Risultati studio scientifico Emilia Romagna
Scritto da Luca   
lunedì 08 gennaio 2007

Fonte: Associazione Romagnola Ricerca Tumori 

Non vogliamo la Romagna dei camini !!!
«Lo studio dimostra anche che la diossina è letale a bassissime concentrazioni che si misurano in «picogrammi», cioé miliardesimi di milligrammo. La mamma che allatta assicura al neonato una quantità di diossina 15.000 volte superiore alla quantità emessa dall’inceneritore.» 

«Sulla base di questi evidenti “pericoli” per la salute pubblica, risulta chiaro che l’incenerimento dei rifiuti, spacciato in Italia come energia rinnovabile “assimilata” dal 1991, come il solare, l’eolico, processi anaerobici di biomasse ecc., ha per 15 anni sottratto risorse per progetti ecocompatibili, ha fatto soldi da capogiro, assicurando alle popolazioni esposte un peggioramento della salute.»

«Questi valori di rischio e queste concentrazioni di diossina - si legge a commento dei dati - mettono in discussione tutti gli inceneritori di grande portata, anche se costruiti con tecnologia più avanzata»

«Tale denuncie venivano diffuse il meno possibile per evitare un “ingiustificato terrorismo psicologico sui cittadini”.»


«ll cancro, una malattia che è sempre esistita, ma che fino agli inizi del secolo scorso era relativamente rara, oggi rappresenta il più grave problema di sanità pubblica, per la sua dimensione epidemiologica, per le cause che lo determinano e per le difficoltà di controllo una volta che la malattia sia diffusa.»

     Si considera che circa il 60-70% di tutti i tumori siano dovuti ad agenti e situazioni di rischio presenti nell’ambiente di vita generale e di lavoro: ciò vuol dire che se non fossero presenti, o almeno fosse ridotta la loro quantità globale, l’incidenza e la mortalità per tumore sarebbero più bassi. La dimostrazione dello stretto rapporto tra ambiente e cancro, è data da alcuni esempi.

Vi sono tumori particolarmente incidenti in alcune aree geografiche del pianeta rispetto ad altre. Abitanti di aree geografiche a bassa incidenza per uno specifico tipo di tumore, emigrando in altre aree dove lo stesso tumore risulta essere a più alta incidenza, già alla seconda generazione il loro rischio è livellato a quello dei residenti.

Ricordiamo che il PM è costituito da particolato grossolano PM10 ossia particelle di diametro inferiore a 10 micron che raggiungono le alte vie respiratorie ed i polmoni, e da PM2,5, particelle con diametro inferiore a 2,5 micron, che penetrano negli alveoli, ben più pericolose e trasportate anche a grandi distanze (70 – 100 km) dal punto di emissione.

Un altro esempio è dato dagli studi sperimentali condotti per valutare la cancerogenicità di agenti chimici e fisici ai quali la popolazione può essere esposta: su oltre 500 composti, studiati nell’ambito del Programma Nazionale di Tossicologia del Governo Americano, oltre il 50% sono risultati cancerogeni. Su circa 100 composti studiati ed elaborati dal Centro di Ricerche sul Cancro della Fondazione Ramazzini, sono risultati cancerogeni il 46%; medesimi risultati vengono confermati dallo IARC di Lione.

Gli agenti cancerogeni possono essere di origine chimica, fisica e biologica e sono presenti nell’aria che respiriamo, nell’acqua, nel cibo, nel suolo. Essi originano dalle attività industriali dell’uomo e da varie matrici naturali. Gli agenti cancerogeni hanno caratteristiche distintive rispetto a quelle di altri agenti tossici: il rischio cancerogeno è tanto maggiore quanto più elevata è l’esposizione; per essi non esiste una soglia talmente bassa da risultare innocua; essi inoltre possono agire a livelli di dose talmente bassi che non consentono di avvertirne la presenza (l’uomo risulta esposto, ma non è in grado di accorgersene); una volta che il processo è giunto a compimento, esso risulta irreversibile; dal momento dell’inizio dell’esposizione al momento della manifestazione della malattia possono intercorrere anni o, addirittura, decenni; l’esposizione simultanea a vari agenti cancerogeni può avere un effetto sinergico.

A fronte della dimensione sociale, economica, politica delle problematiche inerenti i rapporti sviluppo, ambiente e salute, possiamo pensare di avere oggi degli strumenti conoscitivi adeguati ed utili ad orientare le scelte che devono essere alla base del cosiddetto sviluppo compatibile? La risposta è in gran parte positiva: noi oggi possediamo numerosi strumenti scientifici che possono essere usati per predire, anziché constatare a posteriori a distanza di 20-30 anni, gli effetti di scelte di sviluppo orientate prevalentemente, se non esclusivamente, alla massimazione del profitto e dei piccoli interessi di gruppo.

Sia per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale, che per quella di impatto sanitario che ne segue, noi possediamo efficaci strumenti ed approcci scientifici che, se adeguatamente applicati, possono essere di fondamentale importanza nell’orientare scelte di sviluppo sostenibile.

Il 15 giugno a Roma, in occasione del seminario di Sanità Pubblica su inquinamento atmosferico, traffico urbano ed effetti sulla salute, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (APAT) ha presentato i “numeri” dell’impatto sanitario del PM10 e dell’ozono, condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in 13 città italiane: Torino, Genova, Milano, Trieste, Padova, Venezia Mestre, Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Catania, Palermo; con una popolazione di circa 9 milioni di persone pari al 16% della popolazione nazionale.Tra il 2002 e il 2004 si è registrata una media di 8200 morti l’anno derivanti dagli effetti a lungo termine delle concentrazioni di PM10 (polveri sottili) superiori ai 20 mg/m3 . Per effetti cronici possiamo dire che oltre i 20 mg/m3 si hanno: 742 casi l’anno di cancro al polmone, 2562 morti l’anno per infarto e 329 casi l’anno per ictus; per l’ozono si stima in queste città 516 morti l’anno.Nel 2005 molte città italiane avevano raggiunto i 35 giorni di eccedenza dei 50 mg/m3  già a fine marzo e poche avevano rispettato i limiti annuali di 40 mg/m3, fra cui le città di Forlì e Cesena. La provincia ha promosso una politica atta a ridurre l’inquinamento derivato da autotrasporto.

Gli inceneritori di rifiuti come i cementifici, termoconvettori di biomasse., oltre al particolato PM10 assicurano alte quantità di PM2,5 e di nanoparticelle [diossine, metalli pesanti, nitrofurani, idrocarburi policiclici aromatici (IPA)] che esplicano il loro potere cancerogeno, mutageno, teratogeno ed alterazione del sistema immunitario, nel lungo termine di esposizione, e aumentano l’incidenza delle patologie acute come l’asma.

Molti di questi composti uniscono la loro tossicità alla persistenza (catena alimentare) e sono in grado di indurre alterazioni nelle cellule germinali, con alterazioni del patrimonio genetico della nostra specie e quindi inducono danni trasmissibili con effetti che vanno da quello cancerogeno a quello xeno-endocrino; ad esempio le diossine, per esposizione prolungata, determinano ipotiroidismo, diabete, endometriosi, alterazioni del sistema nervoso centrale, ritardi puberali, disturbi riproduttivi e malformazioni alle nascite, effetti oncogeni: leucemie da 0 a 12 anni e sarcomi

I metalli pesanti emessi possono essere oltre 30, molti sono cancerogeni a basse concentrazioni come il cadmio, altri sono neurotossici come il mercurio che è implicato nell’Alzheimer. Ai metalli pesanti si associa autismo, dislessia, comportamento impulsivo, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, difficoltà nell’apprendimento, minor quoziente intellettivo, Parkinson.

Uno studio durato tre anni e condotto su un vasto territorio del Veneto (Venezia, Marghera, Riviera del Brenta) e appena concluso da un gruppo di ricerca coordinato da Paola Zambon (Università di Padova), Paolo Ricci (Asl di Mantova), Massimo Gattolin (settore ambiente Provincia di Venezia) e Alessandro Casula (Università di Milano) conferma

Il gruppo di ricerca, dopo aver preso in esame l'insorgenza di un particolare tipo di tumore insorto nel periodo 1990-1996, ha dimostrato che nelle aree analizzate il rischio di essere colpiti dalla malattia è almeno tre volte superiore che altrove: «Quindi l'ipotesi diossina-sarcoma a Venezia è ampiamente confermata». Non a caso il territorio provinciale di Venezia, nel periodo 1972-1986, era occupato da 33 inceneritori, a cui si è aggiunto il grande inceneritore di Camin (Padova).

Il tumore in questione è il sarcoma dei tessuti molli, una forma molto rara di tumore riconducibile espressamente all'esposizione a diossine; si tratta di una patologia detta «sentinella», perché segnala l'insorgenza diffusa di tumori più comuni e non esplicitamente riconducibili alla presenza di diossine. Lo studio dimostra anche che la diossina è letale a bassissime concentrazioni che si misurano in «picogrammi», cioé miliardesimi di milligrammo. La mamma che allatta assicura al neonato una quantità di diossina 15.000 volte superiore alla quantità emessa dall’inceneritore.

Sulla base di questi evidenti “pericoli” per la salute pubblica, risulta chiaro che l’incenerimento dei rifiuti, spacciato in Italia come energia rinnovabile “assimilata” dal 1991, come il solare, l’eolico, processi anaerobici di biomasse ecc., ha per 15 anni sottratto risorse per progetti ecocompatibili, ha fatto soldi da capogiro, assicurando alle popolazioni esposte un peggioramento della salute.

Questi dati confermano , purtroppo, quello che sin dai primi anni 90 il comitato scientifico dell’A.R.R.T. evidenziava nei convegni, nelle conferenze e nei dibattiti la necessità urgente di invertire l’alto potere cancerogeno ambientale. Tale denuncie venivano diffuse il meno possibile per evitare un “ingiustificato terrorismo psicologico sui cittadini”.

 Oggi auspichiamo che l’amministrazione provinciale di Forlì-Cesena blocchi o revochi la delibera che permette il raddoppio dell’incenerimento dei rifiuti ospedalieri della ditta Mengozzi e il potenziamento dell’Inceneritore (da 40.000 a 120.000 tonnellate/anno) dei rifiuti urbani ed industriali della società Hera collocati nella zona di Coriano di Forlì.

L’Emilia Romagna, come il Veneto, è la regione con la più alta incidenza di tumori rispetto alle altre regioni italiane: i nostri figli e nipoti non meritano di vivere in una ROMAGNA DEI CAMINI.

 

Pier Antonio Marongiu - Presidente A.R.R.T.

"Per effetti cronici possiamo dire che oltre i 20 mg/mcubo si hanno: 742 casi l’anno di cancro al polmone, 2562 morti l’anno per infarto e 329 casi l’anno per ictus; per l’ozono si stima in queste città 516 morti l’anno.mg/m3  già a fine marzo e poche avevano rispettato i limiti annuali di 40 mg/m3, fra cui le città di Forlì e Cesena. La provincia ha promosso una politica atta a ridurre l’inquinamento derivato da autotrasporto.gli effetti cancerogeni delle diossine, che si sprigionano dagli inceneritori di rifiuti industriali, ospedalieri e urbani". Questo lavoro, spiegano gli autori, sia per la vastità del territorio preso in considerazione che per il numero della popolazione residente nell'area (400 mila abitanti), si tratta di uno studio più approfondito e inedito anche a livello internazionale. «Questi valori di rischio e queste concentrazioni di diossina - si legge a commento dei dati - mettono in discussione tutti gli inceneritori di grande portata, anche se costruiti con tecnologia più avanzata». Inoltre, «la decisione di costruire un inceneritore non può riguardare soltanto il comune in cui è ubicato, perché, paradossalmente, potrebbe essere proprio il meno interessato dal suo inquinamento». La direzione dei venti, e l'altezza dei camini, seminano morte oltre i confini di qualsiasi comune. ll cancro, una malattia che è sempre esistita, ma che fino agli inizi del secolo scorso era relativamente rara, oggi rappresenta il più grave problema di sanità pubblica, per la sua dimensione epidemiologica, per le cause che lo determinano e per le difficoltà di controllo una volta che la malattia sia diffusa.

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Ultimo aggiornamento ( mercoledì 10 gennaio 2007 )