Formaldeide, una quasi innocua sostanza pericolosa
Scritto da msirca   
venerdì 20 aprile 2007

 (in occasione della "fumata" rosa dell'inceneritore  zuzzerellone di Ospedaletto (PI), è stata fatta anche l'ipotesi che si potesse trattare di formaldeide... naturalmente le analisi sarebbero state poi tranquillizzanti, come rassicuranti sono state le risultanze rispetto alla nube nera dell'incendio alla De Longhi: in questo caso la diossina, c'è, anzi no scusate... non c'è, e invece c'è come qualcuno ha dovuto ammettere nelle ultima analisi....ndr)

 http://www.greenreport.it:80/contenuti/leggi.php?id_cont=7041

Formaldeide, una quasi innocua sostanza pericolosa

LIVORNO. L’associazione consumatori Aduc – in occasione della 46ma edizione del mobile alla Fiera di Milano (Rho) – ha messo in rete un decalogo con alcuni consigli per gli acquisti. In particolare ha segnalato il problema della formaldeide, una sostanza usata nella produzione delle resine e che trova impiego nelle schiume isolanti, negli adesivi, nel tessile. «In pratica – scrive l’Aduc - la formaldeide è presente nei materiali di costruzione, nell´arredamento domestico, nei vestiti e nei cosmetici. La maggior parte degli agglomerati o compensati di legno contiene formaldeide, che viene rilasciata nel corso degli anni. Una indagine, condotta dalla rivista di consumatori francese Que Choisir, ha evidenziato livelli inquietanti di formaldeide nelle abitazioni suscettibili di provocare irritazione degli occhi, della pelle, delle vie respiratorie e crisi di asma. Il Centro internazionale di ricerca sul cancro (F) ha definitivamente classificato la formaldeide come cancerogeno certo per l´uomo».

«L´attività cancerogena – aggiunge - riguarda in particolare le prime vie aeree (rino-faringe, fosse nasali, seni paranasali). Cosa fare? Per coloro che già hanno acquistato mobili il consiglio è quello di aerare il più possibile, tenendo aperte le ante o i cassetti dei mobili. Per i cittadini che non vogliono correre rischi consigliamo l´acquisto di mobili senza formaldeide. Esistono e sono certificati, ed è bene che i consumatori, che vogliono tutelare la propria salute, inizino a indirizzare il mercato».

Abbiamo approfondito l’argomento con Elio Cocchi, chimico libero professionista consigliere dell’ordine dei chimici della Toscana ed esperto nel settore del tessile.

Cocchi, la formaldeide è davvero così pericolosa?
«Diciamo che, pur con qualche posizione contraria, è ritenuta da una larga maggioranza di esperti cancerogena».

Perché allora non è vietata?
«Guardi, oggi praticamente non si usa più. Almeno in Europa, perché in Cina se ne fregano abbastanza. Ben difficilmente infatti, troverà scritto che un prodotto contiene formaldeide. Piuttosto viene usata abbastanza spesso nei processi produttivi ad esempio nelle resine per i tessuti e quindi si può liberare quando il prodotto è finito. E qui è difficile stabilire quanta ce ne sia, e quanto una persona rischia di respirarne. Sono moltissimi i prodotti che hanno quindi la formaldeide come sottoprodotto, ma è una quantità che dovrebbe essere contenuta. Se il processo è condotto bene – ma purtroppo spesso non lo è – questo rilascio non dovrebbe proprio esserci».

Quindi le persone non possono difendersi?
«Onestamente credo che non ci siano in realtà grossi rischi per le persone, perché la formaldeide viene rilasciata quasi subito dai prodotti, quindi semmai il problema è per chi lavora nel tessile ad esempio e nel legno. Gli esercenti che magari aprono per primi una confezione. A questi, se c’è, gli arriva subito in faccia. Basterebbe che quei prodotti restassero per qualche tempo a stagionare e il problema non sussisterebbe. Invece, appena finiti, vengono impacchettati col cellophane e quindi se c’è rilascio resta dentro la confezione. Una volta anch´io ho comprato una cameretta per mia figlia e mi accorsi a casa che si stava liberando formaldeide, quindi tenni aperte le finestre per qualche tempo. E´ l´unica cosa che si può fare in questo caso».

Controllare questa cosa, quindi, è difficile. Ma il Reach può essere utile?
«E’ un problema controllare questi prodotti e anche il Reach credo che ci possa fare poco. Le ripeto, nessuno scrive più che la formaldeide è presente nel prodotto. Però va detto che i rischi sono contenuti. I giapponesi hanno le norme più severe e ci stanno attentissimi, mentre in Cina non si pongono credo neppure il problema. Comunque penso che si possa fare ancora qualcosa per migliorare questa situazione, migliorando il processo e riducendo ogni liberazione di formaldeide».

Dunque quando questi prodotti, siano essi legno siano tessuti o altro, finiscono nella spazzatura non hanno più la formaldeide.
«Esatto, una volta liberata nell’aria non c’è più e questo avviene abbastanza in fretta».

Commenti
http://qn.quotidiano.net/2007/04/20/7067-treviso_diossina.shtml
scritto da C. Rano, aprile 20, 2007

IL NOSTRO REPORTAGE
Treviso: "La diossina
tre volte superiore
al limite consentito"

Dopo l'incendio alla De Longhi le rilevazioni dell'aria creano nuove preoccupazioni: registrati 270 picogrammi per metro cubo contro i 100 di soglia



TREVISO 20 aprile 2007 - Dopo l’inferno di fuoco e fumo, la notte acida. Avevano ragione i carabinieri del Noe, velatamente accusati di aver ingenerato nella popolazione i germi dell’allarmismo per il disastro alla De Longhi.

Le rilevazioni effettuate nell’aria la mezzanotte di mercoledì hanno individuato una concentrazione di diossine quasi tre volte superiore al limite di emissioni massime consentito agli inceneritori: 270 picogrammi per metro cubo (contro i 100 di soglia), scesi a 240 un’ora più tardi.
L’ARPAV sostiene che la situazione è comunque sotto controllo, che non vi sono ricadute per la salute della popolazione, perché i veleni sprigionati dall’incendio sono comunque stati «diluiti dalla turbolenza atmosferica», ma la preoccupazione resta.
E all’indomani altro fuoco nella provincia di Treviso: brucia a Cordignano la ‘Cordigomme e piume’, azienda produttrice di materassi. Un solo lavoratore ustionato a una mano. Altri mezzi di vigili del fuoco sfrecciano a sirene spiegate dall’altra parte della città, per spingersi poi trenta chilometri oltre. Un secondo incidente più tardi, a Cison di Valmarino. Stavolta si tratta di materie plastiche, della Sat Plast.

LA GENTE non si sente affatto tranquilla. Dopo la grande paura, le paure che scavano, un po’ alla volta. Da dentro. A innescare la voracità bulimica delle fiamme alla De Longhi potrebbe essere stato un incidente nella manutenzione al soffitto del capannone, perché per l’ intervento di impermeabilizzazione del tetto si richiedeva l’uso di fiamme libere: errore umano, non un cortocircuito.

ALL’INDOMANI del rogo apocalittico allo stabilimento a poche centinaia di metri dalle mura che cingono il centro storico di Treviso, l’ipotesi più credibile sembra appunto quella dell’errore umano. Il procuratore Antonio Fojadelli non conferma né smentisce. L’indagine sarà lunga e difficile. Prima gli accertamenti dei vigili del fuoco, che ancora ieri mattina erano sul posto per spegnere gli ultimi focolai, i tecnici, la ricognizione delle testimonianze, poi i risultati delle perizie. Sono tanti gli interrogativi che dovranno trovare una risposta, a cominciare dall’efficienza del sistema antincendio.
Quello che ha funzionato sono stati invece i depuratori aziendali che hanno impedito l’inquinamento del Sile e le procedure di evacuazione dello stabilimento che dà lavoro a circa 800 operai. Non andranno in cassa integrazione, come si temeva, perché le linee di produzione distrutte saranno trasferite a breve nello stabilimento di Mignagola, sempre nella periferia di Treviso.

MA QUELLO che si legge nelle facce dei trevigiani, non solo di chi abita a ridosso dello stabilimento, è che c’è una vittima in questa brutta storia di paura nera come il gigantesco fungo di gas, miasmi e veleni che si è levato sopra le loro teste: la credibilità delle istituzioni.
Dubita, la gente, delle rassicurazioni dei politici sui monitoraggi di aria e acqua, dubita degli stessi tecnici che hanno scongiurato rischi per la popolazione, pur ammettendo che tra i 20 chilometri che dividono Treviso da Montebelluna, «c’è l’inquinamento atmosferico tipico di una cittadina».

CITTADINA sconosciuta al catasto, invisibile tra le campagne, intercettata soltanto dalle apparecchiature di precisione. Di mattina l’aria ieri era quasi irrespirabile, peggio del giorno prima, forse perché era girato quel vento che invece mercoledì, spirando in direzione opposta, a Nord-Ovest, ha scongiurato che le fiamme aggredissero anche le due palazzine del centro operativo che tiene in vita la De Longhi.
Lo scetticismo della gente e il timore si potevano concretamente misurare anche al pronto soccorso dell’ospedale, dove si è presentata gente che accusava difficoltà respiratorie, o nelle 10 mila mascherine protettive andate a ruba in poche ore nelle farmacie.

DUE SCUOLE, che hanno sede nei pressi dell’area colpita dall’incendio, una materna e una elementare, rimarranno chiuse fino a sabato. Le altre erano aperte. La De Longhi, visitata mentre i pompieri erano ancora all’opera con gli idranti per domare le ultime lingue di fuoco, offriva un’immagine spettrale.
I residenti delle villette e piccoli condomini che si affacciano su via Steit, in piedi sulle soglie delle loro case o vicino al cancello, chi con la mascherina sulla bocca, chi senza, guardavano in fondo alla strada, in silenzio, gli occhi in quel silenzio perso, parenti in anticamera davanti alla porta chiusa di un reparto di Rianimazione.

GUARDAVANO tutti là, verso il capannone distrutto, verso quell’enorme tetto ripiegato risucchiato sul pavimento dalla forza devastante delle fiamme. Un ammasso di macerie fumanti.
Il peggior accostamento immaginabile al piccolo parco giochi, agli scivoli e alle altalene, all’unica chiazza di verde scampata in quella che una volta era aperta campagna, trenta metri prima dell’ingresso della fabbrica. Nell’aria l’odore acre e insopportabile di plastica bruciata, o di chissà cosa. Gli occhi che bruciano.

dall'inviato Lorenzo Sani



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Ultimo aggiornamento ( mercoledì 02 aprile 2008 )