Il gioco del "dare i numeri" a cui alcuni cattedratici si prestano con leggerezza....
Scritto da msirca   
domenica 18 febbraio 2007

In occasione della definizione di nuove linee guida da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità sulle concentrazioni ammissibili di polveri sottili, ridotte a 20 microgrammi per metro cubo è stata pubblicata un Intervista a Roberto Bertollini dell’Organizzazione Mondiale Sanita’ - da Arpat News del 17.10.2006 -.

Un parte dell'intervista, che ci ha particolarmente colpito , è riportata qui di seguito, e subito dopo un nostro commento
Federico Valerio


"d- Gli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento dell’aria sono certi, gli studi a cui fa riferimento lo dimostrano in modo indiscutibile, ma quando le autorità locali cercano di assumere decisioni forti in termini di limitazione della circolazione privata le reazioni da parte dei cittadini sono di insofferenza se non addirittura di rivolta, secondo lei come si dovrebbe agire?

 r- In primo luogo credo si tratti di un problema di informazione. In realtà non si ha una idea così precisa da parte dei cittadini di quanto sia pericoloso per la salute l’inquinamento atmosferico delle nostre città. Poi vi è una percezione del rischio sostanzialmente distorta. Questo avviene ogni volta che sono in gioco scelte individuali. Il caso più classico è quello del fumo. Le persone tendono a sottostimare il rischio per la propria salute derivante da proprie scelte di comportamento. L’utilizzo della macchina invece che altri mezzi di trasporto è un altro esempio che corrisponde alla stessa logica. L’atteggiamento diventa opposto quando si tratta di rischi veri o presunti generati da impianti o strutture la cui presenza non è derivata da scelte individuali.
Le faccio un esempio. Vi è una grande attenzione riguardo alla costruzione di nuovi inceneritori, con timori esasperati rispetto ai rischi che questi possono comportare. Si tratta della cosiddetta sindrome Nimby (Not In My BackYard), cioè non nel mio giardino, che spinge la gente a mobilitarsi per il timore di vedere impianti del genere vicini alla propria abitazione. In realtà strutture di questo tipo, se realizzate con tecnologie appropriate (un esempio è l’inceneritore di Vienna, che è localizzato nel centro cittadino) comportano emissioni molto ridotte, ed assai meno significative rispetto a quelli attualmente esistenti nelle nostre città a causa del traffico. La strategia deve essere sicuramente quella di potenziare l’informazione e di stimolare la consapevolezza dei rischi reali. "

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La risposta di Roberto Bertolini, tratta da una sua intervista riportata da ARPAT NEWS è imbarazzante per la sua superficialità e, conoscendo la serietà professionale del dr. Bertolini, voglio sperare che si tratti di un incidente di percorso dovuto ad alcune sue carenze di conoscenze su un così complesso problema.

La collocazione di un impianto industriale in mezzo alle case non è certamente sinonimo di sicurezza per chi vi abita intorno. L'esempio di Genova Cornigliano,con le abitazioni a poche centinaia di metri da una acciaieria è solo uno dei tanti esempi di incompatibilità oggettiva tra sviluppo industriale finalizzato alla realizzazione del massimo profitto e salute pubblica. La scelta di collocare una acciaieria a fianco delle abitazioni è stata motivata solo dai vantaggi strategici di questa scelta, economica per far arrivare via mare le materia prime e per trasferire ai mercati i prodotti finiti via treno e via mare. La lunga lotta dei comitati di Genova Cornigliano per vedersi riconoscere il diritto alla salute non è certo confondibile con una non meglio definibile sindrome psicologica. In questi ed altri numerosi casi di convivenza forzata di attività produttive e cittadini , gli studi , compresi quelli genovesi, hanno confermano pesanti costi ambientali e sanitari a carico delle popolazioni.

Collocare inceneritori nei pressi di grande città, o all'interno dei quartieri periferici, non significa affatto che questi impianti non hanno emissioni nocive, questa è spesso solo una scelta economica per avere a disposizione un adeguato bacino di utenza in grado di garantire adeguati utili al gestore dell'inceneritore , magari anche grazie alla vendita agli stessi abitanti conviventi, di calore prodotto con la cogenerazione dei loro rifiuti e per minimizzare i costi di trasporto dei rifiuti.

Una scelta di questo tipo, obbligata per l'alto costo dell'incenerimento, non è certamente una scelta prudente, in quanto le eventuali alte densità abitative nelle zone di ricaduta dei fumi aumentano i rischi sanitari, rispetto a scelte più prudenti che delocalizzano queste ed altre produzioni , o ancor meglio evitano di chiudere il ciclo dei rifiuti con la loro combustione.

Per non rimanere nel vago andiamo a vedere le emissioni di polveri sottili dell'inceneritore di Brescia, anch'esso realizzato in mezzo alle case e che oggi , ogni anno, incenerisce 750.000 tonnellate di rifiuti prodotti non solo dai bresciani , ma anche da regioni limitrofe.

In base ai dati forniti dall'azienda, ogni anno, questo impianto emette in atmosfera 1,2 tonnellate di polveri sottili, ovviamente nel pieno rispetto degli attuali limiti e applicando le migliori tecnologie di abbattimento oggi disponibili. L'organizzazione Mondiale della Sanità ed in particolare il dr Bertollini quale parere ha su i rischi sanitari connessi con l'esposizione a questa emissione? Le considera trascurabili in quanto ampiamente rispettose dei limiti di legge e delle migliori tecnologie di trattamento fumi oggi disponibili? Ritiene che non sia il caso di preoccuparsi in quanto, a suo dire, il traffico emette molto più polveri?

Ma ha un senso logico confrontare le polveri sottili emesse dal traffico con quelle emesse dall'inceneritore? Se alle polveri da traffico aggiungo le polveri da inceneritore il rischio per chi le respira aumenta o diminuisce? Non sarebbe più logico mettere a confronto le polveri emesse da diversi trattamenti dei rifiuti e scegliere il trattamento che garantisce minore inquinamento?

Accettiamo pure il giochino di confrontare le polveri emesse da un inceneritore in piena città con le polveri emesse da un'autovettura diesel, il motore che emette più particelle sottili.
Quale modello di autovettura sceglieremo per il confronto? Logica vorrebbe che la migliore tecnologia degli inceneritori sia confrontata con la migliore tecnologia dei diesel oggi disponibile: i modelli EURO IV. Un'autovettura di questo tipo per emettere la stesse quantità di polveri emesse annualmente dall'inceneritore di Brescia deve percorrere 48 milioni di chilometri!

Poichè, in Italia un'autovettura diesel percorre annualmente, in ambito urbano, circa 3.000 chilometri, l'effetto dell'inceneritore di Brescia sulla qualità dell'aria di questa città corrisponde a quella di 16.200 autovetture circolanti in più. Un valore trascurabile?

Inoltre Bertollini, insieme a molti altri, dimentica che l'inceneritore per funzionare ha bisogno di combustibile che arriva via camion: ogni anno sono circa 75.000 mezzi pesanti che arrivano all'impianto carichi di rifiuti e che dall'impianto ritornano ai punti di raccolta, in molti casi carichi di ceneri da smaltire (190.000 tonnellate/anno) . Ipotizzando che ognuno di questi camion percorra, tra andata e ritorno, sei chilometri in ambito urbano, l'aria respirata dai bresciani sarà arricchita, ogni anno, da altri 130 chili di polveri. In quale bilancio verranno conteggiati? Traffico o incenerimento rifiuti?

E che valutazioni faremo quando tra breve, sul mercato saranno immesse le autovetture EURO V in grado di dimezzare le attuali emissioni EURO IV e grazie alle quali le emissioni dell'inceneritore di Brescia equivaranno a quelle di 32.400 autovetture? E quando, introdotto finalmente anche a Brescia, un trasporto collettivo efficiente ed elettrificato ( filobus, tram) l'inquinamento da traffico sarà ulteriormente e drasticamente ridotto?

E per finire, il dr. Bertollini ha un'idea di quante polveri sottili produce il riciclo dei materiali post consumo, l'ossidazione a freddo con trattamenti biologici, la fermentazione anaerobica? E quante polveri sottili si risparmiano non producendo rifiuti?

Personalmente ritengo che l'incenerimento dei rifiuti urbani non sia affatto obbligatorio e che non ci sia nessun interesse collettivo ad agevolare questa pratica facendola diventare per legge una fonte energetica rinnovabile. Ricordo che oltre il 60% dei rifiuti urbani è biodegradabile, il 30 % è inerte ( metalli e vetro) e che solo il 10-15 % oggi è fatto di plastica, l'unico scarto che ha un potere calorifico degno di attenzione ma che è molto meglio adoperare per produrre beni di lunga durata, piuttosto che per l'usa e getta.

Federico Valerio
Istituto Scientifico Tumori di Genova
Servizio di Chimica Ambientale

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Ultimo aggiornamento ( domenica 18 febbraio 2007 )