Si parte!
E' FINALMENTE INIZIATO L'ITER presso l' VIII Commissione Ambiente
Camera dei deputati, della PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE Legge
rifiuti Zero: per una vera società sostenibile, presentato il 30 Settembre
2013
**
Il giorno 16 marzo 2015, Ambiente Commissione ha scritto:
Come
concordato telefonicamente si trasmette in allegato la lettera di invito
all'audizione di giovedì 19 marzo, alle ore 14, presso l'VIII Commissione
ambiente della Camera dei deputati.
Cordialità
Segreteria VIII Commissione Ambiente
Camera dei deputati
**
Il giorno 19
marzo 2015 09:22, 'Gian D' via LIP Zero Waste
<
Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
> ha scritto:
Purtroppo non sara' possibile seguire in streaming l'audizione di oggi
pomeriggio, perche' la sala della Commissione Ambiente (a differenza di altre)
non e' provvista di telecamere collegate al sito http://webtv.camera.it/commissioni
Appena terminata l'audizione, i nostri relatori prepareranno un Comunicato
stampa che gireremo su tutti i nostri canali.
Gian Drogo
Rifiuti Zero Torino
Zero Waste Italy
PROPOSTA DI LEGGE
D'INIZIATIVA POPOLARE
Legge rifiuti Zero: per una vera società sostenibile
Presentata il 30 settembre 2013
Le finalità
generali della presente proposta di legge di iniziativa popolare si fondano
sulle seguenti linee direttrici, che modificano e integrano le norme contenute
nella parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive
modificazioni:
1. far rientrare il ciclo produzione-consumo all'interno dei limiti delle
risorse del pianeta, riducendo la nostra «impronta ecologica» sul pianeta
tramite l'eliminazione degli sprechi e la totale reimmissione dei materiali
trattati nei cicli produttivi, quindi massimizzando, nell'ordine, la riduzione
dei rifiuti, il riuso dei beni a fine vita e il riciclaggio e minimizzando,
nell'ordine, tendendo a zero al 2020, lo smaltimento, il recupero di energia e
il recupero di materia diverso dal riciclaggio. Tale percorso rappresentato è
sinteticamente indicato come «strategia rifiuti zero – zero waste» promosso da
molti anni a livello internazionale dal professor Paul Connett e da altri;
2. proteggere l'ambiente e la salute umana secondo gli indirizzi della Carta di
Ottawa per la promozione della salute del 21 novembre 1986, in particolare
eliminando il ricorso alla combustione ed incenerimento dei rifiuti e le
connesse emissioni nocive nel rispetto dei princìpi contenuti nel decreto
legislativo 13 agosto 2010, n. 155, in materia di qualità dell'aria ambiente,
nella consapevolezza che le nostre società sono complesse e interdipendenti e
non è possibile separare la salute dagli altri obiettivi e che è sempre più
urgente identificare gli ostacoli all'adozione di politiche pubbliche per la
salute nei settori non sanitari ed i modi per superarli;
3. rafforzare la prevenzione primaria delle malattie attribuibili ai rischi
indotti da inadeguate modalità di gestione dei rifiuti, perseguendo una
modifica radicale dei modelli di produzione e utilizzo delle risorse e dei
materiali e puntando a strategie incentrate sul risparmio dei materiali, sulla
riduzione dei rifiuti, sul riuso dei beni a fine vita e sul riciclo,
minimizzando sino ad annullarlo il ricorso allo smaltimento;
4. assicurare l'informazione continua e trasparente alle comunità in materia di
ambiente e rifiuti, secondo quanto prescritto dalla Carta di Ottawa per la
promozione della salute del 21 novembre 1986, dall'articolo 13 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, dalla Carta di Aalborg del 1994, affinché i
cittadini siano messi in grado di controllare i determinanti di salute per la
promozione della salute stessa e di partecipare alla formazione delle decisioni
istituzionali per la gestione dei rischi ambientali e sanitari in tutte le fasi
connesse al ciclo dei rifiuti (Convenzione di Aarhus del 26 giugno 1998,
direttiva 2003/35/CE, direttiva 2008/98/CE);
5. recepire ed applicare il Sesto programma d'azione per l'ambiente della
Comunità europea (CE), in particolare in materia di riduzione dei rifiuti, che
prevedeva la riduzione della produzione dei rifiuti del 20 per cento al 2010 e
del 50 per cento al 2050 rispetto alla produzione del 2000;
6. recepire ed applicare la direttiva quadro 2008/98/CE, laddove in particolare
indica la scale delle priorità nella gestione dei rifiuti e afferma che «la
preparazione per il riutilizzo, il riciclo o ogni altra operazione di recupero
di materia sono adottate con priorità rispetto all'uso dei rifiuti come fonte
di energia», per cui, all'interno del recupero diverso dal riciclo, va
privilegiato il recupero di materia rispetto al recupero di energia,
rafforzando quanto già recepito nella normativa italiana con la modifica
dell'articolo 179 del decreto legislativo n. 152 del 2006 operata dal decreto
legislativo n. 205 del 2010;
7. recepire ed applicare il risultato referendario del giugno 2011
sull'affidamento della gestione dei servizi pubblici locali nonché della
sentenza della Corte costituzionale n. 199 del 2012, che esclude l'obbligo
dell'assegnazione del servizio tramite gara, ma permette l'affidamento diretto
a proprie società interamente pubbliche, così come previsto dalla legislazione
europea;
8. recepire gli indirizzi della risoluzione del Parlamento europeo del 24
maggio 2012 «un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» che, pur non
essendo una norma cogente, costituisce un documento di indirizzo generale
preparatorio sia per il settimo Programma europeo d'azione per l'ambiente, sia
per la nuova direttiva quadro sui rifiuti prevista per il 2014, in particolare
laddove, nel punto 33: «invita la Commissione a razionalizzare l'acquis in
materia di rifiuti, tenendo conto della gerarchia dei rifiuti e della necessità
di ridurre i rifiuti residui fino a raggiungere livelli prossimi allo zero;
chiede pertanto alla Commissione di presentare proposte entro il 2014, allo scopo
di introdurre gradualmente un divieto generale dello smaltimento in discarica a
livello europeo e di abolire progressivamente, entro la fine di questo
decennio, l'incenerimento dei rifiuti riciclabili e compostabili; ritiene che
queste iniziative debbano essere accompagnate da idonee misure transitorie, tra
cui l'ulteriore sviluppo di norme comuni basate sul concetto di ciclo di vita;
invita la Commissione a rivedere gli obiettivi per il riciclaggio per il 2020
della direttiva quadro sui rifiuti (...)».
Per perseguire le suddette finalità, il presente progetto di legge contiene una
serie di misure finalizzate a:
1. promuovere e incentivare anche economicamente una corretta filiera di
trattamento dei materiali post utilizzo, basata su pratiche per la riduzione
della produzione dei rifiuti, sulla raccolta differenziata domiciliare spinta,
sulla tariffa puntuale che responsabilizzi l'utente, sul riuso dei beni a fine
vita, sul riciclo dei materiali differenziati, sul recupero massimo
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di materia anche dai rifiuti residuali, sulla riduzione della loro
pericolosità, la riprogettazione dei materiali in vista di una loro totale
ricuperabilità, ribadendo l'importanza della ricerca e dello sviluppo
tecnologico per la prevenzione dei rifiuti (come definita dalla direttiva
2008/98/CE) oltre che per l'efficienza delle risorse;
2. spostare risorse dallo smaltimento e dall'incenerimento verso la riduzione,
il riuso e il riciclo sia attraverso meccanismi economici automatici di
premiazione dei soggetti che, applicando le migliori pratiche, ottengono i
migliori risultati in termini di riduzione, riuso e riciclo, e viceversa
penalizzando i soggetti che continuano ad applicare pratiche contrarie, sia
finanziando i costi di avvio ai soggetti che decidono di riconvertire la
gestione verso pratiche virtuose, sia sostenendo gli investimenti delle filiere
legate al riuso e riciclo;
3. contrastare il ricorso crescente alle pratiche di smaltimento dei rifiuti
distruttive di materiali preziosi, che smaltiti non in sicurezza o inceneriti
determinano il rilascio di sostanze inquinanti dannose per l'ambiente e per la
salute;
4. ridurre progressivamente il conferimento in discarica e l'incenerimento,
perseguendo la progressiva dismissione degli inceneritori esistenti, a partire
da una moratoria sino al 2020 delle autorizzazioni alla costruzione di nuovi
impianti;
5. sancire il principio «chi inquina paga» prevedendo la responsabilità civile
e penale per il reato di danno ambientale per chi inquina l'ambiente, con
particolare attenzione ai reati commessi da soggetti industriali;
6. dettare le norme che regolano l'accesso dei cittadini all'informazione e
alla partecipazione in materia di rifiuti e salvaguardia della salute e
dell'ambiente, anche tramite il riconoscimento da parte delle istituzioni dei
«comitati dei garanti» nominati anche dalle comunità, che collaborino con le
istituzioni nella valutazione e gestione dei piani regionali dei rifiuti e nella
verifica del loro impatto ambientale e sanitario.
Nel merito delle nuove norme inserite nel progetto di legge si sottolineano in
particolare gli aspetti relativi al ricorso all'incenerimento di rifiuti ed
alla combustione di biomasse e biogas.
Sulla tecnologia dell'incenerimento si vuole qui ribadire che gli inceneritori
non eliminano affatto i rifiuti ma li scompongono trasformandoli in composti e
particelle chimiche in gran parte pericolosi e non sono alternativi alle
discariche in quanto necessitano di una discarica di servizio per lo stoccaggio
delle frazioni di rifiuti urbani non inceneribili pari a circa i due terzi dei
rifiuti selezionati in ingresso agli impianti di trattamento meccanico
biologico (TMB) e per lo stoccaggio delle scorie (ceneri di fondo residue) e
delle ceneri volanti dei sistemi ai abbattimento e dei filtri in esito alle
frazioni di rifiuti urbani incenerite pari ad un terzo dei rifiuti selezionati.
Sia le ceneri che le scorie contengono sostanze tossiche quali composti
organici clorurati e metalli pesanti derivati dalla scissione chimica nel
processo termico, le prime normalmente ad elevata concentrazione tanto da
essere classificate rifiuti pericolosi.
La tecnologia dell'incenerimento dei rifiuti è da sempre stata oggetto di
fortissimo contrasto da parte di settori della ricerca scientifica, in
particolare quelli della medicina ambientale e della medicina oncologica,
essendo tali impianti classificati all'articolo 216 del testo unico delle leggi
sanitarie (Gazzetta Ufficiale n. 220 del 20 settembre 1994) come «impianti
insalubri di classe Io». Organizzazioni civiche delle popolazioni residenti nei
territori che ospitano impianti esistenti o in progettazione, a seguito di
numerosi studi ed indagini epidemiologiche, hanno sviluppato la consapevolezza
che l'emissione di particolato atmosferico prodotto in fase di combustione è
associata alla presenza di molecole conosciute (diossine, pcb, furani, composti
alogenati) con azione cancerogena e mutagena di cui sono noti gli effetti
letali sulla salute umana e l'azione irreversibile
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di contaminazione della catena biologica.
Tale tecnologia appare in netto contrasto anche con la direttiva 2008/98/CE,
che invita gli Stati membri a prendere le misure necessarie per garantire che
la gestione dei rifiuti sia effettuata senza danneggiare la salute umana e
senza recare pregiudizio all'ambiente (articolo 13) e consente all'autorità
competente di negare l'autorizzazione al trattamento dei rifiuti qualora
ritenga che il metodo di trattamento previsto sia inaccettabile dal punto di
vista della protezione dell'ambiente, in particolare quando non sia conforme
all'articolo 13 (articolo 23).
L'autorizzazione ad impianti di incenerimento di rifiuti ed ad impianti di
combustione di biomasse e biogas e la relativa emissione di particolato
atmosferico, anche se di composizione molto diversa, del resto appare in
contrasto con le norme previste nei princìpi contenuti nel decreto legislativo
13 agosto 2010, n. 155, in materia di tutela della qualità dell'aria, in
recepimento della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente
e per un'aria più pulita in Europa.
La tecnologia dell'incenerimento dei rifiuti è da sempre stata oggetto di
interventi normativi incentivanti, come il regime cosiddetto CIP6 o attualmente
quello dei certificati verdi, che hanno di fatto rappresentato un ostacolo
concorrenziale che ha distorto e fortemente limitato sinora lo sviluppo delle
pratiche e delle tecnologie legate al riciclo e recupero di materia quali fasi
preordinate nella scala gerarchica normativa, come gli incentivi richiamati
dagli articoli 24, 28 e 29 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, e non
ultimo quanto previsto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 6
luglio 2012 che anacronisticamente rilancia gli incentivi all'incenerimento
della parte biodegradabile dei rifiuti. Occorre anche ricordare che gli
impianti industriali di incenerimento di rifiuti e gli impianti di combustione
di biomasse e biogas, che producono entrambi particolato atmosferico tossico
anche se di composizione diversa, hanno necessità di elevati investimenti di
capitali e parimenti di elevati periodi di ammortamento del capitale in genere
previsti entro i quindici anni di vita dell'impianto stesso. Tali piani di
ammortamento sono garantiti dalla sottoscrizione di un contratto di fornitura
di materiali in ingresso a carico delle amministrazioni comunali conferenti,
che prefigura il deleterio meccanismo del «vuoto per pieno», ossia l'obbligo di
pagare comunque sulla base del tonnellaggio garantito contrastando di fatto
l'avanzata della raccolta differenziata e della riduzione dei rifiuti, che
rappresenta oggi, sulla base delle prescrizioni del Parlamento europeo, una
vera e propria ipoteca ed un ostacolo insormontabile al rispetto degli
obiettivi comunitari presenti e futuri.
Descrizione dell'articolato della proposta di legge.
L'articolo 1, «Obiettivi e finalità», al comma 1 enuclea le diverse finalità
del complessivo intervento legislativo, «declinandole secondo i princìpi che
devono guidare la corretta gestione del ciclo dei rifiuti:
la riduzione degli sprechi nel ciclo produzione-consumi verso una politica
rifiuti zero che tenda a ridurre la gestione dei rifiuti alla sola riduzione,
riuso e riciclaggio nei cicli produttivi;
la protezione dell'ambiente e della salute (Carta di Ottawa per la promozione
della salute del 21 novembre 1986);
il rafforzamento della prevenzione primaria delle malattie attribuibili ai
rischi indotti da inadeguate modalità di gestione dei rifiuti;
il diritto dei cittadini all'informazione e alla partecipazione alle decisioni
istituzionali in materia di salute, ambiente e gestione dei rifiuti (Carta di
Ottawa per la promozione della salute del 21 novembre 1986, decreto legislativo
n. 152 del 2006, Carta di Aalborg del 1994, Convenzione di Aarhus del 26 giugno
1998, direttiva 2003/35/CE, direttiva 2008/98/CE).
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Pone obiettivi minimi parziali di riduzione della produzione di rifiuti, di
raccolta differenziata, riuso, riciclaggio e recupero complessivo di materia da
raggiungere per il 2016, il 2020, il 2050 rispetto al 2000, sulla base del
punto 33 citato della risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012
«Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse».
Per quanto riguarda l'obiettivo di riduzione della produzione di rifiuti il
Sesto programma d'azione per l'ambiente della CE, stilato all'inizio degli anni
2000, prevedeva un obiettivo del 20 per cento al 2010 e del 50 per cento al
2050. Per quanto riguarda l'obiettivo di riduzione del 20 per cento al 2010, si
può constatare che è stato in gran parte disatteso dai 27 Stati membri.
L'Italia si colloca agli ultimi posti, registrando dal 2000 al 2006 una
crescita del 9,8 per cento a cui segue una riduzione del 2,6 per cento dal 2006
al 2010, con un saldo positivo nei 10 anni del 7 per cento. L'andamento in
diminuzione degli ultimi anni, che non appare semplicemente dovuto alla
recessione economica, ma anche al tipo di gestione di alcune regioni, e di una
parte di comuni in particolare dove è stata introdotta la raccolta domiciliare,
con diminuzioni fino al 40 per cento, fa sperare in una inversione di tendenza
se vengono cambiate le politiche nazionali. Prendendo atto dello stato delle
cose in Italia al 2010, la presente proposta di legge recepisce gli obiettivi
del Sesto programma ma con uno spostamento al 2020 dell'obiettivo di riduzione
del 20 per cento mantenendo quello del 50 per cento per il 2050.
Tali obiettivi minimi saranno rivalutati automaticamente qualora l'Unione
europea dovesse porre, tramite apposite direttive, obiettivi maggiori e si
intendono validi per ciascuna articolazione territoriale dello Stato.
L'articolo 2, «Raccolta differenziata domiciliare», indica il criterio generale
nell'organizzare la raccolta differenziata domiciliare di tipo mono-materiale o
multi-materiale «leggera» e le frazioni comprese ed escluse dalla raccolta
differenziata domiciliare, i criteri generali di calcolo della raccolta
differenziata in modo sia da creare la minor forbice possibile fra raccolta
differenziata e riciclo, forbice oggi troppo ampia, sia da evitare forzate
assimilazioni di rifiuti speciali, che già prima erano inviati a riciclo, ai
soli fini di aumentare le rese di raccolta differenziata, e infine stabilisce i
tempi entro cui gli enti locali dovranno adeguare i regolamenti ed il
meccanismo dei poteri sostitutivi in caso di inadempienza.
L'articolo 3, «Regime IVA», disciplina la riduzione dell'Imposta sul valore
aggiunto (IVA) da applicare ai beni e materiali oggetto di riuso e riciclaggio
ai fini di dare loro maggiore competitività economica rispetto ai beni prodotti
con materiale vergine, e destina parte dell'IVA legata a questi beni alla
riconversione del sistema di gestione dei rifiuti.
L'articolo 4, «Moratoria per l'incerenimento e la combustione dei rifiuti»,
mira alla sospensione sino al 2020 di tutte le autorizzazioni in itinere per
impianti di incenerimento e combustione di rifiuti, attuando in modo
progressivo l'abbandono del ricorso al trattamento termico e di recupero
energetico dei materiali post-utilizzo, di fanghi essiccati, di prodotti o
residui biodegradabili, di residui di lavorazione o dei cosiddetti combustibili
solidi secondari (CSS). Gli obiettivi di riduzione, di riuso, di riciclo, di
recupero di materia e di raccolta differenziata pongono l'uso
dell'incenerimento per il 2020 in una situazione di marginalità, certamente
sotto il 4 per cento della produzione attuale, a fronte di una capacità
nazionale presente di oltre il 16 per cento. Pertanto si pone il problema di un
piano di dismissione di questi impianti piuttosto che di una loro
implementazione.
I commi 2, 3 e 4 dettano le linee di attuazione della moratoria di tutte le
autorizzazioni in itinere per tutte le tipologie di impianti indicati. La
moratoria è applicata anche ad impianti che utilizzino i CSS in sostituzione
dei carburanti tradizionali (cementifici o centrali termoelettriche
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il cui impatto ambientale e sanitario sarebbe peggiorativo degli attuali
inceneritori), introducendo una modifica dall'articolo 183 del decreto
legislativo n. 152 del 2006, con cui lo stesso CSS viene riclassificato come
rifiuto urbano e non più speciale.
L'articolo 5, «Revoca degli incentivi all'incenerimento», abolisce tutti gli
incentivi all'incenerimento, essendo questa pratica equiparata allo smaltimento
o al massimo al recupero di energia che si trova al di sotto di qualsiasi forma
di recupero di materia nella scala delle priorità della gestione dei rifiuti, e
pertanto pratica da ritenere residuale e in via di esaurimento. Vengono pertanto
dichiarati decaduti e revocati tutte le misure previste per i CIP6 ed i
certificati verdi, di impianti di incenerimento, combustione o co-combustione
di rifiuti, di impianti a combustione a biomassa e di digestori anaerobici
alimentati con i rifiuti in fase di progettazione o di autorizzazione, nonché
degli impianti già in esercizio che ne abbiano usufruito per almeno cinque anni
e degli impianti citati sottoposti a ristrutturazione funzionale detta
«revamping».
Tale misura è estesa anche agli incentivi previsti dagli articoli 24, 28 e 29
del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, per gli impianti industriali che
usino o abbiano intenzione di usare come combustibili i residui di lavorazione
o i CSS per la produzione di energia elettrica o calore da fonti rinnovabili.
L'articolo 6, «Contratti per l'affidamento dei servizi», introduce l'obbligo di
rinegoziazione di tutti i contratti di fornitura sottoscritti dai comuni nei
confronti di tutte le tipologie di impianti di cui all'articolo 5, i cui gestori
potranno ottenere una nuova autorizzazione aderendo ad un patto di
riconversione impiantistica, attivato dal Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare, per la riconversione degli impianti di cui
all'articolo 5 in nuovi impianti di trattamento di riciclo o recupero di
frazioni differenziate di materia prodotte nello stesso bacino di riferimento.
Si prevede l'esclusione da qualsiasi appalto per la gestione complessiva dei
materiali post utilizzo dei soggetti indicati al comma 1 che non aderiranno al
patto di riconversione impiantistica che è parte di un più vasto programma di
riconversione impiantistica industriale.
L'articolo 7, «Divieto di smaltimento dei rifiuti riusabili, riciclabili, e non
trattati», dispone la revoca e il decadimento delle autorizzazioni ad inviare
in discarica o incenerire frazioni di rifiuti riusabili, riciclabili e
compostabili, che provengano sia dalle raccolte differenziate, sia dagli scarti
di selezione delle raccolte differenziate, ma con ancora potenzialità di
riciclaggio, sia dal trattamento del rifiuto residuale, ma recuperate come
materia sia al fine di riciclaggio sia perché utilizzabili in quanto materia.
Pone il divieto di depositare in discarica rifiuti biologicamente non
stabilizzati.
L'articolo 8, «Divieto di esportazione dei rifiuti», dispone la revoca delle
norme del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di autorizzazione
all'esportazione dei rifiuti non riciclabili sia urbani che speciali fuori
regione, concedendo una deroga limitata alle regioni in cui sia stato
deliberato lo stato di emergenza per la gestione dei rifiuti dal Consiglio dei
ministri, ma limitatamente ai rifiuti speciali non pericolosi ed ai rifiuti
urbani non trattati da inviare ad impianti per esclusivo recupero di materia, e
non oltre i due anni di tempo per adeguare l'impiantistica. Pone il divieto di
esportare fuori i confini dell'Unione europea rifiuti pericolosi, anche
riciclabili, in particolare quelli identificati con la sigla RAEE.
L'articolo 9, «Divieto di diluizione e di riciclo delle scorie da
incenerimento», recependo ed applicando anche le disposizioni dell'articolo 18
della direttiva 2008/98/CE, dispone il divieto di utilizzo diretto o di
diluizione delle scorie e delle ceneri da combustione o incenerimento con altri
materiali ai fini del riciclo, evitando che prodotti che possono venire a
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contatto con le persone contengano sostanze pericolose in concentrazioni
maggiori ai materiali originari.
L'articolo 10, «Tributo speciale allo smaltimento e al recupero energetico»,
adegua il tributo speciale alla scala delle priorità della gestione dei rifiuti
e alle nuove classificazioni delle operazioni di smaltimento e recupero dettate
dalla direttiva 2008/98/CE, applicando tre livelli di tassazione di cui il
livello massimo viene applicato a tutti i rifiuti soggetti non solo alla messa
in discarica, ma a tutte le operazioni di smaltimento così come definite
dall'allegato B del decreto legislativo n. 152 del 2006, in attuazione della
direttiva 2008/98/CE, comprendente anche lo smaltimento in inceneritori con
rese inferiori al 60 per cento o al 65 per cento a seconda della loro entrata
in funzione prima o dopo il 1o gennaio 2009, un secondo livello con importo
dimezzato, per le operazioni di recupero energetico, così come definite
nell'allegato C del decreto legislativo n. 152 del 2006, in attuazione della
direttiva 2008/98/CE, e un terzo livello per le operazioni di recupero di materia
diverso dal riciclaggio, ed in particolare per la FOS. Tale adeguamento del
tributo alla direttiva serve sia per rendere economicamente più competitivo il
riuso e il riciclo rispetto alle operazioni di smaltimento e recupero diverse
dal riciclo, sia per spostare da queste ultime operazioni risorse verso le
prime attraverso l'utilizzo del tributo speciale per la riconversione del
sistema.
L'articolo introduce, attraverso lo sconto al tributo speciale, rendendolo
regressivo dalla misura massima allo zero, legato ai risultati dei singoli
comuni, il primo dei tre meccanismi economici automatici per premiare le
pratiche virtuose messe in campo dai comuni che danno i migliori risultati in
termini di riduzione dei rifiuti, riuso e riciclo, introducendo un importante
criterio legato più alla riduzione dei rifiuti che alla raccolta differenziata,
vale a dire il premio in base alle quantità pro capite per abitante o
equivalente inviate a smaltimento o recupero energetico. L'introduzione del
nuovo criterio si rende indispensabile dato che in troppe regioni l'aumento
delle rese di raccolta differenziata è stato ottenuto più con l'aumento della
produzione dei rifiuti, in genere legato all'aumento dell'assimilazione,
piuttosto che attraverso una differenziazione spinta, andando così in contrasto
con il primo obiettivo nella scala delle priorità della gestione dei rifiuti:
la riduzione della produzione.
Le modalità di applicazione dello sconto, fatto salvo il criterio prima citato,
sono demandate alle singole regioni e devono tradursi in un minor costo del
servizio per i comuni virtuosi che si traduce in un minor costo in bolletta per
i cittadini di quel comune. La differenza di costo del servizio a favore dei
comuni virtuosi serve per far dirigere sullo stesso percorso i comuni meno
virtuosi.
L'articolo 11, «Utilizzo del gettito del tributo speciale», destina tutto il
tributo, e non solo una parte come attualmente, per la riconversione del
sistema attuando pertanto lo spostamento delle risorse dallo smaltimento e
recupero energetico verso riduzione, riuso e riciclo. Il gettito viene
destinato sia ad investimenti per la filiera del riuso e riciclo, sia a
progetti di riconversione da raccolta stradale a raccolta domiciliare con
tariffa puntuale, in modo da abbattere i costi di avvio del nuovo sistema, sia
a progetti di riduzione dei rifiuti.
Una parte del gettito viene poi destinata al secondo meccanismo automatico di
incentivazione economica ai comuni che raggiungono i migliori risultati in
fatto di minimizzazione dei rifiuti inviati a smaltimento.
L'articolo 12, «Tariffa di ingresso agli impianti di smaltimento, di recupero
diverso dal riciclaggio e di materiale post consumo residuale», contiene il
terzo meccanismo automatico di incentivazione economica per i comuni virtuosi
destinato a diminuire il loro costo del servizio e quindi le bollette dei
cittadini. Prevede che le tariffe di conferimento agli impianti di smaltimento,
di recupero diverso dal riciclo Pag. 8
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e comunque di rifiuto residuale, siano determinate in maniera differenziata
sulla base del criterio di minimizzazione del rifiuto pro capite o equivalente
smaltito. Si penalizzano in tal modo i comuni che producono maggiori quantità
pro capite di rifiuti da inviare a smaltimento e si incentivano quelli che ne
minimizzano la produzione demandando alle regioni la sua applicazione.
L'articolo 13, «Incompatibilità fra gestione della raccolta, gestione dello
smaltimento e gestione del riciclaggio», al comma 1, stabilisce il principio di
netta separazione in ogni territorio dei ruoli tra soggetti pubblici gestori
della fasi di raccolta e gli attuali soggetti privati gestori proprietari di
impianti di smaltimento, sotto forma di qualsiasi collegamento societario. La
separazione si rende necessaria perché finora si è verificato che la gestione
unica ha fatto sì che la fase della raccolta fosse finalizzata dal gestore ad
assicurare il pieno utilizzo degli impianti di discarica e incenerimento,
mettendo pertanto in subordine la riduzione, il riuso e il riciclo. Tale
disposizione è concepita in stretta connessione con le previsioni dei
successivi articoli 16, 18 e 24, che costituiscono la traduzione normativa del
risultato referendario in tema di servizi pubblici locali così come ribadito
dalla Corte costituzionale, in cui, oltre a distinguere quali fasi della
gestione dei rifiuti debbano essere di pertinenza pubblica esclusiva e quali
possono essere demandate anche al mercato, quali fasi debbano essere separate
fra loro per eliminare conflitti di interesse, vengono anche precisati i ruoli
e i compiti dei consorzi nazionali obbligatori, gli spazi che possono essere
ricoperti dal volontariato e dalle cooperative sociali, e gli strumenti di
gestione in mano alle pubbliche amministrazioni.
Il comma 2 prevede espressamente la crescita di soggetti industriali
territoriali pubblici, privati e collettivi operanti in un sistema parallelo al
CONAI, con utilizzo di impianti e nuove tecnologie a basso impatto ambientale.
Il comma 3 assegna definitivamente alle amministrazioni comunali la gestione
sul servizio di raccolta dei rifiuti che, pertanto, sono i titolari delle
scelte di gestione, nonché garanti del rispetto di precauzione in merito alla
tutela dell'ambiente e della salute, garantendo forme di gestione partecipata
permanenti delle comunità locali.
Il comma 5 dispone la realizzazione di centri di ricerca e analisi finalizzati
alla riprogettazione dei beni ai fini del riciclo, presso ogni impianto di
smaltimento.
L'articolo 14, «Semplificazione delle procedure per l'impiantistica del
riciclaggio», prevede procedure di autorizzazione semplificate per
l'impiantistica legata al riuso, al riciclaggio e al compostaggio, come
previsto dall'articolo 214 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e l'adozione
da parte di regioni e province di un iter amministrativo accelerato. Si
individuano le tipologie di impianti che potranno godere di questo regime
speciale, tra cui i digestori anaerobici alimentati a FORSU di capacità
limitata.
Introduce per tutti i digestori anaerobici una nuova disposizione per cui sono
privilegiati gli impianti che prevedono la reimmissione in rete del biometano
da biogas prodotto, con espresso divieto di combustione del biometano e del
biogas per la produzione di energia elettrica, se non per quanto strettamente
connesso alle necessità di autoalimentazione interna e con obbligo di
trattamento del digestato in impianti di compostaggio aerobico. Si prevede
inoltre la possibilità che tale biometano da biogas possa essere in alternativa
anche commercializzato quale carburante per autotrazione, sull'esempio di
quanto già avviene in diversi Stati dell'Unione europea.
L'articolo 15, «Tariffa puntuale», prevede l'obbligo dell'introduzione della
tariffa puntuale, tariffa che responsabilizza le singole utenze che dovranno
pagare il servizio sulla base della quantità e qualità dei rifiuti conferiti,
stimolandole in questo modo a produrne di meno e a dividerli di
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più. Demanda ai comuni la sua applicazione all'interno di criteri prestabiliti,
prevedendo che le utenze che praticano il compostaggio domestico dovranno avere
almeno il 20 per cento di sconto sulla tariffa. Si prevede inoltre che nei
comuni che applicano la tariffa puntuale tale sistema tariffario sarà
sostitutivo della TARES.
L'articolo 16, «Ambiti di raccolta ottimali», istituisce gli ambiti di raccolta
ottimali (ARO) ai sensi dell'articolo 200 del decreto legislativo n. 152 del
2006, costituiti in bacini di utenza omogenei tra più comuni che ottimizzino la
filiera della raccolta differenziata intesa al recupero totale dei materiali
post utilizzo, laddove esistano le condizioni per l'attuazione della relativa
rete impiantistica di servizio con potere di integrazione ed attuazione
rispetto alle linee guida previste dai vigenti piani regionali dei rifiuti.
Al comma 2 dichiara le operazioni di riduzione, riuso e raccolta porta a porta,
nonché alcune operazioni di riciclaggio, quali servizi privi di rilevanza
economica, pertanto slegate dal patto di stabilità interno.
Inoltre ai commi 3, 4 e 5 detta i poteri attribuiti, le modalità di
funzionamento e l'obbligo per le regioni di inserimento nei piani rifiuti
regionali degli ARO stessi.
L'articolo 17, «Programma di riconversione impiantistica industriale», al fine
di finanziare il programma di riconversione stesso istituisce i certificati
bianchi quali sistema di incentivazione dell'impiantistica legata al riuso, al
riciclaggio e al compostaggio, impianti ricompresi all'articolo 6, comma 1, ed
elencati nell'articolo 14, per il finanziamento delle attività di riconversione
impiantistica industriale e di gestione ordinaria dei nuovi impianti. Detto
provvedimento, unitamente ai provvedimenti disposti dagli articoli 3 e 10,
permette di spostare importanti risorse dagli impianti di discarica e
incenerimento, impianti che si trovano nei due ultimi gradini della scala delle
priorità nella gestione dei rifiuti, verso gli impianti di riuso, riciclo e
compostaggio, che si trovano al secondo e terzo gradino della scala delle
priorità. Viene qui inserito un nuovo sistema di tassazione sul «vuoto a
perdere» che consiste in una tassa dovuta dalle industrie che utilizzano
contenitori per bevande di cui non è previsto il ritiro diretto ai fini della
riutilizzazione. Da detta tassazione sono esentati i contenitori distribuiti
con il sistema del «vuoto a rendere» che prevede una cauzione da versare al
momento dell'acquisto recuperabile al momento della resa. Tale tassazione sarà
finalizzata interamente al finanziamento del programma di riconversione
impiantistica nazionale ed andrà ad alimentare il fondo di rotazione nazionale
istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del
mare, che dovrà favorire l'informazione e la partecipazione dei cittadini e
delle comunità locali nel processo di riconversione impiantistica industriale.
L'articolo 18, «Compiti del CONAI e dei distretti», recepisce, unitamente ai
precedenti articoli 13 e 16, il risultato referendario in tema di servizi
pubblici locali con particolare attenzione al superamento dell'attività
monopolistica del CONAI prevedendo anche nuovi distretti di piccole e medie
imprese locali con soggetti pubblici, privati e collettivi che operano in un
sistema certificato anche parallelo al CONAI, ed all'espansione del campo di
interesse del CONAI e dei distretti dalla gestione del riciclo degli imballaggi
alla gestione del riciclo e recupero di tutte le frazioni secche differenziate.
Si stabilisce che il contributo ambientale CONAI e distretti dovrà essere
allineato all'importo della media europea e che tale contributo dovrà essere
utilizzato almeno per il 70 per cento per remunerare le attività di raccolta e
riciclaggio e per il 20 per cento per le attività di ricerca dedicata alla
riprogettazione di nuovi prodotti ed imballaggi.
Tale disposizione è intesa a fornire una remunerazione di base al sistema del
riciclo, per garantirne la autosufficienza per le attività di raccolta e
riciclaggio, per
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difenderlo da fenomeni speculativi e garantirne la funzionalità anche nelle
fasi più deboli di mercato.
Fra i compiti del CONAI e dei soggetti industriali territoriali di cui al comma
1, si stabilisce anche la ricerca e riprogettazione di prodotti e imballaggi ai
fini della riduzione e del riciclo; a tal fine essi saranno tenuti a finanziare
i centri di ricerca e riprogettazione industriale su rifiuto residuo presso
tutti gli impianti di discarica autorizzati ai sensi dell'articolo 7.
L'articolo 19, «Controllo e monitoraggio», prevede che il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'ISPRA, le ARPA, le
province, i comuni e le comunità locali si facciano carico del controllo e del
monitoraggio dell'attuazione del piano di riconversione industriale tramite un
tavolo periodico semestrale di confronto.
La totale trasparenza delle attività del CONAI e dei soggetti industriali
pubblici, privati e collettivi viene assicurata tramite l'istituzione di un
rapporto annuale in cui si evidenzi l'assoluta esclusione del conferimento ad
impianti di incenerimento o combustione di frazioni differenziate di materiali
post utilizzo e i risultati di gestione della materia riciclata oltre che
differenziata.
L'articolo 20, «Piano di monitoraggio sanitario», affronta in modo specifico i
temi della salvaguardia ambientale e della salute, applicando il principio di
prevenzione. A tal fine si prevede la stesura di un piano di monitoraggio
sanitario ed ambientale, affidato al Ministero della salute, alle regioni, alle
province, in collaborazione con istituto superiore di sanità, il CNR, l'ENEA,
le ARPA, gli ordini professionali dei medici chirurghi e le comunità locali,
mirato all'individuazione di aree e bacini industriali in cui si sia
determinato un danno ambientale permanente e patologie alla salute pubblica.
Tale piano dovrà identificare il soggetto responsabile del danno e le attività
di bonifica sul territorio, avviare azioni di prevenzione e cura, tra le quali
la mappatura del latte materno e vaccino, istituire i registri dei tumori in
aree e bacini industriali delimitati conferendo risorse e poteri alle ASL. I
gestori degli impianti sono chiamati a rispondere del danno finanziando le
attività di ricerca, monitoraggio e prestazione sanitaria erogate in favore
degli operatori e lavoratori degli impianti stessi.
Al comma 4 descrive le linee guida per il trattamento dei rifiuti contenenti
amianto, ai sensi della recente risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo
2013, che invita a superare il sistema del conferimento in discariche, fissa il
principio di classificazione dei rifiuti contenenti amianto come rifiuti
pericolosi, sospende le nuove autorizzazioni a discariche di rifiuti pericolosi
per materiali contenenti amianto e prevede che entro sei mesi venga codificato
il protocollo per l'inertizzazione dell'amianto secondo una procedura definita
dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal
Ministero della salute insieme all'ISPRA e ai centri ed enti di ricerca
pubblici.
L'articolo 21, «Reato di danno ambientale», istituisce il reato di danno
ambientale ed alla salute pubblica relativamente alle violazioni degli articoli
da 255 a 261 del decreto legislativo n. 152 del 2006, individuando le
responsabilità penali, la responsabilità civile o amministrativo-contabile, il
risarcimento del danno a favore delle comunità locali e dello Stato, oltre
all'esecuzione delle opere di bonifica necessarie a carico di chi arreca danno
all'ambiente e alle persone.
L'articolo 22, «Piano nazionale di prevenzione», dispone che il Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rediga un Piano
nazionale di prevenzione per la riprogettazione industriale ecocompatibile che
includa l'attuazione del principio di responsabilità estesa al produttore e il
criterio della decostruibilità e riciclabilità totale entro il 2020. L'attività
dei centri di ricerca per la riprogettazione è finanziata con il fondo
vincolato costituito dalle risorse di cui all'articolo 18, essi sono affidati
con modalità di gara pubblica
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e saranno supportati da università pubbliche, istituti nazionali di ricerca e
centri di ricerca di cui all'articolo 13. Per gli acquisti e le forniture di
beni delle amministrazioni pubbliche si prevede che almeno il 75 per cento
provenga da materiali riciclati.
L'articolo 23, «Piani di razionalizzazione della filiera alimentare e dei
rifiuti organici», affronta tutta la tematica degli sprechi della filiera
alimentare e dell'uso corretto degli scarti organici, temi particolarmente
affrontati nella risoluzione del 24 maggio 2012 «Un'Europa efficiente
nell'impiego delle risorse» del Parlamento europeo, prevedendo un piano
nazionale per eliminare gli sprechi alimentari e per utilizzare gli scarti
della frazione organica ai fini della lotta alla desertificazione, contro il
depauperamento della fertilità organica dei suoli già ampiamente compromessa in
Italia, e con particolare attenzione alla filiera corta. Sono istituite le
banche alimentari per la raccolta del surplus alimentare da riutilizzare per
uso sociale e di sostentamento umanitario da parte dei comuni e delle
organizzazioni di volontariato e del terzo settore. Si istituisce il
compostaggio di caseggiato o di zona, laddove il compostaggio domestico non sia
effettuabile, con l'utilizzazione di aree verdi pubbliche da parte di comunità
volontarie organizzate.
L'articolo 24, «Centri per il riuso e per il riciclaggio», istituisce i centri
per il riutilizzo dei beni a fine vita e per il riciclo, che potranno
sostituire o affiancare i centri di raccolta, stabilendo il rapporto minimo fra
tali centri e la popolazione servita. Tale disposizione è volta ad incentivare
e sostenere l'efficienza nell'uso delle risorse soprattutto nella fase di primo
utilizzo, nel prolungamento della vita utile, oggi pressoché assente nella
gestione dei rifiuti, nonché il loro ulteriore utilizzo come materiali
riciclabili, come attualmente svolto dai centri di raccolta.
L'articolo 25, «Ruolo del volontariato e della cooperazione sociale», individua
gli spazi che possono essere ricoperti dal volontariato e dalle cooperative
sociali e gli strumenti di gestione in mano alle pubbliche amministrazioni.
L'articolo 26, «Accesso all'informazione e partecipazione dei cittadini»,
costituisce la traduzione normativa delle indicazioni della Carta di Ottawa del
1986, della Convenzione di Aarhus, 26 giugno 1998, della direttiva 2003/35/CE,
della direttiva 2008/98/CE e della Carta di Aalborg del 1994,
sull'informazione, comunicazione e partecipazione dei cittadini in tutte le
fasi della formazione delle decisioni istituzionali in materia di ambiente e
rifiuti e per la gestione dei rischi ambientali e sanitari. In particolare
introduce nella redazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti il
principio della reale partecipazione attraverso l'istituzione di comitati di
garanti composti da professionisti esperti nel settore ambientale e della
salute che verifichino che la partecipazione e l'informazione siano attuate con
attenzione e con la necessaria trasparenza.
L'articolo 27, «Disposizioni finanziarie», stabilisce la copertura finanziaria
della legge attraverso le cinque fonti di finanziamento previste ed elencate,
che attengono sia alle competenze statali che regionali.
L'articolo 28, «Entrata in vigore», dispone che la legge entri in vigore il
giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Commenti
bene!
scritto da Comitato No Inceneritore Si Alternative, marzo 20, 2015
un documentone, un monumento all'intelligenza e al buon senso, dai cittadini svegli e consapepoli
piccioni
scritto da msirca, marzo 20, 2015
spero solo che che in Commissione e in Parlamento si trovino persone e non "piccioni" che i momumenti li usano solo per starnazzare e scacchicchiare
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