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La
Città invisibile - Rivista di PerUnaltracittà Firenze
--LEGGE
MARSON, FORSE TROPPO AVANZATA?
La
maggioranza in Consiglio regionale ha approvato una legge sulla semplificazione
che modifica la legge Marson sull’urbanistica. Il presidente Giani la difende,
ma ci sono problemi di incostituzionalità.
Nella
sostanza ecco spiegato nell'articolo di Alberto Ziparo perché la legge
urbanistica e il PIT in Toscana non vanno modificati. Semplificazioni che
vogliono dire meno controlli e garanzie per il nostro territorio.--
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Legge Marson e gli attacchi al quadro normativo e programmatico
territoriale della Toscana: forse troppo avanzato per chi dovrebbe gestirlo
Di Alberto Ziparo /
10 Maggio 2022
Il quadro normativo e programmatico territoriale, messo in piedi in Toscana
nella scorsa legislatura in cui l’assessore di riferimento era l’Urbanista
Territorialista Anna Marson, è molto apprezzato in consessi tecnico -scientifici
e politico-culturali anche internazionali: la legge urbanistica e il PIT
Paesaggistico vengono studiati e analizzati, quale riferimento per
professionisti, pianificatori e studiosi in realtà anche assai diverse.
Legge Marson e gli attacchi al quadro normativo e programmatico
territoriale della Toscana: forse troppo avanzato per chi dovrebbe gestirlo
Di Alberto Ziparo /
10 Maggio 2022
Il quadro normativo e programmatico territoriale, messo in piedi in Toscana
nella scorsa legislatura in cui l’assessore di riferimento era l’Urbanista
Territorialista Anna Marson, è molto apprezzato in consessi tecnico -scientifici
e politico-culturali anche internazionali: la legge urbanistica e il PIT
Paesaggistico vengono studiati e analizzati, quale riferimento per
professionisti, pianificatori e studiosi in realtà anche assai diverse.
Interpretando norme e direttive secondo regole e valori del patrimonio
statutario ecoterritoriale, tali strumenti sono considerati tra l’altro in
linea con l’esigenza, ormai drammaticamente urgente, di rispondere, anche con
opportune strategie per i contesti spaziali, alle minacce della crisi
climatico-ecologica; nonché perfettamente coerenti con i principali criteri
dell’autentico Green Deal europeo e con le istanze contenute negli appelli del
gruppo IPCC/UNEP.
Il Quadro in questione però evidentemente non va bene a gran parte della
governance di riferimento, la politica istituzionale toscana, che non perde
occasione per tentare di vanificare, ridimensionare, annacquare, edulcorare,
l’apparato normativo e programmatico della Legge e del Piano.
Questa volta l’occasione è fornita dalla enfatizzata necessità di approvare
“rapidamente e senza intoppi” i progetti toscani legati al PNRR; liberandoli
dai meccanismi “più suscettibili di creare ritardi o impedimenti” negli iter
procedurali. Con la scusa che si tratta di “provvedimenti singolari per
esigenze eccezionali” si attaccano alcuni milestone della Legge urbanistica,
con modifiche che, anche laddove assumessero valore unicamente contingente,
costituirebbero precedenti da invocare ogni qual volta gli interessi in gioco
dovessero richiederlo.
Diverse Regioni, anche gestite da giunte di centrodestra che dovrebbero
essere “più veterosviluppiste” di quelle di segno opposto come la Toscana, non
hanno inteso introdurre per la circostanza modifiche permanenti ai quadri
normativi o programmatici, ma semplicemente organizzare delle Commissioni di
verifica e approvazione dei progetti PNRR “particolarmente attente ai possibili
contasti tra caratteristiche degli stessi e direttive esistenti in leggi e
programmi, nonché alle modalità di loro superamento”. In Toscana, invece, si è
usata la questione per attaccare ancora e modificare la LUR. E meno male che una
prima versione di emendamenti – evidentemente incostituzionali – è stata
ritirata. Tuttavia anche quella rimasta in campo segna un pesante
arretramento del quadro delineato dalla Legge.
Con gli emendamenti approvati, infatti, viene ulteriormente
ridimensionata quando non direttamente negata, la valutazione ambientale.
La VIA si riduce infatti a procedimento eminentemente formale, in cui
esistono scarsissime possibilità di contrastare dichiarazioni e intenzioni del
proponente. La VAS viene sostanzialmente abrogata per i
progetti in questione. Non si tratta nemmeno di novità assoluta, perché sia la
Regione che diversi enti territoriali avevano già tentato simili escamotage in
passato: si consolida una tendenza evidentemente sbagliata; tra l’altro in
evidente contrasto con la dichiarata transizione o conversione ecologica. Nella
stessa logica si tende ad azzerare qualsiasi partecipazione sociale,
per velocizzare gli iter. Nella versione emendata della norma, si
possono approvare Varianti al piano vigente, senza esplicitare il quadro
conoscitivo dell’assetto urbanistico di riferimento. Si può approvare
un progetto in deroga, richiamando le “varianti per pubblica utilità”,
se lo stesso può essere finanziato, anche solo parzialmente, con fondi di
provenienza dal “Recovery Plan”. Un precedente pericolosissimo, con meccanismi
che possono facilitare speculazioni anche grosse, specie per la messa
a rischio di paesaggi ed ecosistemi di notevole pregio, assai appetiti per
esempio dall’industria turistica sulla costa o in ambiti collinari e montani
peculiari.
In generale si ritorna e si insiste sul concetto di “variante automatica”
allo strumento urbanistico, provvedimento-escamotage già bocciato più volte
dalla Magistratura competente, Tar , Consiglio di Stato e Consulta. Che in
Toscana richiama la vicenda dell’ampliamento dell’aeroporto di Firenze:
in cui la pretesa “Variante automatica” del proponente è stata cancellata
dall’Autorità Giudicante, a favore del ripristino delle 142 prescrizioni del
Ministero dell’Ambiente, la cui ottemperanza di fatto disegna la necessità di
nuovo progetto integrale.
In generale la politica istituzionale toscana pare voler continuamente
ricordare di non essere all’altezza dello stesso quadro normativo e
programmatico territoriale e paesaggistico, assolutamente in linea con le emergenze
ambientali e sociali di fase, di cui pure si era dotata. In questo
atteggiamento evidentemente giocano il permanere dominante di interessi
politico-finanziari che hanno significato molti errori trascorsi con
altrettanti elementi di dissesto e degrado ecologico, oltre che di
destabilizzazione sociale; nonché l’incapacità culturale di fare realmente i
conti con problemi ed esigenze di oggi e del prossimo futuro.
Ciò che è dimostrato anche dalle vicende urbanistiche e
trasportistiche dell’area fiorentina, in cui una reale innovazione
tecnica sociale e programmatica, oltre che modalità coerenti di risoluzione dei
problemi, vengono bloccate da una governance prigioniera di logiche vetuste e
vecchi macroprogetti: quelli ormai evidentemente falliti, per infattibilità o
obsolescenza programmatica, come il citato ampliamento aeroportuale di Firenze
o il sottoattraversamento TAV; o quelli che esaltano gli interessi
politico-finanziari, come la svendita, o la cessione in uso, del patrimonio
costruito della città storica, o il “Pozzo di San Patrizio” rappresentato dal
sistema tranviario fiorentino. Quest’ultima opera detiene una sorta di record
mondiale di costi (costo/chilometro più che triplo rispetto alla media europea),
che evidentemente gratifica, a scapito della collettività, il sistema di potere
interessato, “felicemente legato alle ricadute incentivanti” di un modello di
spesa votato agli sprechi. Che tra l’altro impedisce di muovere verso azioni di
mobilità sostenibile autenticamente ecosmart, invece che subire gli impatti
percettivi e funzionali di linee aeree, pali e binari, nonché dei cantieri dai
disagi prolungati; scartando così alternative che risulterebbero pure
infinitamente meno costose (ma forse è proprio questo il problema).
Alberto Ziparo
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