposizione del pubblico, contrariamente alle prescrizioni dello
stesso articolo.
64      Alla luce di quanto precede, occorre dichiarare che, non
avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al pubblico la
comunicazione di inizio attività della «terza linea»
dell'inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il
pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della
decisione dell'autorità competente e non avendo messo a disposizione
del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione
insieme ad una copia dell'autorizzazione, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 12,
n. 1, della direttiva 2000/76.
 Sulle spese
65      Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il
soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda.
Poiché la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica
italiana, che è rimasta soccombente, quest'ultima dev'essere
condannata alle spese.
66      Conformemente all'art. 69, n. 4, dello stesso regolamento, il
Regno Unito sopporta le proprie spese.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:
1)      Non avendo sottoposto, prima della concessione
dell'autorizzazione alla costruzione, il progetto di una «terza
linea» dell'inceneritore appartenente alla società ASM Brescia Spa
alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dagli
artt. da 5 a 10 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985,
85/337/CEE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di
determinati progetti pubblici o privati, come modificata dalla
direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE, la Repubblica
italiana è venuta meno agli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 2,
n. 1, e 4, n. 1, di tale direttiva.
2)      Non avendo reso accessibile in uno o più luoghi aperti al
pubblico la comunicazione di inizio attività della «terza linea» del
detto inceneritore per un adeguato periodo di tempo affinché il
pubblico potesse esprimere le proprie osservazioni prima della
decisione dell'autorità competente e non avendo messo a disposizione
del pubblico stesso le decisioni relative a tale comunicazione
insieme ad una copia dell'autorizzazione, la Repubblica italiana è
venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell'art. 12,
n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 4
dicembre 2000, 2000/76/CE, sull'incenerimento dei rifiuti.
3)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.
4)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta
le proprie spese.

Commenti
l'impianto preso a modello
scritto da **, luglio 07, 2007

Alessandro Iacuelli, il fisico e giornalista che ha pubblicato il libro "Le vie infinite dei rifiuti, il sistema campano", è stato a far visita all'inceneritore/termovalorizzatore di Brescia, dell'ASM.



Il resoconto completo è a questo indirizzo: http://alex321.splinder.com/post/12201764



Ho copiato un breve passo sulla diossina.



E finalmente arriva la slide tanto agognata: quella delle emissioni. E qui casca l'asino. All'ultimo rigo c'è scritto: TCDD 0,1 nanogrammicubi.
Alzo la mano.
Io: "Vedo all'ultimo rigo dell'elenco che c'è una quantità non nulla di tetraclorodibenzo-p-diossina (è vecchio il trucco di chiamarla TCDD), ma non aveva detto che di diossine non ce ne sono?"
Lui: "Beh, lo zero assoluto non esiste".
Io: "No scusi, non capisco. Mi ha detto che la temperatura è di 1150 gradi centrigradi..."
Lui: "Certo!"
Io: "Ma da questi numeri che vedo sulla slide, si vede che la temperatura media è attorno agli 850 gradi. Sono fumi da combustione a circa 850 gradi".
Lui: "Sì perchè le scorie che cadono... " e glissa la domanda mettendosi a parlare delle scorie!!!
Io: "No scusi, ma la domanda era un'altra. La temperatura non è costante lungo la griglia.."
Lui: "Certo! Infatti quando raccogliamo le scorie..." e giù con i camion che vanno in Germania. No, non ci siamo. Glissa ancora!
Io: "Le sto dicendo che il vostro forno ha temperatura media a 850 gradi, per cui non è vero che eliminate la diossina."
Lui: "Ma... le ho detto all'inizio che sono 1150!"
Io: "1150 è quella massima, poi la griglia è inclinata, i rifiuti rotolano lungo la griglia a temperature inferiori, e si produce diossina."
Lui: "Ma no, ma quale diossina.. le ripeto, lo zero assoluto non esiste".
Io: "Certo che esiste. Poco sopra gli 850 gradi la molecola di TCDD si rompe, voi siete al di sotto."
E qui succede l'assurdo. Il relatore perde i nervi e mi sbraita: "Lei dice 850 gradi? Ed io le dico questa informazione se la tenga per lei!"






busy
Ultimo aggiornamento ( venerd́ 06 luglio 2007 )