Considerato che i media tradizionali, giornali e Tv, quasi all'unisono, hanno finora contribuitio in maniera tanto significativa quanto acritica a creare consenso intorno alla scelta più gettonata dagli amministratori di varie province, vale a dire gli impianti di incenerimento, si assiste ora a molte autoproduzioni di documentari e pubblicazioni varie con funzioni di "controinformazione". Lo hanno fatto ultimamente anche i Coordinamenti dei Comitati e alcuni Social Forum. Il documentario di cui parla Villagio Globale non è prodotto da gruppi critici ma presumibilmente è uno dei primi che accende i riflettori sui "rifiuti", inquadrandoli da un punto di vista sociologico; curioso che una produzione del 2003 venga presentata ora...speriamo che sia un buon segno visto che si parla di una forma particolare di riciclo.
http://www.vglobale.it/ Antropologia del cassonetto Cinemambiente - Se la spazzatura potesse parlare... Gli archeologi studiavano le antiche discariche per comprendere le civiltà del passato. Oggi, i rifiuti urbani parlano del nostro stile di vita. Un documentario sul tema
(Nostro servizio) Dimmi cosa butti via e ti dirò chi sei. È questo, in buona sostanza, il messaggio del documentario «Se la spazzatura potesse parlare», una produzione spagnola del 2003. Il cortometraggio è stato proiettato nella giornata conclusiva di Cinemamabiente, festival dedicato alla filmografia ambientale. I rifiuti che produciamo, dunque, comunicano. Parlano del nostro stile di vita e della natura delle nostre società. Non è un caso che una parte delle informazioni che abbiamo raccolto sulle civiltà del passato discendano direttamente dallo studio delle «discariche» del tempo.
Come un archeologo sui generis, Rafael Nevado, antropologo catalano, studia dal punto di vista sociologico i rifiuti prodotti dagli abitanti di Barcellona. «Negli anni 70 - racconta - la spazzatura non conteneva plastica, vetro, metalli. Oggi, invece, gli imballaggi riempiono le nostre pattumiere e spesso si tratta di materiali non riciclabili». Come a dire, in un certo senso, che la nostra è una «società di plastica». E di disuguaglianze, stando ai risultati delle ricerche del professor Nevado. «Nel quartiere barcellonese di Raval, abitato da persone modeste, la gente butta via soprattutto imballaggi di generi alimentari, specie per bambini, e pochi oggetti, oramai inservibili». Tutto diverso nel benestante distretto di Sarria, dove la spazzatura contiene resti di cibi pregiati e indumenti ancora in ottimo stato. «Finiscono nel cassonetto solo perché sono passati di moda», osserva l'antropologo. La spazzatura di Barcellona, dunque, punta il dito verso i suoi abitanti più ricchi, che producono troppi rifiuti, molti dei quali si potrebbero evitare. E c'è da scommettere che lo stesso valga per la maggior parte delle altre città industrializzate.
Fortuna che, ogni tanto, c'è qualcuno che restituisce all'eternità una parte degli oggetti destinati alla discarica. «Se la spazzatura potesse parlare» racconta la storia di Oriol Pont, un giovane artigiano che passa al setaccio la città in cerca di materiali da riutilizzare. «Alcuni “rifiuti” - racconta - sono considerati tali solo perchè si trovano per strada. Se la gente li vedesse nella vetrina di un negozio, li acquisterebbe senza esitazione». Recuperando oggetti di scarto, Pont realizza burattini meccanici e altre suppellettili per allestimenti teatrali. La sua attività, che somiglia in qualche modo alle ricerche antropologiche del professor Nevado, lo spinge a lanciare una provocazione: «la spazzatura, come ogni altro aspetto della società, si sta via via globalizzando. Ormai produciamo tutti gli stessi rifiuti e, in fondo, anche questa è una perdita di diversità». Non ci resta che imparare, e il prima possibile, a produrre quantità più sostenibili di rifiuti. Altrimenti, non potremo che appellarci alla clemenza degli archeologi del futuro, sperando che il loro giudizio nei nostri confronti sia mite. Perché, come dice Rafael Nevado a metà tra l'amarezza e lo humor, «dobbiamo fare attenzione a quello che buttiamo via, la spazzatura svela molti dei nostri segreti».
(Silvana Santo)
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