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 https://www.lagazzettadilucca.it/cultura/ercolini-ospite-del-pianeta-terra-festival

Ercolini ospite del "Pianeta Terra Festival"

 

 

Sabato 8 ottobre alle ore 19 presso la sala sala convegni di Confindustria toscana nord sita a Lucca in piazza Bernardini, 41 Rossano Ercolini, goldman environmental prize 2013, sarà ospite del Pianeta Terra festival, che vede studiosi nazionali e internazionali confrontarsi per costruire una visione nuova per il futuro del nostro Pianeta.

All’evento, dal titolo “Dall’ego-logia all’eco-logia: quando i cittadini possono fare la differenza”, sarà presente con Ercolini anche Samir de Chadarevian, advisor, storyteller ed editorialista.

Entrambi dialogheranno con Irene Ivoi sull’importanza di ripensare ad un modello economico, antropologico e culturale del tutto ego-logico e inadeguato a risolvere le grandi sfide dei nostri tempi.

Dall’ego-logia all’eco-logia, un gioco di parole che fa appello ad una sfida:  il passaggio dal “modello lineare” (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) centrato sullo sfruttamento sconsiderato della natura al “modello circolare” basato sul rispetto dei tempi e dei modi della rigenerazione ambientale.

L’ingresso all’incontro è gratuito fino ad esaurimento posti.

 

 

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Enrico Rossi carpentiere PDF Stampa E-mail
Scritto da msirca   
domenica 23 ottobre 2011
(A dire il vero mi è venuto in mente "muratore" ma ho pensato che mi si potesse attribuire una qualche intenzionalità maligna. Mentre spero che "carpentiere" non abbia rischi allusivi, commento che forse il Rossi è in buona fede, in fondo. A lui pare interessi costruire purchè sia perché la sua ansia viene appagata dall’idea che stia facendo qualcosa di utile per tutti, ma risulta un fare purchè sia, appunto, palettate di calcina e cemento dovunque sia e qualsiasi cosa spunti dai territori e si innalzi nel cielo! A questo sono dovute, credo, le sue ossessioni “cantieriste”! Nessuna scelta, nessun governo per il bene comune, il pensiero è quello: “fare”, qualsiasi cosa... uno o tanti inceneritori anche se ci sono alternative sane e molto meno costose, sventrare un territorio anche se c’è una alternativa non impattante (o meno impattante), pigiare aerei sempre più grandi intorno al campanile di Giotto perché non bisogna dargliela vinta a Pisa, etc etc..)
EBBENE SI’, HA VINTO CONFINDUSTRIA. E ORA?
di Claudio Greppi
Con il comunicato di ieri del presidente della Regione Enrico Rossi e con l’intervista di oggi su Repubblica di Antonella Mansi, presidente di Confindustria Toscana, la vicenda Laika al Ponterotto passa ad una nuova fase. E’ vero, abbiamo cercato di impedire il trasferimento dei reperti archeologici che per quasi tutti (tranne i responsabili, per l’appunto) è uno scempio senza senso, che ci coprirà di ridicolo. Una soluzione poteva anche essere trovata, lasciando i reperti al loro posto e modificando la planimetria del capannone: ma non ne hanno voluto sapere. Vogliono far presto e bene, come dice spesso Rossi: perderanno un sacco di tempo (e di soldi) e faranno male, diciamo noi.
Tutto ciò ha contribuito a rimettere in luce una vicenda lunga dieci anni, pieni di dubbi e di passaggi poco chiari. Il terreno, agricolo, è stato venduto a prezzo industriale come dice oggi il direttore di Laika De Haas, e ripete il presidente Rossi, oppure no? Circa 20 € al metro quadro, nel 2002, sono tanti o pochi? Quali erano le alternative, se sono state cercate, e se no, perché? E la lunga procedura della valutazione, richiamata dal Sindaco, è stata una cosa seria o una farsa? E le cosiddette mitigazioni, a cui ancora oggi ci si appella, hanno ancora senso, dopo la scoperta dei reperti? E perché non è mai stato fatto un serio rilievo del terreno, quando era il momento? E chi, fra i responsabili ai vari livelli, conosce davvero la consistenza dei ritrovamenti, sui quali non è ancora stata prodotta alcuna relazione? E perché tutta questa segretezza, nel tenere nascoste decisioni già prese più di un anno fa, nell’impedire addirittura la visione dell’area ai “non addetti ai lavori”?
Queste domande resteranno senza risposta, anche se si può dire che se prima se ne parlava solo a San Casciano, ora se ne parla in tutta Italia. Ma partiamo dall’episodio di giovedì 13 ottobre, ben documentato su: http://inchieste.repubblica.it/. Nel corso della preparazione di un servizio sul caso Laika due giornalisti di Repubblica, Francesco Erbani e Mario Neri, si avvicinano con la telecamera per riprendere, dall’esterno, la zona degli scavi più vicina alla strada provinciale, dove stanno lavorando alcuni addetti della Soprintendenza: i quali accorrono subito al cancello del cantiere, intimano ai due giornalisti di andarsene e minacciano l’intervento dei carabinieri. Il tutto in nome del “Codice del Paesaggio”, che dovrebbe, a sentir loro, tutelare la riservatezza degli operatori, anche quando si tratta di beni culturali oggetto di discussioni pubbliche (e di fotografie sui giornali). Un simile trattamento non era certamente stato riservato, solo due giorni prima, ai rappresentanti delle categorie, inclusa Confindustria, invitati dal Sindaco alla presentazione del progetto e alla visita degli scavi. Il Codice non dice niente di simile, ovviamente, ma l’episodio è indicativo di un certo modo di procedere, che d’ora in avanti sarà bene cambiare profondamente.
Il quadrato intorno a Laika, come titolava la settimana scorsa il giornale locale Metropoli, formato da amministrazione comunale, partiti (PD + PdL) sindacato e Confindustria, è così “magico” che ha sempre pensato di far scomparire con un tocco di bacchetta ogni forma di dibattito fondato sulla conoscenza dei fatti. Se la scoperta dei reperti archeologici è venuta a galla, già all’inizio dei lavori nella primavera del 2010, lo dobbiamo al fatto che alcuni cittadini curiosi, che ben conoscono questa parte del territorio, seguivano con molta apprensione lo sviluppo del cantiere, ben sapendo che quel terreno nascondeva notevoli sorprese, come infatti si stava puntualmente verificando. L’impresa non poteva far altro che chiamare la Soprintendenza archeologica, che in un primo tempo accettava qualche forma di dialogo con i visitatori (i curiosi) locali. Quando le prime pietre cominciano a venir fuori dal terreno, secondo i solerti scavatori sono solo tracce di quei muretti che si mettono intorno agli olivi (forse in Puglia?): al che un agricoltore del posto fa notare che in quel fondovalle gli olivi non si coltivano, bisogna salire un centinaio di metri più su. Si trattava infatti del sito di origine etrusca, che emergeva ai piedi della collina accanto a una fontana settecentesca: proprio quello che i curiosi locali si aspettavano. Ne dà conto, del ritrovamento, un breve trafiletto su Repubblica del 7 giugno, che fa imbestialire la Soprintendenza. E qui si chiude ogni possibilità di rapporto amichevole con le autorità preposte allo scavo.
A una mia cortese richiesta via mail, l’ispettrice Alderighi rispondeva: “Le comunico che la situazione è del tutto tranquilla; è stato previsto un controllo archeologico dell'area su mia indicazione fin dal momento della procedura per la VIA; gli scarsi rinvenimenti che possono avere un interesse archeologico sono di minima importanza e verranno valorizzati nel miglior modo possibile”. E proseguiva con un tono sempre più seccato: “La curiosità sua e della popolazione deve attendere ancora un po’ in quanto è norma di questa Soprintendenza non rendere noto alcun risultato né agli studiosi né ai curiosi se non al termine dei lavori e, per iscritto, sul Notiziario della Soprintendenza che viene pubblicato l'anno successivo; pertanto, da parte di questa Soprintendenza, come per tutte le attività in altri siti, non è autorizzato alcun sopralluogo né rilasciato alcun comunicato durante i lavori; ad ogni modo si tratta di un cantiere privato e quindi, anche per quanto riguarda l'intero cantiere, a prescindere dai miseri ritrovamenti, un eventuale sopralluogo deve essere autorizzato dalla Proprietà”.
La mail è del 9 giugno dell’anno scorso. Soltanto di recente, nel mese di settembre, veniamo a sapere che nello stesso mese di giugno quella stessa Proprietà, con la maiuscola, aveva avanzato la richiesta di trasferire i “miseri ritrovamenti”, che allora comprendevano solo il sito etrusco-ellenistico, in altra sede: per poi estendere la richiesta, tre mesi dopo, a proposito del sito della villa romana. La richiesta era stata accolta dalla Soprintendenza regionale, e inviata a Roma al Ministero, che poi finirà per accoglierla, come è noto. Di tutto questo non trapela nulla, né sulla stampa né negli atti dell’amministrazione comunale.
Ogni tentativo di saperne di più era stato frettolosamente respinto. Cito dall’ordine del giorno presentato il 29 settembre da Lucia Carlesi:
“con domanda di attualità (delibera  CC n. 26 de1 12 aprile 2010) furono richieste informazioni circa i ritrovamenti che stavano emergendo a Ponterotto avanzando richiesta di massima trasparenza e conoscenza del progetto e l'Amministrazione assicurò la presentazione di una relazione;
la commissione Ambiente e Territorio nella seduta del 16 giugno 2010 esaminò la richiesta di sopralluogo sul cantiere Laika avanzata dei gruppi consiliari Laboratorio per un'Altra San Casciano-Rifondazione Comunista, Futuro Comune e Popolo della Libertà, per prendere visione degli scavi in corso e che tale richiesta fu respinta;”
Del trasferimento dei reperti si viene a conoscenza soltanto nello scorso agosto, anzi alla fine del mese, perché chi va a pensare che una delibera così importante venga presa dalla Giunta comunale il primo di agosto, senza alcuna pubblicità. E chi si poteva aspettare che il primo atto ufficiale in cui si parla di “accordo per la disciplina dei rapporti per la rimozione, ricollocazione, restauro e valorizzazione delle strutture archeologiche rinvenute in San Casciano Val di Pesa, località Ponterotto” venga non dalla Soprintendenza o dalla Regione, ma dalla Giunta che anticipa – senza neppure interpellare il Consiglio: e qui hanno commesso anche un errore procedurale, molto probabilmente – un protocollo che tutti gli interessati dovrebbero poi firmare. Qui si può dire che l’abitudine a lavorare di nascosto aveva preso un po’ la mano, ai nostri amministratori, forse convinti che nessuno si sarebbe accorto di quello che stavano facendo. Tanto più che se poi andiamo alla ricerca di qualcosa che somigli a un progetto di questa famosa “ricollocazione e valorizzazione” dei reperti dobbiamo andare a pescarlo in una deliberuccia precedente, risalente al 27 giugno, dal misterioso titoloprogetto esecutivo di valorizzazione dei siti archeologici e del parco sportivo ‘la Botte’ attraverso un sistema integrato di segnaletica turistica”.
Come mai il Sindaco avrà aspettato l’11 ottobre per presentare ufficialmente un progetto che se ne stava ben nascosto da tre mesi e mezzo? Come mai avrà scelto di presentarlo ai rappresentanti delle associazioni di categoria, e soltanto a loro: con successiva visita a “quei quattro sassi”, come li ha definiti la presidente di Confindustria? La risposta è semplice: perché solo nel mese di settembre un serio lavoro di denuncia e di comunicazione ha impegnato associazioni e comitati, oltre all’unica forza di opposizione rappresentata in Consiglio Comunale, quella di Laboratorio per un’altra San Casciano – Rifondazione Comunista. E’ stato sufficiente inventare un sito (http://archeopatacca.blogspot.com/), preparare qualche comunicato che dava pubblicità alla protesta per la mancanza di trasparenza. I primi attestati di solidarietà sono venuti proprio dal mondo degli archeologi, per i quali la stessa idea dello spostamento dei reperti suonava come uno scherzo di cattivo gusto. “La cosa che sollecita la mia curiosità e presenta, fin da subito, alcuni lati enigmatici è relativa al progetto di rimozione e ricollocazione dei resti archeologici: una procedura, tecnicamente assai problematica, alquanto rara e costosa”, così Giuliano Volpe il 12 settembre sul sito Eddyburg, uno dei principali luoghi del dibattito sul territorio su scala nazionale.
Al resto ci hanno pensato proprio i sostenitori del progetto Laika, che per difenderlo con ogni mezzo hanno finito per contribuire a fare da cassa di risonanza: fino all’invasione del Consiglio Comunale in occasione della discussione su un ordine del giorno presentato da Lucia Carlesi, l’unica consigliera contraria all’operazione, accusata di voler togliere il lavoro agli operai e sottoposta a un vero e proprio tentativo di linciaggio politico. Antonella Mansi attacca gli “ambientalisti in cachemere”, e l’assessore Anna Marson risponde per le rime. Ma anche in questo caso quella che sembrava una posizione isolata, a San Casciano, è stata oggetto di una solidarietà ben più vasta e significativa, estesa a tutte le componenti dell’ambientalismo vecchio e nuovo. Anche fra le forze politiche che sostengono la Giunta regionale si sono manifestati seri dubbi sulla correttezza dell’operazione, fino al momento in cui Enrico Rossi ha chiuso ogni spiraglio annunciando la prossima firma del protocollo su “ricollocamento e valorizzazione” dei reperti, visto che è tutto in regola, con il benestare degli organi di tutela. L’archeopatacca si farà, dunque?
A questo punto possiamo promettere solo una cosa: che non staremo a guardare passivamente. Il lavoro di questi due mesi ha fatto emergere tutti i vizi di una vicenda nata male e continuata peggio. Un errore urbanistico iniziale, un disegno campanilistico in nome di presunti interessi dei lavoratori che coincidono con quelli dell’azienda, finisce per produrre una gaffe culturale senza precedenti. Ci dispiace che i dipendenti Laika siano stati tirati in ballo a sproposito per coprire responsabilità politiche (qualcuno ha anche parlato di “scudi umani”). E allora anticipiamo fin d’ora quelle che saranno le nostre domande nei prossimi mesi.
Quanto tempo ci vorrà per spostare i reperti in condizioni di sicurezza? Si parla di completare tutta l’operazione a primavera, del 2012: vogliamo scommettere che si arriverà a quella del 2013?
Quanti soldi costerà l’operazione? Si parla di 400.000 € da parte dell’azienda: e il resto? Il Comune dove li trova, i soldi (cosa che le delibere non chiariscono minimamente)? Li metterà la Regione, e con quale giustificazione? Ricordiamo che per rimpinguare le scarse risorse finanziarie il Comune ha già provveduto a vendere pezzi del proprio patrimonio: continuerà così?
Che aspetto avrà il sito-patacca? Le opere murarie saranno davvero “restaurate” come si sente dire, e inserite in un bel giardino pubblico? Quante risate si faranno i visitatori? O ci sarà da piangere?
E infine, quanti operai resteranno senza lavoro, una volta completata la nuova struttura produttiva, in nome della razionalizzazione invocata dall’azienda? E quali diritti spetteranno ai dipendenti che si sono schierati con il padrone (non si dice più?) legandosi mani e piedi alle sorti dell’azienda?
Sarà molto triste, fra qualche anno, dire che avevamo ragione: quando la frittata sarà fatta, con tutto il danno irreversibile a quel bene comune che è il paesaggio con i suoi valori storici e culturali. Se non possiamo impedire lo scempio, possiamo almeno dire che chi lo ha voluto se ne dovrà assumere la responsabilità, che l’operazione non potrà mai più essere sepolta sotto le formule del “è tutto sotto controllo” e “lasciateci lavorare”. Ci hanno provato, a fare tutto di nascosto: ma non ci sono riusciti. Questa è la nostra modesta vittoria, per ora: provino a sostenere il contrario.

Claudio Greppi,
Rete dei comitati per la difesa del territorio.
21 ottobre 2011.
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Laika
scritto da msirca, ottobre 24, 2011

Lettera aperta di Legambiente circolo Il Passignano
Ai lavoratori LAIKA
Alla RSU LAIKA
Alla FIOM CGIL
Alla CGIL
E p.c. al segretario nazionale FIOM Maurizio Landini

Cari compagni ed amici lavoratori e sindacalisti. Chi vi scrive è il circolo Legambiente Il Passignano; siamo un piccolo gruppo di persone semplici (contadini, artigiani, insegnanti, pensionati) che da oltre 10 anni si è impegnato nel tentativo di impedire e contestare un intervento immobiliare distruttivo da parte della azienda Hymer, proprietaria di Laika caravan: la costruzione di uno stabilimento di 34000 mq, dei quali subito ne vengono edificati 26000, nel fondovalle della Pesa dove da sempre abbiamo chiesto di localizzare un parco territoriale fluviale, in una zona lontana dalla superstrada, senza ferrovie o infrastrutture di collegamento, lontana pure dal distretto della camperistica di Poggibonsi. Il posto sbagliato per uno stabilimento che nessuno contesta ma del quale chiedevamo una localizzazione all’interno di zone industriali in essere, già previste dalla pianificazione locale (a Tavarnelle, o a Barberino, o a Poggibonsi stessa).

Nessun conflitto quindi con i lavoratori, nessuno tra noi ha mai messo in discussione la produzione di camper in quanto tale o la localizzazione nel Chianti di questa azienda.
Abbiamo contestato il fatto che l’azienda, per realizzare un affare immobiliare, abbia comprato su indicazioni degli amministratori locali di San Casciano certi terreni agricoli (nel 2002) con la garanzia che poi sarebbero state rese edificabili (cosa successa due anni più tardi, con la variante del 2004), al di fuori di ogni pianificazione pubblica. Un colossale affare per chi ha venduto terreni agricoli a 23 euro al mq, un prezzo quasi venti volte superiore a quello di un seminativo. Un bell’affare anche per chi ha comprato al valore di un quarto del terreno fabbricabile industriale.

Abbiamo contestato il fatto che la Hymer nel 2000 abbia prima completato la costruzione dello stabilimento LAIKA3, 13000 mq ottenuti dalla precedente proprietà con apposita variante del 1997 dal Comune di Tavarnelle al fine di consentire l’accorpamento degli stabilimenti oggi dispersi, poi lo abbia dichiarato inadatto alla produzione, e successivamente lo abbia messo in vendita per 12 milioni di euro al fine di finanziare l’operazione immobiliare; una truffa ai danni della comunità locale, alla quale anche noi avevamo creduto, appoggiando quella variante a Tavarnelle in nome del diritto alla sicurezza dei lavoratori e accettando il connesso consumo di suolo come un costo necessario.

Dopo tanti anni di vertenze si è arrivati nel 2007 alla variante definitiva e nel 2008 al progetto concessionato dello stabilimento: passati altri tre anni persi dall’azienda (che ha presentato una richiesta di variante alla variante) si avviano nel 2010 i lavori di scavo, che fanno emergere vestigia etrusche e romane. Abbiamo chiesto chiarezza sul valore dei reperti, e abbiamo contestato un accordo siglato tra azienda e Comune in virtù del quale per non cambiare un mattone del progetto (cosa facile e praticabile) si è deciso di smantellare una zona archeologica, ricostruendo CON SOLDI PUBBLICI una finta rovina con le pietre e i muri riassemblati. Questa storia ha prodotto articoli e dibattiti pubblici, che però sembrano destinati a essere spazzati via dalla annunciata firma della Regione del protocollo di intesa con Laika.

Non abbiamo mai contestato il legittimo diritto dei lavoratori di chiedere uno stabilimento salubre e razionale, perché ritenevamo e riteniamo opportuna e necessaria una soluzione alle esigenze di ristrutturazione aziendale che conciliasse tutela del paesaggio e dei beni culturali e sviluppo delle attività economiche.

Però sentiamo la necessità di porvi delle domande:
Perché avete sin dall’inizio rifiutato di incontrare e confrontarvi con noi e le altre associazioni ambientaliste, sposando acriticamente il progetto dell’azienda e rendendo così impossibile l’emergere di alternative al sito? Eppure, se avessimo unito le forze avremmo potuto chiedere all’amministrazione comunale di San Casciano di non accettare supinamente ogni pretesa dell’azienda. Lo stabilimento Laika 3 avrebbe potuto essere usato, sia pur temporaneamente in questi 10 anni, per togliere i lavoratori da capannoni a rischio, con tettoie di amianto. In questi 10 anni un nuovo stabilimento di 22000 mq poteva tranquillamente essere localizzato e costruito, anche riusando volumetrie esistenti. Invece avete accettato la messa in vendita dello stabilimento appena costruito a Tavarnelle, avete accettato di lavorare 10 anni in condizioni di rischio e disagio, addirittura trasformando questo fatto in una imputazione verso chi contestava la variante: invece nei vostri comunicati l’azienda che per risparmiare non rimuove l’amianto e che per far cassa vende uno stabilimento vuoto a norma e salubre non compare mai come controparte o responsabile del vostro disagioi! Il conflitto sulla variante ha prodotto inefficienze, ritardi, dei quali voi per primi avete pagato e pagherete i costi; preventivando realisticamente altri due anni di lavoro per distruggere il sito archeologico e per costruire lo stabilimento, ci saranno voluti 13 anni per realizzare un banale capannone, mentre se insieme avessimo proposto altre strade, la Hymer avrebbe scelto un’altra localizzazione nel Chianti a minore impatto e avrebbe già realizzato e messo in produzione lo stabilimento da anni (certo, rinunciando alla speculazione sui terreni in territorio aperto).

Perché vi siete prestati a diventare la massa di manovra dell’azienda, attaccandoci metodicamente ogni volta che noi provavamo ad interloquire o a contestare le scelte dell’impresa? Quando abbiamo ricorso al TAR il sindacato ha garantito sulla piena liceità dell’intervento, quando abbiamo contestato l’impatto ambientale la RSU ci ha attaccati dichiarando che quell’area è in realtà già degradata e industrializzata, quando abbiamo chiesto di salvare i reperti archeologici il segretario regionale CGIL ci ha risposto che tra gli etruschi e il capannone bisogna scegliere “il futuro”.

Insomma, invece di scontrarci con la società Hymer (che ha sempre tenuto un profilo bassissimo), con i suoi tecnici o i suoi portavoce, trovavamo i vostri striscioni a pavesare le sale comunali quando c’era da mettere in minoranza la critica, trovavamo le vostre interviste e i vostri comunicati che ci dichiaravano NEMICI DEL LAVORO, sia che cercassimo di dibattere sui beni archeologici sia che discutessimo di paesaggio o urbanistica. Di questo totale appiattimento sulle ragioni aziendali è testimonianza ultima un volantino diffuso in tutto il paese a firma “lavoratori Laika” nel quale si legge che gli ambientalisti “…ci hanno attaccato dipingendoci come dei distruttori delle bellezze del Chianti, ricorrendo alla magistratura….” Come se criticare la multinazionale Hymer o ricorrere alla giustizia significasse attaccare i dipendenti!!! Noi non abbiamo mai detto che sono i lavoratori o i sindacati responsabili delle scelte aziendali, purtroppo siete voi che avete stabilito l’equazione
PROFITTO AZIENDA=LAVORO=INTERESSE PUBBLICO.
Una equazione tutta da dimostrare e che temiamo produrrà cemento, distruzione ambientale, poco lavoro e sul lungo termine POCHI DIRITTI DEL LAVORO: prima si attaccano i vincoli ambientali e il diritto della comunità alla bellezza e al paesaggio, ma poi sotto i colpi della crisi le imprese chiederanno di ridiscutere anche i diritti collettivi e individuali dei lavoratori, e se accettiamo l’idea che l’impresa economica e il profitto sono in quanto tali INTERESSE SUPERIORE cadranno anche quelli. Noi crediamo che solo una riconversione ecologica dell’economia offra sul lungo periodo garanzie di giustizia, sostenibilità e occupazione, ma per imporre le necessarie scelte di rinnovamento servirebbe un sindacato che metta in discussione cosa e come si produce, costruendo alleanze con soggetti della società e del mondo della cultura: nel caso Laika, vi siete scelti un ruolo del tutto antitetico.

Perché vi siete prestati a coprire le campagne di propaganda dell’azienda a base di dati ritoccati o fuorvianti? Perché avete accettato di presentare come virtuosa e proiettata nel futuro la società Hymer? L’azienda, fornendo dati incompleti o fuorvianti ha chiaramente cercato di “blindare” le volumetrie ottenute, affermandone la necessità in funzione di future inverosimili espansioni produttive. Questo perché si tratta di un investimento che consentirà di capitalizzare il vantaggio ottenuto con la variante ad hoc, e perché ogni mc di capannone può tradursi in futuro in soldi (come dimostra la storia dello stabilimento mai usato e messo in vendita).

Ma la realtà è un’altra, è quella di una crisi generale del settore dal quale l’impresa ha cercato di uscire facendone pagare il costo in Germania e in Francia a centinaia di lavoratori messi sul lastrico (Berida francese, dichiarata fallita nel 2010 con 190 dipendenti). Laika ha fatto ricorso al lavoro precario per rispondere ai picchi produttivi del (28 interinali nel 200smilies/cool.gif proprio perché nelle valutazioni dei loro analisti si preventiva una fase non passeggera di stabilizzazione dei mercati, e il nuovo stabilimento non casualmente è “solo” di 26000 mq, a fronte di 34000 previsti dalla variante. Il dimensionamento del progetto (servizi, logistica, etc.) è dichiarato da Laika per 210 addetti complessivi alla produzione (compreso magazzino), meno di quanti ne ha avuti nel recente passato. La stessa crisi di vendite e produzione è stata nascosta, schermata, alla pari del calo degli addetti totali dai 270 del 2008 ai 196 del 2009, ai 189 del 2010. Si sono gonfiate le cifre, dichiarando un indotto inverosimile: 100-150 addetti dell’indotto nel 2004 dichiarati da Laika all’atto di richiesta della Variante (86 milioni di produzione), diventati 450 nel 2007 (95 milioni di produzione), cresciuti a 800 e 1000 oggi nelle dichiarazioni di amministratori e sindacato (70 milioni di produzione dichiarati, da verificare): si decuplica l’indotto a fronte di un calo della produzione!!! Nel bilancio 2010 (ultimo verificabile) si vede una “ripresina” con crescita del 2% delle vendite (da 54 a 56 milioni) mentre per lo stesso periodo venivano fatti circolare sulla stampa dati di crescita del 34% degli ordinativi….

Potremmo citare molti numeri che non tornano, ma la sostanza è una sola: quel capannone è oggi esuberante le reali necessità produttive dell’azienda, in gran parte resterà vuoto (lo si vede dal progetto), e lo si potrebbe in parte ridisegnare per salvare almeno i reperti archeologici. L’azienda per non spendere una lira in più usa l’argomento della grande urgenza e della necessità di ampliamento della produzione, anche perché il comune si impegna a usare i soldi dei cittadini per contribuire a smantellare il sito e a ricostruirlo fasullo. Voi, che conoscete la verità, vi siete prestati a questa operazione che di sicuro va nell’interesse degli azionisti Hymer ma, ci sembra, non dei vostri.

Perché vi siete prestati a delegittimare le ragioni di chi difende il territorio, diffondendo una immagine falsa e caricaturale delle nostre ragioni? In un comunicato la RSU ha parlato di finanziamenti agli ambientalisti da parte della concorrenza di Laika, in una dichiarazione stampa un dirigente FIOM ha dichiarato che dietro di noi c’è il fantomatico amministratore di una grande azienda milanese con villa in loco, in altro comunicato RSU si parla di “chi per motivi a noi ignoti, si oppone a questo investimento ….” adombrando interessi incoffessabili. Il segretario CGIL regionale ci descrive come coloro che vedono la Toscana come “terra del buon ritiro”, in una sbalorditiva consonanza con la presidente regionale di Confindustria Mansi che parla di “ambientalisti in cachemire”. Possiamo non essere d’accordo, possiamo criticarci, ma noi non ci sogneremmo mai di denigrare o insinuare che dietro le vostre posizioni (che non condividiamo) ci siano interessi segreti o finanziatori occulti. Alcune vostre affermazioni, se fatte dalla Hymer, ci avrebbero portati a querelare (pensiamo con buona possibilità di vincere in tribunale). Voi sapete che noi non avremmo risposto anche ad insulti o illazioni fatte dai lavoratori, perché non siete e non vi consideriamo i nostri nemici. Perché allora usate il prestigio e la dignità del sindacato per colpire noi, associazioni, cittadini, comitati, che lottiamo per la difesa di BENI COMUNI quali il territorio e l’ambiente?

Le ragioni della nostra opposizione sono chiare, scritte in centinaia di volantini e comunicati. Criticatele, discutiamone, ma non fate di noi i ridicoli bersagli di una campagna diffamatoria. La “santa alleanza” che abbiamo visto costruire sul caso Laika vede un abbraccio mortale che, in nome della “CRESCITA”, dello “SVILUPPO”, del “LAVORO”, unisce sindacati, confindustria, poteri locali, partiti di centro sinistra e centro destra; alla base di questa alleanza l’idea che di fronte ad investimenti produttivi sul territorio toscano non debbano esistere invarianti territoriali, beni comuni non negoziabili, beni culturali da tutelare. Si crea ad arte una frattura tra chi difende le ragioni dell’ambiente e chi difende le ragioni dei lavoratori, ed in questo conflitto perdono secondo noi sia i diritti dei lavoratori sia il diritto all’ambiente e alla salute.

Lo scopo di questa lettera non è riaprire polemiche sul passato, mai chiedervi l’apertura di un confronto, che guardi ad un futuro nel quale non esistano più altri “casi Laika” e nel quale sia possibile trovare una unità di intenti per l’edificazione di una economia sostenibile e di società più giusta e solidale


LEGAMBIENTE circolo Il Passignano
Pubblicato da Laboratorio per l'Alternativa a 00:58

in che mani che siamo!
scritto da msirca, ottobre 24, 2011

I circoli locali di Legambiente sono spesso efficacissimi nel fotografare la situazione dei propri territori, anche da questo doc si rende evidente che la nostra vita, il nostro futuro e il futuro delle nuove generazioni sono in mani incompetenti, "come minimo…".

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