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Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti:
occasione per un'accelerazione virtuosa o l’ennesimo errore tecnocratico?
Se lo chiedono Greenpeace, Zero Waste Italy, WWF,
Legambiente e Kyoto Club in un comunicato congiunto in cui mettono al centro la
previsione di un PNGR italiano in relazione al Decreto di Recepimento del
Pacchetto Ue sull'economia circolare
In merito alla recente adozione del Dlgs 116, recepimento della nuova
Direttiva Quadro (Direttiva 2018/851) e della nuova Direttiva Imballaggi
(Direttiva 2018/852) incluse nel Pacchetto UE sulla Economia Circolare, alla
cui “visione” ambiziosa le strategie nazionali dovranno da ora in poi essere
allineate, le Associazioni sottoscritte tengono a precisare modi e condizioni
per la applicazione di alcune previsioni fondamentali.....
Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti:
occasione per un'accelerazione virtuosa o l’ennesimo errore tecnocratico?
Se lo chiedono Greenpeace, Zero Waste Italy, WWF,
Legambiente e Kyoto Club in un comunicato congiunto in cui mettono al centro la
previsione di un PNGR italiano in relazione al Decreto di Recepimento del
Pacchetto Ue sull'economia circolare
13 novembre, 2020
RIFIUTI
Il
“Piano Nazionale di Gestione dei Rifiuti”: occasione per guidare una
accelerazione virtuosa da parte dei territori, o l’ennesimo errore
tecnocratico? Se lo chiedono Greenpeace, Zero Waste
Italy, WWF, Legambiente e Kyoto Club in un comunicato congiunto in cui
mettono al centro la previsione di un PNGR italiano in relazione al Decreto di Recepimento del Pacchetto Ue sull'economia circolare.
Eccolo:
In merito alla recente adozione del Dlgs 116, recepimento della nuova
Direttiva Quadro (Direttiva 2018/851) e della nuova Direttiva Imballaggi
(Direttiva 2018/852) incluse nel Pacchetto UE sulla Economia Circolare, alla
cui “visione” ambiziosa le strategie nazionali dovranno da ora in poi essere
allineate, le Associazioni sottoscritte tengono a precisare modi e condizioni
per la applicazione di alcune previsioni fondamentali
Ci riferiamo, in particolare, alla previsione di un “Programma Nazionale
per la Gestione dei Rifiuti” (PNGR di seguito), strumento non previsto
obbligatoriamente dalla Direttiva, ed inserito invece nel Decreto di
recepimento.
La lettura dell’articolo 28 della Direttiva, al cui dettaglio rimandiamo,
recita infatti:
1. Gli
Stati membri provvedono affinché le rispettive autorità competenti
predispongano, (...) uno o più piani di gestione dei rifiuti. Tali piani
coprono, singolarmente o in combinazione tra loro, l’intero territorio
geografico dello Stato membro interessato.
La fattispecie prevista dalla Direttiva è quella dei “Piani di settore”,
sinora delegati alle Regioni, strumento attraverso il quale le Regioni hanno
sinora governato e programmato le attività, individuando gli scenari e, nella
loro generalità, assicurando l’evoluzione del sistema verso le attuali situazioni;
situazioni che descrivono una Italia che da Paese arretrato, ha scalato le
classifiche europee e mondiali, diventando uno dei Paesi con prestazioni più
avanzate in termini di raccolta differenziata, riciclo, e minimizzazione del
RUR.
Tutto questo ci racconta una prima verità, da cui non si può prescindere
nel valutare il ruolo del redigendo “Programma Nazionale”: molte Regioni, ed i
territori che le stesse rappresentano, hanno consentito, nella media, di
perseguire scenari ambiziosi, smentendo a più riprese lo scetticismo di molti
operatori di settore, superando continuamente la narrazione di un Paese
arretrato e non in grado di raccogliere le sfide della agenda sulla Economia
Circolare (1).
Insomma, qualcosa di profondamente diverso dalle letture che vediamo spesso
generate, con una percezione sciatta e riduttiva, da parte diversi operatori:
letture tutte finalizzate alla definizione delle “necessità impiantistiche” in
particolare per la gestione del RUR (e con tutti gli errori metodologici e
concettuali che avremo modo di specificare più oltre)
In realtà, la lettura di dettaglio dello stesso articolo 28 della Direttiva
Quadro, dà ulteriori indicazioni, che non possono essere trascurate: l’articolo
descrive infatti, nei suoi diversi commi ed alinea, Piani che devono essere
costituiti da una elaborazione armonica in merito a misure di prevenzione e
riduzione, raccolta, ed impiantistica. C’è anche l’elemento della
impiantistica, ma non è l’unico – né, sottolineiamo con forza, il
principale, tanto meno in uno scenario dettato dalla agenda sulla “economia
circolare”, in cui il “software di sistema” (nuovi modelli di attività,
riprogettazione dei materiali, organizzazione dei circuiti) è più importante
del cosiddetto ”hardware” (sistema impiantistico, ed in particolare quello per
trattamento e smaltimento del RUR)
Questo dà la cifra dei “Piani” come individuati dalla Direttiva Quadro:
strumenti articolati, il contenitore in cui i territori definiscono gli
orizzonti delle loro azioni ed ambizioni, in un quadro coerente di azioni
virtuose su
- Riduzione
- Raccolta differenziata
- Riciclo e compostaggio
- Pretrattamento del RUR
- Smaltimento
Il PNGR può dunque essere occasione per ridefinire strategie nazionali,
individuando le necessarie azioni di riduzione e minimizzazione del RUR, e le
misure organizzative ed economiche in merito, ben prima ed al di là della
definizione delle capacità impiantistiche, ed in particolare per la gestione
del RUR. Il PNGR, in altri termini, non va usato per assumere decisioni
monocratiche in sede centrale, senza confronto con i territori, e con le
Regioni che li rappresentano in sede politico-istituzionale e che possono
assumere (come spesso sta avvenendo!) obiettivi più ambiziosi di quelli minimi
definiti nelle Direttive, perseguendoli nella operatività locale e nella
definizione degli strumenti di supporto.
Un approccio del PNGR tutto impostato sulla definizione delle capacità (e
delle tipologie!) impiantistiche, in particolare per il RUR, non farebbe che
riproporre lo schema logico dello Sblocca Italia: il livello centrale decide
per il tipo di tecnologie e le relative capacità, alle Regioni rimane solo la
localizzazione. Uno schema già abbondantemente sconfessato dalla sostanziale
sterilità delle misure a suo tempo ivi previste; nonché - ed in modo eloquente!
- dalle sentenze della Corte Europea di Giustizia e del TAR del Lazio.
Tale approccio è stato cassato in ambito legale per un elemento
fondamentale: la mancanza della VAS; elemento critico che avevamo messo in
risalto (al pari di molte Regioni) sin dall’inizio. E’ appena il caso di
rilevare che l’assenza della VAS ha evitato quella analisi delle alternative,
che avrebbe sconfessato di fatto l’approccio distorto adottato dall’allora
Ministro pro-tempore, ossia pretrattamento = incenerimento.
In effetti, come segnalammo subito (assieme a diverse Regioni), lo Sblocca
Italia, che dichiarava di volere superare le criticità determinate dalla
incompleta applicazione della direttiva discariche, faceva un salto logico
del tutto irragionevole, trasformando l’obbligo di pretrattamento, definito
dalla Direttiva stessa e che ha innescato le procedure di infrazione contro
l’Italia (una su tutte, il caso Malagrotta), in obbligo di incenerimento.
Invece, la Direttiva 99/31 sulle discariche prevede una varietà di possibili
approcci al pretrattamento; approcci ognuno dotato dai suoi pro, dai suoi
contro, e dalle relative condizioni di adozione – proprio quello che una VAS
dovrebbe esaminare in modo completo ed equilibrato, cercando, in particolare,
la coerenza con gli obiettivi ambiziosi dettati dalla agenda UE, e quelli ancora
più ambiziosi che molti territori hanno dichiarato e stanno dimostrando di
volere perseguire.
In particolare, riteniamo fondamentale sottolineare un approccio riduttivo
che vediamo usare con insistente frequenza, e che include diversi errori
metodologici e concettuali: diffidiamo, una volta per tutte, dall’usare la
formula, inopinatamente proposta (2) e purtroppo ripetuta più volte senza
i necessari approfondimenti e riflessioni in merito, per il calcolo della
“necessità di incenerimento”: la formula “100-65-10 (3)”, fallace per diversi
motivi, che rendono irricevibile, ed ai limiti del ridicolo, il ragionamento
ogni volta che viene riproposto:
- Anzitutto, perché è appena il caso di sottolineare che il 65%
di riciclo netto è l’obiettivo minimo, non massimo, previsto dalle Direttive
UE; e fino al 2035 c’è abbondanza di tempo per perseguire scenari più ambiziosi
(peraltro, già conseguiti in territori, anche estesi) in confronto con i
percorsi virtuosi che le Regioni e le altre Amministrazioni Locali possono/vogliono
definire
- Ma soprattutto, ed ancora una volta, va ribadito
che l’incenerimento non è l’unica opzione di trattamento del RUR; né, in
riferimento alle finalità di quel calcolo, l’unica opzione che consenta di
ridurne l’avvio a discarica (4)!
Insomma, l’approccio metodologico a tale calcolo è profondamente riduttivo
e distorto, e non reggerebbe alla prova dei fatti, su cui siamo pronti a
sfidare, con evidenze, informazioni, e capacità di visione, chiunque se ne
faccia latore, a livello istituzionale o di portatori di interesse.
Ma vale la pena di rammentare, a chi cerca di sfruttare l’occasione del
PNGR per ravvivare una agenda dell’incenerimento, che questa dovrebbe
invece ormai volgere allo spegnimento progressivo, come hanno già dichiarato
molti dei Paesi Nordici spesso citati da chi in modo pasticciato e confuso
parla di coerenza tra incenerimento e scenari avanzati di recupero materia (e
riduzione dei rifiuti!)
Basta appena citare (ma ulteriori evidenze e dettagli saranno disponibili
per chi riterrà di approfondire):
- Le indicazioni venute da Tema Nord (rete dei Ministeri
dell’Ambiente dei Paesi Scandinavi) sulla necessità di definire piani di
decommissioning, allo scopo di superare le contraddizioni con gli scenari
incrementali del recupero materia previsti dal Pacchetto Economia Circolare (5)
- Il recente annuncio del governo danese relativo alla definizione di
un piano di spegnimento di alcuni degli inceneritori esistenti (6), dal momento
che la “Carbon intensity” della produzione energetica da incenerimento è ormai
marcatamente superiore (causa la presenza di materiali fossili nel rifiuto
residuo, come plastica e tessili artificiali) a quella della produzione
energetica generale, e nel contesto di una agenda sulla decarbonizzazione,
l’incenerimento è diventato un “outlayer”, qualcosa che sta fuori dal percorso
previsto. Il problema è stato sollevato recentemente anche in Scozia (7).
- La Comunicazione della EC del Gennaio 2017 (8) sul “ruolo del
waste-to-energy nella economia circolare” richiama ampiamente tutti i temi
elencati, includendo nel suo complesso un appello a disinvestire
dall’incenerimento, massimamente nei Paesi dove la capacità di incenerimento è
già presente e sviluppata (ed è il caso dell’Italia). Coerentemente, le
ultime disposizioni adottate in merito alla “Taxonomy” europea della finanza
sostenibile, alla politica di finanziamento della BEI, ai meccanismi di
erogazione delle sovvenzioni per l’energia rinnovabile, sono tutte intese ad
escludere meccanismi di finanziamento all’incenerimento
Infine, ci corre l’obbligo di sottolineare un concetto, su cui la confusa
riproposizione della formula “100- 65-10” pare essere cieca: in discarica,
mandiamo tonnellate, non percentuali; dunque, chi vuole davvero minimizzare il
ricorso alla discarica, deve evitare di legare il territorio a capacità di
incenerimento che, ingessando il sistema, impediscono di lavorare sulla
minimizzazione del RUR, ossia (appunto) quei tonnellaggi a cui le percentuali
si applicano. I territori che più di tutti sono riusciti a minimizzare i
contributi specifici alla discarica (i kg/ab di RUR, che poi diventano le
tonnellate smaltite) sono, guarda caso, quelli liberi dall’ingessamento causato
dalla presenza di inceneritori che necessitano di tonnellaggi onde garantire il
recupero degli investimenti (9).
Ormai lo scenario operativo abbonda di evidenze di questo tipo, in Italia
ed a livello UE: e chi si occupa di programmazione non può più permettersi di
ignorarle.
NOTE
1 Al
contempo, questa realtà descrive un Paese in grado di perseguire obiettivi
sempre più ambiziosi, e deve agire da stimolo per quei territori e Regioni –
non solo al Sud! - che ancor attestano una marcata arretratezza rispetto alla
media nazionale ed agli obiettivi di legge. La presenza, anche nel contesto
centro-meridionale, di Regioni con livelli avanzatissimi di raccolta
differenziata e riciclo (es. Sardegna), ma anche di vaste aree o singoli
distretti nelle Regioni più arretrate, dimostra la percorribilità di scenari
avanzati, non lascia scuse e deve stimolare una veloce evoluzione della
situazione media regionale a qualunque latitudine
2 Cfr.
ad esempio: https://24plus.ilsole24ore.com/art/industria-riciclo-senza-impianti-22-milioni-tonnellate-rifiuti-AD... e https://cesisp.unimib.it/wp-content/uploads/sites/42/2020/09/cesisp-instant-paper-circular-capacity-....
I contributi ivi citati o sviluppati, sembrano proprio volere dettare al
Ministero una agenda distorta, basata sull’erroneo calcolo 100-65-10, per la
redazione del PNGR, impostando in particolare su tale approccio un calcolo
della “necessità di capacità aggiuntiva di incenerimento”. Calcolo fallace per
quanto qui mostrato.
3 La
formula, nelle intenzioni di chi in modo pigro la propone, assume il
conseguimento del 65% di riciclo netto (ossia, già sottraendo gli scarti dei
processi di riciclo e compostaggio) come previsto dalla Direttiva-Quadro, e il
10% di “landfill cap” come previsto dalla nuova Direttiva Discariche, derivando
– impropriamente, per quanto evidenziato in questo documento – la necessità di
un 25% di incenerimento
4 In
merito, si può consultare ad esempio il documento “Building a Brige Strategy
for Residual Waste” di Zero Waste Europe, peraltro redatto prendendo spunto da
esempi presenti anche e soprattutto nel contesto nazionale: https://zerowasteeurope.eu/2020/06/building-a-bridge-strategy- for-residual-waste/
5 https://www.compostnetwork.info/wordpress/wp-content/uploads/EUNOMIA-study-on-Nordic-Nations.pdf
6 https://stateofgreen.com/en/partners/state-of-green/news/new-political-agreement-to-ensure-a-green-d..., l’articolo rimarca anche che la Danimarca, come da noi sempre
segnalato, ha il poco commendevole primato di produzione pro-capite di RU in
Europa, ben più di Paesi a vocazione turistica!
7 https://www.zerowastescotland.org.uk/sites/default/files/ZWS%20%282020%29%20CC%20impacts%20of%20inci... RT%20FINAL.pdf. Vale la pena di sottolineare che “Zero Waste
Scotland” è una organizzazione dello Scottish Executive, il Governo scozzese,
delegata alla implementazione della Circular Economy.
8 https://ec.europa.eu/environment/waste/waste-to-energy.pdf
9 Cfr.
Il documento https://zerowasteeurope.eu/wp-content/uploads/2020/03/zero_waste_europe_policybriefing_10landfill_en... che
include una analisi approfondita del tema, con relativi casi di studio.
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