Chimica di una telefonata |
Scritto da msirca | |
sabato 14 aprile 2007 | |
http://www.buonpernoi.it/ViewDoc.asp?ArticleID=7296 Chimica di una telefonata Radio, bluetooh, lettore Mp3, fotocamera digitale integrata... Cosa chiedere di più al nostro caro cellulare? Beh, una cosa ci sarebbe: un po’ più di ecologia.
Un telefono pensato per “telefonare” è ormai pura preistoria perché grazie alle nuove tecnologie col nostro cellulare possiamo effettuare un’ampissima gamma di operazioni in assoluta comodità: inviare fax e file di ogni tipo, ascoltare musica, navigare in internet e gestire la posta elettronica. Per non parlare poi degli ultimissimi modelli che, dotati di vero e proprio zoom ottico e autofocus, permettono persino di fare fotografie ad alta risoluzione o filmati con una ripresa ottimale dell’immagine. Il futuro è a portata di mano e lo portiamo con noi in ogni momento della giornata. Tuttavia innovazione e comodità non sempre sono sinonimi di rispetto per l’ambiente e per l’uomo. Basti infatti pensare che tra i componenti preferiti per la produzione dei nostri amati telefonini spiccano infatti il ben noto PVC e i ritardanti di fiamma bromurati, che sono composti usati per evitare o ritardare l’estendersi di fiamme in caso di incendio. E fin qui niente da dire, il nostro cellulare avrebbe quindi più probabilità di salvarsi se dovesse trovarsi improvvisamente in mezzo alle fiamme ardenti. Il punto sta invece nel fatto che questi composti, comunemente utilizzati in molti settori industriali per la produzione di imballaggi di plastica, altro non sono che i parenti stretti dei PCB, divenuti famosi per aver contaminato i polli belgi e che manifestano una certa tendenza a legarsi alla materia “grassa”, cioè il nostro adipe corporeo. Chiare dimostrazioni scientifiche indicano che gli organismi che le assumono entrandovi in contatto sono infatti in grado di assimilarli e, calcolando che le percentuali di presenza di tali composti chimici nei nostri cellulari oscilla tra il 10 e il 30%, la probabilità che il nostro organismo abbia di che assimilarne non è proprio bassissima. Tuttavia, anche se si trattasse della più bassa probabilità possibile, si tratta pur sempre di una sostanza tossica con cui il nostro organismo entra in contatto quotidianamente e della quale tra l’altro, numerosi studi sui ratti hanno dimostrato gli effetti negativi nello sviluppo cerebrare e nello sviluppo fetale dopo l’esposizione prolungata a basse concentrazioni.
Valeria Botrugno Commenti
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Ultimo aggiornamento ( mercoledì 02 aprile 2008 ) |