http://www.perunaltracitta.org/2019/01/28/appello-marcia-per-il-clima-contro-le-grandi-opere-inutili/
Non
serve il governo del cambiamento, serve un cambiamento radicale
#siamoancoraintempo
Chi
siamo
Siamo i comitati, i movimenti, le associazioni e i singoli che da anni si
battono contro le grandi opere inutili e imposte e per l’inizio di una nuova
mobilitazione contro i cambiamenti climatici e per la salvaguardia del Pianeta.
Abbiamo iniziato questo percorso diversi mesi fa, ritrovandoci a Venezia lo
scorso settembre, poi ancora a Venaus, in Val Susa e in molti altri luoghi, da
nord a sud, dando vita ad assemblee che hanno raccolto migliaia di
partecipazioni. Siamo le donne e gli uomini scesi in Piazza lo scorso 8
dicembre a Torino, a Padova, Melendugno, Niscemi, Firenze, Sulmona, Venosa,
Trebisacce e in altri luoghi.
Dall’assemblea di
Roma del 26 gennaio lanciamo l’invito di ritrovarsi a Roma il 23 Marzo per una
manifestazione nazionale che sappia mettere al centro le vere priorità del
paese e la salute del Pianeta.
segue
Grandi
opere e cambiamento climatico
Il modello di sviluppo legato alle Grandi Opere inutili e imposte non è solo
sinonimo, come denunciamo da anni, di spreco di risorse pubbliche, di
corruzione, di devastazione e saccheggio dei nostri territori, di danni alla
salute, ma è anche l’incarnazione di un modello di sviluppo che ci sta portando
sul baratro della catastrofe ecologica.
Il cambiamento climatico è uscito da libri e documentari ed è venuto a bussare
direttamente alla porta di casa nostra.
Nel nostro paese questa situazione globale si declina in modo drammatico. La
mancanza di manutenzione delle infrastrutture, la corruzione e la
cementificazione selvaggia seminano morti e feriti a ogni temporale, a ogni
ondata di maltempo, a ogni terremoto.
Il cosiddetto “governo
del cambiamento“ si è rivelato essere in continuità con tutti i precedenti, non
volendo cambiare ciò che c’è di più urgente: un modello economico predatorio,
fatto per riempire le tasche di pochi e condannare il resto del mondo a una
fine certa. Le decisioni degli ultimi mesi parlano chiaro.
Mentre ancora si tergiversa sull’analisi costi benefici del TAV in Val di Susa,
il governo ha fatto una imbarazzante retromarcia su tutte le altre grandi opere
devastanti sul territorio nazionale: il TAV terzo Valico, il TAP e la rete
SNAM, le Grandi Navi a Venezia, il MOSE, l’ILVA a Taranto, il MUOS in Sicilia,
la Pedemontana Veneta, oltre al al tira e molla sul petrolio e le trivellazioni
, con rischio di esiti catastrofici nello Ionio, in Adriatico, in Basilicata ed
in Sicilia.
Giustizia
sociale è giustizia climatica
Le catastrofi naturali non hanno nulla di naturale e non colpiscono tutti nella
stessa maniera. Lo vediamo purtroppo quotidianamente e chi sta in basso,
infatti, paga i costi del cambiamento climatico e della mancata messa in
sicurezza dei territori.
È vero fuori dai grandi centri cittadini, dove la devastazione ambientale
mangia e distrugge la natura, ma è vero anche negli agglomerati urbani, luoghi
sempre più inquinati in cui persino i rifiuti diventano un business redditizio.
È vero non solo dal nord al sud dell’Italia, ma anche dal nord al sud del
nostro pianeta.
Milioni di migranti climatici sono costretti a lasciare le proprie terre ormai
rese inabitabili e vengono respinti sulle coste europee.
Nel nostro paese terremotati e sfollati vivono in situazione precarie, carne da
campagna elettorale mentre le risorse per la ricostruzione non sono mai la
priorità per alcuna compagine politica.
Quando le popolazioni locali, in Africa come in Europa, provano ad opporsi a
progetti tagliati sui bisogni di multinazionali e lobby cementifere la reazione
dello Stato è sempre violenta e implacabile.
L’unica proposta “verde” dei nostri governanti è di scaricare non soltanto le
conseguenze ma anche i costi della crisi ecologica su chi sta in basso.
Noi diciamo che se da una parte la responsabilità di rispondere al cambiamento
climatico è collettiva e interroga i comportamenti di ciascuno di noi,
dall’altra siamo convinti che i
costi della transizione ecologica debbano ricadere sulle spalle dei ricchi,
in primis le lobbies che in questi anni si sono arricchite accumulando
profitti, a discapito della collettività e dei beni comuni.
Il sistema
delle grandi opere inutili e il capitalismo estrattivo sono altrettante
espressioni del dominio patriarcale che sollecita in maniera sempre più urgente
la necessità di riflessione sul legame tra donne, corpi e territori e sarà uno
dei temi portato nelle piazze dello sciopero transfemminista globale dell’8
marzo.
E’
giunto il momento di capire di cosa il nostro paese e il nostro pianeta hanno
davvero bisogno.
Si potrà finalmente cominciare a dare priorità alla lotta al cambiamento
climatico, cessando così di contrapporre salute e lavoro come invece è stato
fatto a Taranto, dove lo stato di diritto è negato e chi produce morte lo può
fare al riparo da conseguenze legali solo:
– riducendo drasticamente l’uso delle fonti
fossili e del gas e rifiutando che il paese venga trasformato
in un Hub del gas
– negando il consumo di
suolo per progetti impattanti e nocivi e gestendo il ciclo dei
rifiuti in maniera diversa sul lungo periodo (senza scorciatoie momentanee) con
l’obiettivo di garantire la salute dei cittadini
– praticando con rigore e decisione
l’alternativa di un modello energetico autogestito dal basso,
in opposizione a quello centralizzato e spinto dal mercato
– abbandonando progetti
di infrastrutture inutili e dannose e finanziando interventi
dai quali potremo trarre benefici immediati (messa in sicurezza idrogeologica e
sismica dei territori , bonifiche, riconversione energetica, educazione e
ricerca ambientali)
E’ urgente
garantire il diritto all’acqua pubblica, una nuova Strategia Energetica
Nazionale riscritta senza interessi delle lobbies, la messa a soluzione delle
scorie nucleari, la riduzione delle spese militari, il disarmo nucleare.
I nostri
territori, già inquinati da discariche fuori controllo, inceneritori e progetti
inutili, sono oltremodo distrutti da monoculture e pesticidi che determinano
desertificazione e minano la possibilità di una sempre maggiore autodeterminazione
alimentare.
E’
necessario che le risorse pubbliche vengano destinate ad una buona sanità, alla
creazione di servizi adeguati, al sostegno di una scuola pubblica e di
università libere e sganciate dai modelli aziendalisti, ad un sistema pensionistico
decoroso, ad una corretta politica sull’abitare e di inclusione della
popolazione migrante con pari diritti e dignità.
Appuntamenti
verso il 23 marzo (agenda ancora in aggiornamento):
27 gennaio:
Vicenza. Assemblea regionale dei comitati veneti
2 febbraio:
Roma. Rete Stop TTIP Assemblea nazionale
2 febbraio: Napoli. Assemblea Regionale Stop Biocidio
3 febbraio: Termoli. Assemblea di movimenti e
comitati in lotta contro la deriva petrolifera.
23 febbraio:
Tito. Assemblea coi sindaci No Triv della Basilicata e della Campagna.
Fine febbraio (data in
definizione): Napoli. Prossima assemblea nazionale verso il 23 marzo.
8 marzo: Non una di Meno – Sciopero Globale Transfemminista.
8-9-10 marzo: Roma. A Sud. Tavoli su giustizia climatica, energia, ecofemminismo.
15 marzo: Global Climate Strike
22 marzo: Roma. Giornata su alimentazione agroecologia a cura di Genuino
Clandestino
15-31 marzo: Fabriano. Festival Terre Altre.
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