Provvedimenti che non possono aspettare
Scritto da msirca   
domenica 21 gennaio 2007

Il documento è interessante anche se alcune parti esulano dalle tematiche a cui normalmente ci atteniamo in questo sito; non posso tagliarle ovviamente, invito alla lettura senza considerare se non interessa, i rovelli sui partiti senz'anima

http://www.aprileonline.info/1384/le-riforme-che-servono

Le riforme che servono

Fulvia Bandoli,  19 gennaio 2007

Politica e società     

 

 

Ambiente, sapere, lavoro. Si discute sul futuro del partito democratico ma ci sono dei provvedimenti che non possono aspettare e di cui non si parla mai



Penso che nessuno nell'Unione possa non dirsi riformista o riformatore, ma sulle riforme, fuori dagli sterili nominalismi, l'unico confronto possibile è quello di merito. Ma si nota una fatica ad allargare l'orizzonte su riforme più difficili. Alcuni esempi concreti: la riforma dello sviluppo, della sua qualità sociale e ambientale.

Di fronte agli allarmi che ci vengono dalle commissioni europee, dai tecnici che studiano i cambiamenti climatici non possiamo limitarci allo stupore passeggero. La contraddizione ambientale è sempre più centrale, i cambiamenti climatici sono diventati strutturali e gli allarmi dell'Unione Europea e degli altri centri di ricerca sono oramai quotidiani, la diminuzione delle emissioni in atmosfera è un imperativo categorico, non è più una tra le opzioni possibili. Siamo già molto in ritardo.
Sulla riforma dello sviluppo vorrei che il governo ci spieghi quali sono le strategie concrete del suo e del nostro Governo per cercare di diminuire, come chiederà la Commissione Europea mercoledì prossimo, del 30% le emissioni entro il 2020. Questo è il primo elemento, se si vuole parlare di qualità dello sviluppo, perché questi dati allarmanti producono danni concretissimi.
Il turismo potrebbe avere una sensibile diminuzione, e il turismo è una delle voci principali della nostra economia, che l'agricoltura italiana andrebbe fuori mercato, che la qualità dell'aria e la salute dei cittadini peggiorerebbe molto e che la spesa sanitaria aumenterebbe parecchio perché aumenterebbero le patologie respiratorie. Su quest'ultimo punto possiamo già dire che negli ultimi venticinque anni abbiamo avuto in Italia un altissimo aumento della spesa sanitaria a causa del peggioramento della qualità dell'aria. Se riuscissimo a dare al nostro paese un'aria migliore avremmo dunque una diminuzione della spesa sanitaria. Si chiama contabilità ambientale , e anche questa contabilità dovrebbe stabilmente rientrare nel bilancio di un governo. Anche questa sarebbe una gran bella riforma. popolare, certamente condivisa.

Oltre alla bussola dell'ambiente, vanno presi in considerazione il lavoro e il sapere. Sul lavoro va recuperato lo spirito di Lisbona, quel ragionamento che poneva al centro la piena e buona occupazione, la lotta al precariato, la difesa del salario, la salute e la sicurezza sul lavoro, la nuova occupazione. Questi sono obiettivi condivisi dalla stragrande maggioranza dei governi di sinistra e di centrosinistra europei e devono guidare anche l'opera riformatrice del nostro governo. Così come investire sul sapere e la ricerca: la società della conoscenza finalizzata all'innovazione è una priorità ed è su questo che bisognerebbe parlare con le imprese più che su altri temi, perché l'innovazione produrrebbe più competitività ma anche più sicurezza per il lavoro, per la sua stabilità e per il suo sviluppo. Oltre al fatto che la prima leva di qualsiasi progresso civile deriva dalla conoscenza. In molti casi le nostre imprese non sono né innovative né competitive, a volte non sono sicure perché non sono innovative. Andrebbe aperto , quindi, un ragionamento ampio, da questo punto di vista, più che sul ruolo delle imprese sulla qualità delle stesse e sulla enorme rendita accumulata a svantaggio degli investimenti. Dobbiamo capire se il mondo produttivo e soprattutto imprenditoriale è al passo con quelle che sono le più grandi innovazioni che stanno avvenendo sul campo della scienza ,delle nuove tecnologie e anche delle riconversioni ecologiche che avvengono in tutta Europa tranne che nel nostro Paese. Dobbiamo combattere contro lo strabismo di una lettura non ecologista ma solo economicista dello sviluppo. Questo strabismo ci porta anche a non vedere il mondo con tutte le sue contraddizioni e soprattutto con la più grande di esse, la povertà, e sappiamo che un mondo povero e ingiusto non potrà mai essere un mondo sicuro.

Ci sono scelte che non possono più essere rinviate.
L'energia, innanzitutto. Ai timidi accenni a sostegno delle energie rinnovabili che pure ci sono in Finanziaria, a parte alcune sviste come quella sul Cip 6 (fondi che non vanno alle rinnovabili ma alle fonti assimilate) bisogna affiancare ora politiche strutturali e stabili sull'energia. Rafforzare fortemente gli incentivi per la produzione delle rinnovabili ben al di là di quello che abbiamo fatto nella Finanziaria, e se ci sono risorse finanziarie nuove dobbiamo pensare che una parte di queste risorse vadano in questa direzione.
Bisogna inoltre dotarci in fretta di un piano nazionale chiaro per la produzione delle energie rinnovabili e per il risparmio energetico per sintonizzarsi con quello che chiede la Commissione Europea: diminuire del 30% le emissioni entro il 2020 e chiedere ai paesi membri di fare piani in attuazione di quell'impegno.

Un piano nazionale dei trasporti, fatto d'intesa con le regioni, è un'altra riforma non più rinviabile. Sono vent'anni che diciamo che bisognerebbe trasferire il 25% di merci dalla gomma al ferro e al mare. Negli ultimi venti anni abbiamo trasferito pochissimo sia su ferro che per mare, è raddoppiato il numero delle automobili e sono aumentati i trasporti su gomma. L'Europa ha altre percentuali ben diverse dalle nostre, noi continuiamo ad essere il fanalino di coda. Questo è un problema serio, quando si parla di deficit infrastrutturale dell'Italia si parla soprattutto di questo.
Va posto l'obiettivo di portare, nei prossimi quattro anni, almeno il 25% di merci in più dalla gomma al ferro e al mare. Più ferro per le merci non vuole dire solo alta velocità, e sull'alta velocità su cui non ho mai avuto una contrarietà aprioristica vorrei che un governo nuovo riflettesse. Tempi biblici, siamo a sedici anni dall'inizio del progetto TAV , dell'alta velocità non è ancora partito che un piccolo tratto, i costi sono lievitati del triplo.. Quando partiremo, fra sei anni, forse, le tecnologie dall'alta velocità saranno già invecchiate perché in altri paesi sono partiti venticinque anni fa con le stesse tecnologie che applicheremo noi nel 2015.

Un altro esempio riguarda il ciclo dei rifiuti, un altro tema che si incrocia molto con la qualità dello sviluppo. Il ciclo dei rifiuti è un settore industriale nuovo, così viene vissuto in Europa, per noi invece è la raccolta della spazzatura.
In altri paesi è un settore industriale nuovo dove si fa ricerca, dove le industrie competono, innovano, sperimentano nuovi mezzi di raccolta, nuovi materiali, nuovi cicli. Noi invece abbiamo ancora il problema di come raccogliere la spazzatura, siamo arretratissimi, lo trattiamo come se fosse un settore marginale. Togliere dall'emergenza rifiuti mezza Italia è forse una riforma da poco? Se questo governo ci riuscisse i cittadini apprezzerebbero moltissimo. Se riuscissimo a chiudere in modo integrato il ciclo dei rifiuti e a fare funzionare un ciclo che produca meno rifiuti, che raccolga in modo differenziato il maggior numero di cose e di materiali e li ricicli, che recuperi materie ed energia e che tratti negli impianti solo l'ultima parte che resta avremmo fatto una seria innovazione. E invece dentro questo nostro governo molte persone pensano ancora che il ciclo cominci dall'incenerimento, mentre bisogna cominciare esattamente dall'altra parte. Bisogna cominciare dalla raccolta differenziata e finire eventualmente con piccoli impianti di trattamento e di recupero di energia.
Un ciclo integrato tra l'altro può far nascere più posti di lavoro perché fa crescere le imprese, città più pulite, lotta all'ecomafia, che fattura in Italia cifre impressionanti. Anche sono piccole riforme, piccole grandi riforme da non sottovalutare.

Infine l'edilizia e il governo del territorio. L'edilizia è ancora un settore portante della nostra economia nazionale, molto di più di quanto non lo sia in altri paesi europei. E' un settore portante ma ancora piuttosto arretrato, segnato spessissimo da speculazione e non da qualità abitativa e soprattutto da un numero di incidenti sul lavoro davvero impressionante e inaccettabile.
Noi sappiamo che l'energia si consuma principalmente in tre settori e quindi si risparmia di conseguenza negli stessi tre settori: industria, trasporto di merci e persone, riscaldamento domestico. Si dovrebbe iniziare a parlare, quindi, di riconversione dell'edilizia in edilizia di manutenzione e di ristrutturazione, sto parlando di coibentazione, di uso di nuovi materiali edili, e di piani precisi in questa direzione.
Edilizia di manutenzione, coibentazione, nuovi criteri di costruzione con nuovi materiali, questo aiuta a riconvertire un'edilizia troppo arretrata in Italia e a renderla competitiva anche in Europa. E assieme a questo, naturalmente, una riforma del governo del territorio che riporti la pianificazione al centro e anche la qualificazione urbana e soprattutto superi rendite esagerate che derivano da uno sfruttamento del territorio che ormai è diventato inaccettabile (noi consumiamo porzioni di terreno agricolo come nessun altro paese d'Europa) e crei una forte integrazione dei servizi nelle città. Qualità urbana, qualità delle periferie.

Tutte cose che sono nel programma dell'Unione, che vanno sotto il tema della riforma dello sviluppo, e che sono le riforme più importanti che dobbiamo iniziare a proporre. Queste cose possono dare agli italiani il senso, far capire dove vogliamo portare questo paese e dove vogliamo indirizzare il suo sviluppo.
Naturalmente mentre si svolge questo confronto sulle principali riforme da mettere nell'agenda di Governo continua anche il dibattito sul PD . Siamo in attesa della bozza dei saggi, l'orizzonte è sempre più confuso. Sul PSE, sulla laicità, sui diritti civili, sulle liberalizzazioni, sulla leadership, sugli altri soggetti da coinvolgere ( perché va pur detto che non se ne vede alcuno di significativo). Si sciolgono i partiti, la Margherita si, i DS forse non subito, ma dopo un anno dal congresso sarà inevitabile. Se c'è un solo italiano che capisce come sarà in futuro questo partito penso che vada sentito al più presto. Chiediamo che prima di abbandonare l'ipotesi di creare in Italia una grande e plurale forza socialista ci sia un ripensamento. L'Unione è l'alleanza che governa e stare uniti bisogna, noi sentiamo per intero l'impegno del sostegno a questo Governo. Ma nella coalizione possono esserci una grande sinistra e un grande centro democratico alleati ma non fusi in un partito senza anima.

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Ultimo aggiornamento ( domenica 21 gennaio 2007 )