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Ercolini ospite del "Pianeta Terra Festival"

 

 

Sabato 8 ottobre alle ore 19 presso la sala sala convegni di Confindustria toscana nord sita a Lucca in piazza Bernardini, 41 Rossano Ercolini, goldman environmental prize 2013, sarà ospite del Pianeta Terra festival, che vede studiosi nazionali e internazionali confrontarsi per costruire una visione nuova per il futuro del nostro Pianeta.

All’evento, dal titolo “Dall’ego-logia all’eco-logia: quando i cittadini possono fare la differenza”, sarà presente con Ercolini anche Samir de Chadarevian, advisor, storyteller ed editorialista.

Entrambi dialogheranno con Irene Ivoi sull’importanza di ripensare ad un modello economico, antropologico e culturale del tutto ego-logico e inadeguato a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi.

Dall’ego-logia all’eco-logia, un gioco di parole che fa appello ad una sfida:  il passaggio dal “modello lineare” (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) centrato sullo sfruttamento sconsiderato della natura al “modello circolare” basato sul rispetto dei tempi e dei modi della rigenerazione ambientale.

L’ingresso all’incontro è gratuito fino ad esaurimento posti.

 

 

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Uno non vende la terra... PDF Stampa E-mail
Scritto da Redazione   
mercoledì 18 novembre 2009

(Ma i nostri politici, di destra e di sinistra, vendono l'acqua di tutti agli sfruttatori,  vendono l'aria di tutti agli avvelenatori, vorrebbero vendere anche la nostra anima per fare cassa...)

Comincia con la frase di Tashunka Witko «Uno non vende la terra sulla quale cammina il suo popolo» la dichiarazione del Forum dei movimenti sociali, Ong e organizzazioni della società civile in parallelo al Summit Fao sulla sicurezza alimentare tenutosi a Roma e del quale riportiamo gli stralci più significativi.

da Greenreport[ 18 novembre 2009 ] Economia ecologica

 

Il Forum dei movimenti sociali sul summit Fao: no agli Ogm e all'industrializzazione di cibo e vivente

ROMA. Comincia con la frase di Tashunka Witko «Uno non vende la terra sulla quale cammina il suo popolo» la dichiarazione del Forum dei movimenti sociali, Ong e organizzazioni della società civile in parallelo al Summit Fao sulla sicurezza alimentare tenutosi a Roma e del quale riportiamo gli stralci più significativi.

Al Forum, tenutosi a Roma dal 13 al 17 novembre, hanno partecipato 642 persone di 93 Paesi in rappresentanza di 450 organizzazioni di contadini, piccoli pescatori, pastori popoli autoctoni, Ong... ha sollecitato un nuovo approccio alla situazione drammatica che vede ormai un miliardo di persone affamate: «La sovranità alimentare è la soluzione alla tragedia nel nostro mondo. La sovranità alimentare implica la trasformazione del sistema alimentare attuale al fine di assicurare che i produttori di alimenti dispongano di un accesso equo così come della gestione della terra, delle acque, delle sementi, della pesca e della biodiversità agricola.

Tutti hanno il diritto e la responsabilità di prendere parte à alla presa di decisioni sul mondo della produzione e della distribuzione degli alimenti. Gli Stati devono rispettare, proteggere e soddisfare il diritto all'alimentazione, in quanto diritto a disporre di alimenti adeguati, disponibili, accessibili, culturalmente accettabili e nutrienti. Gli Stati hanno l'obbligo di fornire un'assistenza in caso di urgenza, senza che questo non avvenga a detrimento della Sovranità alimentare e dei diritti umani. Le misure di urgenza devono mobilitare le risorse al livello più localmente possibile e non deve servire ad obbligare i Paesi ad accettare gli Ogm . L'alimentazione non deve mai essere utilizzata come un'arma politica».

Il Forum dei movimenti attira l'attenzione sulle violazioni dei diritti umani dei popoli vivono nelle zone di Guerra e sotto occupazione i situazioni di crisi e chiede alla comunità internazionale di opporsi all'espulsione di intere popolazioni per sfruttare le loro terre e le loro risorse, alla manipolazione demografica ed al trasferimento delle popolazioni. «Noi dichiariamo il nostro sostegno al nuovo Comitato per la Sicurezza alimentare mondiale, insistendo sull'impegno preso dai Capi di Stato presenti al Summit della Fao, davanti a questa insistenza, nella loro dichiarazione».

Il nuovo Comitato per la Sicurezza alimentare mondiale una nuova istituzione dell'Onu che dovrà applicare conoscenze, prospettive, buone pratiche quotidiane che sono state ignorate o dimenticate per troppo tempo. «Noi affermiamo ce il Diritto all'alimentazione rappresenta il riferimento centrale che deve guidare tutti gli elementi di lavoro del Comitato per la sicurezza alimentare - si legge nella dichiarazione del Forum - Noi esprimiamo le nostre preoccupazione riguardo al finanziamento appropriato della Csa. Noi ci appelliamo agli Stati membri della Fao perché concretizzino i loro impegni politici per un finanziamento adeguato alle ambizioni del suo programma di lavoro.

Noi constatiamo che c'é ancora molto lavoro da fare all'interno della Csa per assicurare la coerenza tra le diverse componenti della governante globale sull'alimentazione e l'agricoltura. A questo riguardo, siamo estremamente preoccupati per il programma globale agricolo e della sicurezza alimentare della Banca Mondiale i cui meccanismi di governance appaiono non democratici, opachi e che conducono a riprodurre gli errori del passato. Fino a che l'Organizzazione mondiale del commercio privilegia gli interessi commerciali a detrimento dei marginalizzati e dei malnutriti, la fame persisterà nel mondo».

Il Forum dice che bisogna fare affidamento sul sistema di approvvigionamento ecologico che già nutre la grande maggioranza degli abitanti del pianeta: «Le nostre pratiche guardano all'alimentazione dei popoli e non all'arricchimento dell'industria. Esse sono di natura sana, diversificata e locale e sono suscettibili di mitigare il cambiamento climatico. Noi ci impegniamo a rafforzare e promuovere il nostro modello ecologico di approvvigionamento alimentare nel quadro della Sovranità alimentare, mirante a nutrire l'insieme delle popolazioni, comprese quelle delle zone marginali quali quelle dei piccolo Paesi insulari e le zone costiere. Le nostre pratiche, dando la priorità all'alimentazione locale, riducendo al minimo lo spreco e le perdite non generando I Danni causati dal sistema di produzione industriale. L'agricoltura contadina, di natura resilente, può adattarsi e mitigare il cambiamento climatico. Noi insistiamo però sulla necessità di escludere l'alimentazione e l'agricoltura dal mercato dei diritti delle emissioni di carbonio. Noi vogliamo difendere e sviluppare la nostra biodiversità agricola, ittica ed animale di fronte alla commercializzazione aggressiva del vivente, dell'alimentazione e della conoscenza che facilitano le "nuove rivoluzioni verdi". Noi reclamiamo una moratoria mondiale sugli Organismi geneticamente modificati. I governi devono proteggere i loro mercati interni. Le noostre pratiche richiedono politiche di gestione dell'offerta per assicurare la disponibilità degli alimenti e garantire dei guadagni decenti e dei prezzi giusti».

Il Forum vuole nuove leggi per un nuovo modello partecipativo ed ecologico che sia frutto di un'alleanza tra agricoltori, piccoli produttori, trasformatori, scienziati, istituzioni, consumatori, che rimpiazzi l'approccio produttivistico del Codex Alimentarius ed accorci le distanze tra produttori e cittadini. Un nuovo concetto di alimentazione che metta l'accento su nutrizione e diversità dei regimi alimentari mortificate dal sistema industriale della produzione alimentare e dall'accaparramento delle terre da parte delle multinazionali finanziarie che fa il paio con la crescita dei "senza terra" e la crisi alimentare mondiale e che è parte della deforestazione, dell'appropriazione di mari ed oceani, dell'acqua dolce e delle zone costiere.

Per questi le Ong chiedono riforme agrarie globali con le quali garantire il controllo delle comunità sulle loro risorse naturali, ma anche uguaglianza di genere, diritto alla terra per donne e giovani, accesso all'acqua che deve restare un bene comune non assoggettabile al mercato.

Gli stati devono anche garantire i diritti dei piccoli pescatori, dei pastori, dei popoli autoctoni e tribali che troppo spesso scacciati dalle loro terre da grandi concessioni per piantagioni ed acquacoltura industriale e da progetti turistici o infrastrutturali.

«Noi respingiamo I diritti di proprietà intellettuale sul vivente - si legge nella dichiarazione - compresi quelli sulle sementi, le piante e gli animali. I monopoli biologici de facto, rendendo sterili le sementi e le razze, devono essere banditi. Dobbiamo mantenere il controllo sui semi. Vogliamo mantenere le pratiche di libero scambio e di salvaguardia di sementi e razze. Valorizziamo le nostre conoscenze tradizionali come pescatori, pastori, popoli autoctoni e contadini e continueremo a sviluppare questi saperi per nutrire le nostre comunità in maniera sostenibile. I nostri canti e i nostri racconti esprimono la nostra cosmogonia e sono importanti per mantenere la relazione spirituale con le nostre terre».

Commenti (1) >> feed
da FOCSIV.org
scritto da bolina, novembre 18, 2009

COMUNICATO STAMPA
Piccoli produttori, il sistema funziona ma i numeri non sono soddisfacenti. Marelli: “bisogna promuovere la sovranità alimentare. Anche l’Italia potrebbe trarne benefici”
Roma, 9 giugno 2008. Ancora oggi l’80% della produzione agricola mondiale e quindi della nutrizione del genere umano si basa sulle piccole aziende agricole che producono su scala familiare (fonte: Rapporto FAO 2007), le stesse che - dopo il summit FAO conclusosi nei giorni scorsi a Roma – denunciano di non essere sostenute abbastanza dalle scelte politiche internazionali che avvantaggiano invece le grandi multinazionali dell’agrobusiness.
In particolare i piccoli agricoltori - attraverso le organizzazioni contadine, i movimenti sociali e le Ong che si sono riunite a Roma nel Forum internazionale parallelo Terra Preta che si è tenuto in concomitanza con il vertice della FAO e che ha trovato la sua ideale conclusione nella marcia per il clima dell’altro ieri a Milano - chiedono ai governi di avviare procedimenti giuridici a favore delle vittime dell’emergenza alimentare e di perseguire il concetto della sovranità alimentare nell’approccio al complesso problema della fame.
Il nuovo modello economico e produttivo era già stato proposto dopo il vertice FAO del 2002 dal Forum parallelo delle associazioni di volontariato e “si basa sulla promozione del concetto di sovranità alimentare che è una evoluzione di quello di sicurezza alimentare – spiega Sergio Marelli, Presidente del Comitato per la Sovranità Alimentare – il quale per altro porta in sé il rischio di soluzioni emergenziali quando non filantropiche e della promozione di modelli commerciali ad esclusivo vantaggio dei potentati economici dell’agro-industria e dei Paesi grandi produttori agricoli, in particolare per lo smaltimento dello loro eccedenze produttive”.
Sei anni dopo, mentre l’appello rimane inascoltato, i progetti di aziende agricole che si basano sulla produzione finalizzata alla sovranità alimentare vanno avanti e di conseguenza crescono le esperienze e le competenze. In tutto i progetti nel settore agroalimentare sostenuti dalle Ong italiane aderenti alla FOCSIV sono circa 500 e si basano sulla promozione di una cultura agroalimentare che si fonda sulla sostenibilità ambientale, il rispetto dei suoli e il sostegno alle aziende a conduzione familiare. La maggior parte di essi si collocano in Africa. Seguono America Latina e Asia. Una presenza marginale di questo tipo di progetti si registra, invece, in Europa.
In Burundi, per esempio, la presenza ininterrotta da 30 anni dei Volontari Italiani per la Solidarietà ai Paesi Emergenti (Vispe) è servita a realizzare centri di sviluppo a Mutoyi e Bugenyuzi, costituiti da un insieme organico di unità produttive. Ai gruppi agricoli, infatti, qui si collegano mangimifici, oleifici, saponifici, semenzai, una latteria di soja, maglifici, panifici e allevamenti avicoli. Vere e proprie cooperative di produzione collegate in una “Unione di Cooperative”. Il progetto Mutoyi oggi è indicato anche dalle autorità del Paese come modello di sviluppo per il Burundi, dato che ha prodotto lavoro indotto per oltre 40.000 persone con grande beneficio sulla popolazione locale e sugli abitanti della capitale che possono acquistare i prodotti di Mutoyi in un magazzino aperto in un quartiere periferico di Bujumbura.
Anche in Tanzania il Comitato Europeo per la Formazione e l’Agricoltura (Cefa) ha puntato a valorizzare il lavoro delle aziende su scala familiare. “Si tratta di una scelta che il Cefa ha avviato dal suo inizio nei diversi Paesi dove ha operato e opera – dice Marco Benassi, responsabile Cefa dei progetti per la Tanzania -. In particolare sugli altipiani meridionali della Tanzania, esattamente nei villaggi di Bomalang'ombe e Lyamko è appena partito un importante progetto sulla filiera pataticola ed è molto avviata un'azienda di trasformazione, il cui scopo è di acquistare prodotti agricoli grezzi da lavorare per conferirgli un valore aggiunto”. Attraverso una struttura ben equipaggiata l’azienda acquista frutta e miele prodotti nei villaggi circostanti e li trasforma producendo marmellate, miele e succhi di frutta che vengono poi venduti nei mercati delle città più grandi come Dar es Salaam, Morogoro, Iringa e Njombe. Lo stesso avviene con la macelleria. “Questi due processi produttivi consentono ai contadini e agli allevatori di trovare in questa zona rurale un mercato sicuro per i loro prodotti – continua Benassi - e soprattutto di disporre di un reddito per le loro famiglie”.
In Madagascar, invece, a Tsiroanamandidy ci sono Goffredo Sacchetti e Bruno Castro di Reggio Terzo Mondo (Rtm). Il progetto agricolo che stanno seguendo è partito nel 2004 e ad oggi è al terzo step. “Il nostro punto di riferimento è il Centro di formazione dei gesuiti con annessi 200 ettari di terreno da mettere in produzione – spiega Goffredo – ma una fase importante del progetto è consistita nella formazione dei coltivatori direttamente nei loro villaggi. Questo tipo di presenza dei volontari ha fatto si che proprio nei villaggi si costituissero associazioni di produttori per affrontare insieme non solo il problema della produzione, ma anche della sanità e della commercializzazione dei prodotti. Ad oggi nei villaggi di Tsiroanamandidy contiamo 50 associazioni, di cui 34 femminili e 22 maschili”. “Girando per i villaggi ho potuto constatare di persona come pian piano la gente sta passando dalla teoria alla pratica – dice Bruno -. Soprattutto è aumentata la produzione di riso, grazie all’alternanza delle colture nelle risaie e all’uso di fertilizzanti naturali ottenuti dalla pratica del compostaggio che sempre di più si sta diffondendo nei villaggi”.
“Come emerge dai dati il limite di questo tipo di esperienze consiste esclusivamente nel loro numero, ancora troppo ridotto rispetto alle esigenze diffuse – commenta Marelli -. Per questo anche i governi dovrebbero potenziare gli aiuti concreti ai produttori su scala familiare e agevolare il loro ingresso nel mercato. E questo non solo nei Paesi dove oggi la crisi alimentare quotidianamente continua a mietere vittime, ma anche in Europa. La lotta per la sovranità alimentare, infatti, è un elemento culturale da inquadrare su vasta scala che va oltre i Paesi considerati in via di sviluppo (Pvs) e che coinvolge anche l’occidente. In Italia, per esempio, i vantaggi del sostegno a questo modello produttivo sarebbero indiscutibili sia a livello economico, basti pensare al valore di mercato delle produzioni tipiche e tradizionali, che a livello ambientale per l’impatto positivo che le aziende su scala familiare hanno sulla preservazione dell’ambiente e dei suoli, in particolare di quelli marginali e a rischio di abbandono”.

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